L'Arciduchessa rapita

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L'Arciduchessa rapita

Milano, Palazzo Serbelloni, maggio 1810

L'Imperatrice Maria Luisa sedeva nelle sue stanze, in uno dei molti intermezzi tra un impegno e l'altro. La mondanità non le era mai piaciuta, essendo stata educata in modo semplice, in un ambiente familiare caldo e rassicurante. Tanto meno le piaceva adesso che si trovava in una corte straniera e neppure in quella in direzione della quale era partita.

La mente corse a un mese prima, quando la carrozza in cui viaggiava era stata circondata a Kehl e trascinata di corsa, sotto la pioggia battente, per un sentiero diverso da quello stabilito. Dopo un lasso di tempo che non era stata in grado di calcolare, la vettura era rallentata, così come coloro che la scortavano e lei si era vista venire incontro a cavallo, sotto il temporale, un uomo avvolto in un pastrano scuro, con in testa un bicorno di feltro nero. Grande era stata la paura quando lo aveva scorto avvicinarsi, spalancare la carrozza e balzarci dentro con velocità ed energia, come se si fosse trattato dell'azione più naturale del mondo. L'aveva abbracciata, dandole il benvenuto nelle terre del suo impero e le aveva detto che c'era stato un cambiamento di programma e che, ora, avrebbe dovuto sposare lui.

Maria Luisa, inizialmente, aveva pensato di essere stata catapultata in un incubo. Non le avevano torto un capello e l'Imperatore era stato estremamente cortese e accogliente con lei, ma il rapimento e il nuovo destino che le si era parato dinanzi l'avevano, prima, destabilizzata fino al totale disorientamento e, poi, atterrita. La prospettiva di sposare Napoleone Bonaparte l'aveva sprofondata nello sconforto e, più le ore erano passate e le nebbie della confusione mentale si erano diradate, più la realtà le era apparsa nitida e l'angoscia aveva raggiunto il parossismo. Aveva cercato consolazione nel pensiero che l'amato padre avrebbe radunato il suo esercito e sarebbe venuto a liberarla, ma, poi, aveva riso di se stessa e delle sue fantasie infantili. Aveva rifiutato il cibo e improvvisato un bizzarro tentativo di fuga, annodano insieme alcune lenzuola, ma era stata scoperta prima ancora di aprire la finestra.

Sin dalla più tenera età, Maria Luisa aveva visto in Bonaparte un aggressore, un guerrafondaio, un usurpatore, colui che aveva portato il caos in Europa, opponendosi all'ordine voluto da Dio. Egli era l'anticristo, l'emanazione in terra del maligno. L'adorato padre, invece, era il Sacro Romano Imperatore, il Monarca legittimo che si prodigava per mantenere la pace e l'ordine stabilito da Dio e che combatteva quell'uomo malvagio. L'Imperatore Francesco era stato unto dal Signore, ne seguiva quotidianamente i comandamenti e ne realizzava i disegni in Europa, essendo a tutti gli effetti la mano di Dio in terra. Passare dall'altra parte, da figlia di un eroe virtuoso a moglie di un tiranno iniquo, le era sembrato qualcosa di superiore alle proprie forze e alla propria capacità di comprendere, accettare e sopportare.

Malgrado la paura e la riprovazione della sposa, il matrimonio era stato celebrato nel Duomo di Milano il primo aprile, dopo quattro giorni dal rapimento di Kehl.

Dire che Maria Luisa d'Asburgo Lorena non aveva mai avuto carattere e forza di volontà sarebbe stato un eufemismo. La ragazza era debole e suggestionabile, sempre pronta ad adeguarsi alla figura autorevole di turno e totalmente incapace di opporre un rifiuto a chicchessia. Aveva, poi, pensato che non sarebbe mai potuta tornare a Vienna e che il padre non l'avrebbe riaccolta in casa, in quanto compromessa. Non che fosse stata violentata, perché Napoleone non era uno stupratore e la posta in gioco era per lui troppo importante per non fare le cose per bene, ma il fatto stesso di essere finita sotto il potere di un Monarca straniero e di vivere nella reggia di lui, senza il baluardo dei suoi, sebbene sotto la costante supervisione di Maria Letizia Ramolino, aveva fatto di lei una donna screditata.

Si erano sposati fra la baldanza di lui e la riluttanza di lei e, subito dopo il matrimonio, l'Imperatore si era affrettato a consumare le nozze, avendo raccolto, tramite la sorella, il consenso della moglie. Napoleone aveva, infatti, voluto scongiurare ogni seppur remota possibilità che la sposa fosse reclamata dal padre il quale, da parte sua, aveva protestato a voce, guardandosi, però, dal reagire, perché la notizia del matrimonio era seguita a stretto giro a quella del rapimento e, dopo la battaglia di Wagram e il trattato di Schönbrunn, l'Austria era stata messa in ginocchio e l'esercito fortemente ridimensionato.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now