Vento di Corsica

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Vento di Corsica


Compiègne, novembre 1811


La sepoltura del Conte di Compiègne si svolse alla svelta e in sordina. Con la motivazione che la casata era originaria di Compiègne, dove si trovava la cripta di famiglia, il corpo era stato traslato lì, in modo da evitare il clamore della tumulazione nella capitale e, soprattutto, la pubblica vergogna dei funerali negati, in quanto il defunto, condannato in contumacia per diversi crimini di Stato, era morto nell'atto di commettere l'ennesimo delitto.

Il Marchese Héracle Domitien d'Amiens, ora nuovo Conte di Compiègne, aveva insistito per presenziare ai funerali del padre che pure non aveva mai conosciuto e la madre, malgrado la dichiarazione di nullità del matrimonio e tutti i maltrattamenti subiti dal marito e dalla suocera, era voluta andare con lui per sostenerlo, accompagnata, a sua volta, dal fidanzato Duca e dalla zia che viveva a Parigi, la Marchesa d'Auteuil.

Date l'età avanzata del Conte de Girodel e l'assenza di Grégoire Henri, al fronte insieme a Honoré e di Élisabeth Clotilde, alle terme di Vichy con Antigone, in rappresentanza dei Girodel, era intervenuta Madame Henriette Lutgarde, vedova di Victor Clément. La donna era ancora depressa per la morte del marito e aveva iniziato a manifestare i segni della malattia che aveva portato precocemente alla tomba entrambi i genitori. Per questa ragione, Oscar e André avevano deciso di accompagnarla.
Su insistenza di Oscar e André, il Parroco, pur non celebrando i funerali, recitò un Padre Nostro e un'Ave Maria davanti al feretro e ai presenti, supplicando il Signore di perdonare, nella Sua infinita misericordia, quel figlio che aveva chiamato a Sé in modo così particolare e di confortare i congiunti. Fece, poi, il segno della croce davanti alla bara e alla fossa e si ritirò.

Il giovane Marchese d'Amiens e la madre di lui furono infinitamente grati a Oscar e ad André per il loro intervento che aveva riportato un briciolo di rispettabilità dove questa non c'era, evitando al ragazzo la completa umiliazione.

La Contessa Madre Bérénice Eulalie de Compiègne iniziò, da quel giorno, a dare segni di squilibrio mentale. Si presentò scarmigliata e sovreccitata e, mentre il Parroco pregava e i becchini calavano la bara, emise diversi gemiti scomposti e dei mezzi ululati e, a un certo punto, si lanciò verso il feretro del figlio e sarebbe sicuramente caduta nella fossa, se André non l'avesse trattenuta saldamente.
Quando la lapide fu posata a copertura della cripta di famiglia, tutti gli astanti avvertirono una sensazione di liberazione e di sollievo.

Il giovane Héracle Domitien, che usava sin dalla nascita il titolo di Marchese d'Amiens, avrebbe mantenuto quello di Conte di Compiègne come titolo secondario, ma non lo avrebbe mai usato. L'araldica gli avrebbe dato ragione, essendo il titolo di Marchese superiore a quello di Conte e nessuno, neanche la più malevola delle lingue biforcute, avrebbe potuto obiettargli alcunché. Geneviève, dopo la dichiarazione di nullità del matrimonio da parte della Sacra Rota, aveva cessato di essere la Contessa di Compiègne e aveva ripreso a farsi chiamare Geneviève d'Amiens, utilizzando il titolo di Marchesa Madre.

La Contessa Bérénice Eulalie non recuperò mai l'uso della ragione. Sebbene il fratello, il vecchio Conte Grégoire Henri de Girodel, dopo la violenza ai danni di Geneviève e lo scandaloso matrimonio riparatore, avesse dichiarato di non voler più vedere la sorella e il nipote e avesse dato ordine di non farli presenziare alle proprie esequie, per carità cristiana e compassione, non si chiuse di fronte a quella tragedia. La morte dell'adorato figlio Victor Clément ne aveva scalfito la granitica intransigenza e, sentendosi, per età, non lontano dal trapasso, non volle presentarsi a Dio col peccato di avere abbandonato la sorella inferma né se la sentì di gravare il pronipote del peso di una nonna così ingombrante che mai gli aveva riservato un gesto d'amore. Si rifiutò di riaccoglierla a Palazzo Girodel, ma mise a disposizione della disgraziata una sua casa in campagna, immersa nel verde e al riparo da occhi indiscreti, dove la stessa sarebbe stata accudita da brave donne, nutrita, curata, lavata e protetta per il resto dei suoi giorni. Così, la derelitta, ben oltre i suoi meriti, visse fino alla morte al sicuro dalla necessità e dalle angherie di solito riservate ai malati di mente.

La leonessa di FranciaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora