Prigioniero nel Mediterraneo

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Prigioniero nel Mediterraneo

Si riebbe qualche ora dopo, destato da un pungente dolore alla nuca e da una sete ardente che gli prosciugava la gola, secca e arida come il deserto del Sahara.

La prima istintiva reazione fu tentare di guardarsi intorno, per capire dove fosse finito, ma nulla poté vedere, perché il luogo dove si trovava era avvolto dal buio. Comprese, comunque, dall'assenza di rumori e di vento e dall'aria viziata, di trovarsi al chiuso. Si avvide subito, con forte disappunto, di essere stato legato e imbavagliato. Spesse corde gli immobilizzavano le mani dietro la schiena e gli stringevano le caviglie e le gambe poco sopra le ginocchia mentre un doloroso bavaglio gli penetrava in bocca, tormentandogliene gli angoli.

Tentò di divincolarsi, ma fu inutile. Agitarsi ebbe l'unico effetto di aumentare il dolore e di trasformare in piccoli rivoli le gocce di sudore che gli bagnavano il volto e gli infradiciavano gli abiti, ormai chiazzati e maleodoranti. Se non altro, però, aveva ancora il giustacuore. Quei manigoldi, chiunque essi fossero, non lo avevano privato del prezioso indumento e delle missive in esso cucite. Benedisse mille volte la scelta di Oscar e sua di dotarsi di abiti da viaggio che, sebbene fossero di tessuto pregiato e di ottima fattura, erano comodi e caratterizzati da una linea semplice ed essenziale. Dei vestiti più elaborati e vistosi avrebbero sicuramente attirato l'attenzione dei rapitori e mutato padrone con molta celerità.

Provò ad acuire tutti i sensi e a chiamare a raccolta le sue capacità deduttive per capire una buona volta dove diavolo lo avessero rinchiuso. Sul motivo del rapimento, invece, si sarebbe interrogato successivamente. Un passo alla volta...

Cominciò, poco a poco, a ricordare: una banda di stranieri lo aveva circondato, aveva combattuto con la forza della disperazione, un colpo secco lo aveva raggiunto alla nuca e, poi, il buio...

Si accorse con facilità di essere disteso su delle assi di legno e di trovarsi in un luogo privo, non soltanto di finestre, ma anche di luci, di feritoie e di qualunque altro tipo di foro atto a far passare il seppur minimo alito di vita. Dopo svariati minuti dal risveglio, durante i quali gli occhi si sarebbero dovuti abituare all'oscurità, era, infatti, ancora del tutto avvolto nelle tenebre.

Un dubbio atroce lo colse: quel colpo alla nuca lo aveva, forse, precipitato di nuovo nella cecità, nullificando il lavoro di Lucilio Vianello? Una morsa gli strinse il cuore e gli tolse il respiro, bloccandogli ogni muscolo. Fu questione di qualche attimo, ma, poi, razionalizzò. Non doveva pensare subito al peggio. A parte il male alla base del cranio, non avvertiva altro dolore fisico e nessuna correlazione apparente poteva ragionevolmente esserci fra la nuca e la vista. Non doveva affastellarsi la mente con ipotesi prive di fondamento, ma concentrarsi sulle poche certezze che aveva, una delle quali era la consapevolezza che il dolore stava aumentando.

Passarono altri minuti, durante i quali la parte offesa iniziò a pulsare e a scottare. Ben presto, si accorse che non era soltanto la nuca ad ardere, ma tutta la pelle. Aveva sicuramente la febbre...

A chi doveva la sua prigionia? A Bonaparte, al solito Orléans o a qualche altro? I nemici, di certo, non gli mancavano.

Fu, d'improvviso, trafitto da un terribile sospetto: ciò che gli era successo voleva, forse, significare che Oscar e i ragazzi erano in pericolo? Quel pensiero lo riempì di frenesia, tanto che iniziò a dimenarsi come non aveva ancora fatto, con l'unico risultato di scorticarsi i polsi, di sudare ancora di più, di acutizzare il dolore e la sete e di farsi salire la febbre.

Si fermò sconfitto e, dopo qualche istante di prostrazione, riprese a riflettere. Aria viziata, buio, totale assenza di rumori. Lo avevano rinchiuso in un deposito, in un magazzino, in uno scantinato?

La leonessa di FranciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora