Carnevale di Venezia

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Carnevale di Venezia

Reggia di Versailles, gennaio 1800

Concentrata e tesa come una corda di violino, la Contessa Geneviève de Compiègne presiedeva all'operato delle sue cameriere che stavano riempiendo alcuni bauli da viaggio.

– No, quello no, Christine. Mettete, invece, il mantello bordato di pelliccia che è più adatto al freddo invernale. Ricordate l'abito turchese e quello color avorio.

– Sì, Signora Contessa.

– Fatica sprecata, tanto, qualunque abito indossiate, sarete sempre un pianto! – sentenziò acidamente la Contessa madre di Compiègne – Oggi, per esempio, sembrate un limone raggrinzito avvolto in un cartoccio viola!

Geneviève de Compiègne contrasse i muscoli e, d'istinto, abbassò lo sguardo sul suo abito color lavanda che, come quasi tutti, poco legava col colorito giallognolo dell'incarnato e col biondo paglierino dei capelli di lei.

– La vostra bontà, come sempre, mi commuove, Madame la Comtesse – rispose seccamente la nuora, stanca di anni di soprusi e di vessazioni.

Dopo quasi sette anni di servizio come dama di compagnia della Regina, l'infelice sposa del Conte Maxence Florimond de Compiègne non era più la sprovveduta zitella di provincia di un tempo, ma una donna disincantata, smaliziata e avvezza alla vita di corte.

– Io non faccio altro che dire la verità! Sono stati la vostra scarsa avvenenza e il vostro fascino inesistente, uniti all'avarizia vostra e della vostra genitrice, a decretare la rovina di mio figlio!

– Che cosa?! – esclamò, esterrefatta, Geneviève de Compiègne.

– Sì, è così! – incalzò, implacabile, la Contessa Bérénice Eulalie – Mio figlio non avrebbe avuto bisogno di assecondare gli intrighi del Duca d'Orléans, se avesse trovato in casa un talamo accogliente e se voi e vostra madre non foste state così pervicacemente avvinghiate ai cordoni delle vostre borse!

– Questo è troppo, Signora!

– Se foste stata, da subito, una brava moglie, adesso, non avreste alcun bisogno di partire per Venezia per incontrare mio figlio, perché egli sarebbe qui – continuò, come se nulla fosse, la suocera – E, soprattutto, se foste stata una persona a modo, mi avreste invitata a venire con voi!

– E voi avreste intrapreso il viaggio? – domandò, con malcelato sarcasmo, la nuora.

– Certo che no! I disagi degli spostamenti e il gelo invernale non possono che nuocere al mio affanno respiratorio... Siete molto insensibile a esservene dimenticata... Tuttavia, sarebbe stato degno della nuora rispettosa che non siete propormi ugualmente di unirmi a voi e lasciare a me la scelta di declinare l'offerta!

– Vedo che, seppur tortuosamente, siamo giunte a un accordo: io parto e voi restate qui.

– Bene, me ne torno a casa mia, tanto, qui, nessuno mi rispetta!

Detto ciò, l'anziana Contessa si alzò dalla sedia e, senza salutare, lasciò le stanze della nuora e la reggia, diretta verso la casa in cui abitava, la cui pigione era pagata interamente col denaro di Casa d'Amiens.

Andata via la nonna che non gli aveva rivolto un solo sguardo, il settenne Héracle Domitien, Marchese d'Amiens, libero dalla paura e dalla soggezione che l'anziana donna gli incuteva, corse verso la mamma, con le sue gambette esili e lunghe. Era un bambino alto, magro, sgraziato, sensibile, intelligentissimo e molto affezionato alla madre. Aveva ereditato lo sgradevole aspetto fisico dai d'Amiens mentre la bontà, la dolcezza, la sensibilità e l'intelligenza acuta erano un tratto caratteristico di uno dei rami della famiglia de Girodel. Il Generale Victor Clément ne aveva notato il buon carattere e l'aveva preso sotto la sua ala protettrice, supplendo all'assenza del padre degenere e collaborando con la cugina acquisita all'educazione di lui.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now