Il medico veneto e il complottatore francese

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Il medico veneto e il complottatore francese

Il giorno successivo a quello in cui si erano svolte le operazioni di trasferimento delle armi, di mattina presto, Oscar era seduta alla scrivania del suo ufficio nella caserma ed era intenta a decifrare le parole vergate sui fogli di carta, trovati nel camino, che il fuoco non aveva fatto in tempo a divorare.

La carta era di buona fattura e la calligrafia denotava che lo scrivano era una persona istruita. Non era una grafia così ricercata da appartenere a un grande nobile, ma sarebbe, pur sempre, potuta provenire da un segretario alle dipendenze di quello.

Oscar riuscì a leggere alcune parole: "armi", "Gran Maestro", "Palais R", "Orl", "libelli", "Grande Oriente", "traffico", "tornio", "sigillo reale", "reggimento", "fucili", "divise".

Alcune delle parole lette le riportarono alla mente una vecchia conoscenza mentre altre, come "armi" e "libelli", "tornio" e "reggimento", non capiva da che nesso fossero unite fra loro.

Mentre era presa da questi ragionamenti, uno dei soldati semplici si scaraventò nell'ufficio di lei e, senza bussare e senza mettersi sull'attenti, le disse:

– Comandante, uno degli scaffali di Rue Buffon celava una porta segreta che introduce in un altro ambiente. Se voleste correre a vedere, sareste in tempo: il nuovo reggimento non ci ha ancora sostituiti nella guardia ai due appartamenti.

Oscar, d'istinto, si levò in piedi, poggiando le mani sulla scrivania. Ordinò al soldato di radunare dieci uomini da portare in Rue Buffon e, subito dopo, lo congedò.

Uscito il soldato, ripose i fogli di carta bruciacchiati in uno stipo, chiudendo a chiave il cassetto.

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Quella stessa mattina, André, all'ora concordata, si recò alla locanda per farsi visitare dal taciturno straniero cui aveva prestato soccorso il giorno prima.

Non nutriva eccessive speranze sull'esito della visita, dato che quelle residue gliele aveva estirpate il Dottor Lassonne, facendogli inutilmente oscillare davanti al viso una candela della quale aveva avvertito il tepore, ma non aveva visto il benché minimo bagliore. Tanto gli era costato lanciarsi all'inseguimento del cavaliere nero.

Neppure riponeva un grande affidamento su quel giovane silenzioso e schivo che non aveva avuto la costanza di laurearsi. L'amico l'aveva definito "genio", ma l'affetto induce a esagerare i meriti delle persone care, soprattutto se a parlare sono individui estremamente giovani. Si era risolto, tuttavia, a esperire anche quel tentativo per non lasciare alcunché di intentato e per non doversi rimproverare, un domani, di avere perso un'occasione.

Mentre era immerso in queste considerazioni, picchiò il pugno sulla porta della stanza di quell'enigmatico giovane. Non aveva ancora battuto il secondo colpo, che la porta fu aperta di scatto ed egli si trovò col pugno a mezz'aria e il volto severo di Lucilio Vianello che scrutava attentamente quello di lui.

– Siete in ritardo di due minuti, Monsieur Grandier.

– Scusate, Signor Vianello – disse timidamente e a bassa voce André, vergognandosi di essere stato ripreso.

André guardò meglio il suo interlocutore e lo trovò un tipo estremamente singolare. Si trattava di un uomo dai lineamenti gradevoli anche se non bellissimi, di statura non elevata, con una fronte spaziosa e due occhi vivaci, indagatori e un po' freddi. Ciò che, a prima vista, colpiva di lui era un certo piglio d'indifferenza che lo rendeva quasi antipatico e un abbigliamento a dir poco bizzarro. Non usava parrucca né incipriava i capelli e, appoggiato su una sedia, vi era uno strano cappello tondo alla quacquera. La giubba era priva di ornamenti e di bottoni di smalto mentre il panciotto, di un solo colore, era corto. A completare l'insieme, vi erano i pantaloni che il giovane teneva infilati dentro agli stivali prussiani. Si trattava, indubbiamente, di un abbigliamento comodo, ma anche distante dalla moda e dall'estetica del tempo. Di tutto ciò, l'uomo pareva non curarsi, come se a gratificarlo bastasse la propria personale convinzione e le opinioni degli altri fossero state degli irrilevanti e fastidiosi ronzii d'insetto.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now