Quattro corteggiatori e un poetastro

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Quattro corteggiatori e un poetastro

André si era lasciato alle spalle la stazione di posta, dove aveva accompagnato il Conte di Canterbury e Sir Percy Blakeney. I due gentiluomini avevano soggiornato presso di lui per tre giorni, giusto il tempo di riprendersi dai disagi del viaggio per mare e, poi, erano ripartiti alla volta di Parigi. Fortunatamente, nel pomeriggio dello stesso giorno in cui li aveva incontrati, André era riuscito ad assumere un maggiordomo e alcuni servitori e ciò gli aveva consentito di offrire ai due ospiti – peraltro molto adattabili e già muniti dei loro camerieri personali – una sistemazione sufficientemente confortevole.

Si stava, adesso, dirigendo alla volta dei suoi possedimenti per attendere al lavoro quotidiano, quando, sulla via dove sorgeva la stazione di posta, incontrò la Marchesa di Amiens e la di lei figlia.

La Marchesa era una donna di quarantadue anni, alta e smilza, con occhi e capelli castani chiari e un volto giallognolo e piuttosto antipatico, ma attraversato da mille sorrisi, quando le conveniva. La figlia, Mademoiselle Geneviève, era una spilungona nubile di ventotto anni, magra come la madre, dai capelli biondo paglierino già un po' radi, gli occhi celeste pallido e il volto scialbo e perennemente annoiato. Era leggermente claudicante, a causa della poliomielite che l'aveva colpita a due anni, lasciandola viva, ma con un arto leggermente più corto dell'altro. La Marchesa aveva cercato di far sposare la figlia con tutti i gentiluomini della città e dei dintorni, ma i tentativi ripetuti e quasi ossessivi di lei non erano mai stati coronati dal successo. Non le era parso vero, pertanto, quando aveva saputo che Lille avrebbe avuto il suo nuovo Conte, la cui condizione di celibe le era parsa un segno del destino. Tramite alcune sue conoscenze parigine, aveva reperito delle informazioni su di lui ed era partita, quindi, all'arrembaggio dello scapolo.

– Che bella sorpresa, Conte di Lille, è un vero piacere incontrarVi – miagolò la signora, atteggiando il viso arcigno e spigoloso alla sua migliore risata.

La figlia fece seguire alle parole della madre un sorriso che assomigliava, piuttosto, a uno sbadiglio, data l'espressione eternamente corrucciata che mai l'abbandonava.

– Signora Marchesa, Signorina, il piacere è tutto mio – rispose André – rivolgendo un inchino a entrambe.

– Signor Conte, è già da qualche giorno che Geneviève ed io ci diciamo: "Ma perché non invitiamo a pranzo il Conte di Lille, uno di questi giorni?". Vero Geneviève?

– Sì, Madre.

– Potreste venire fra tre giorni, cosa ne dite? La nostra cuoca è una delle migliori della regione.

– Signora, sono arrivato da poco e ho molte cose da fare – si schermì André che non nutriva un'eccessiva simpatia per le due donne e che aveva intuito, oltretutto, lo scopo di quell'invito.

– Insisto, Signore! Potreste venire giovedì a mezzogiorno e mezza.

– D'accordo, Marchesa. Sarò lieto di essere Vostro ospite – si arrese André, desideroso di non fare una cattiva impressione ai suoi nuovi concittadini e di non guadagnarsi, appena arrivato, una reputazione da uomo selvatico, presuntuoso o strano – Vi porgo i miei omaggi – e si accomiatò con un inchino.

– Arrivederci! .... Saluta, Geneviève.

– Arrivederci – obbedì la signorina, col suo solito fare imbronciato e la voce atona e strascicata.

Quando André fu lontano e fuori della portata delle loro voci, la Marchesina protestò con la madre.

– Oh, Madre, ma cosa Vi viene in mente? Era un plebeo fino al mese scorso.... E' stato un servitore per tutta la vita! Cosa dovrei fare dopo averlo sposato? Giocare a carte col mio maggiordomo?

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now