Il Vescovo zoppo

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Il Vescovo zoppo

– Vescovo de Talleyrand Périgord – disse Maria Antonietta non appena l'interlocutore le si fu avvicinato – Non posso esaudire la Vostra richiesta e nominarVi Ministro degli Esteri.

– Maestà, ritengo di avere l'abilità politica necessaria per servire la Francia in questo periodo delicato di guerra contro l'Austria. E' questa la ragione che mi ha indotto, alcuni giorni addietro, a propormi come Ministro degli Esteri.

Nel Salone degli Specchi, era sceso un silenzio innaturale che faceva sì che la voce della Regina, già sufficientemente alta e severa, fosse udita da tutti. I cortigiani, nondimeno, aguzzavano le orecchie per non perdere una sola sillaba dello scambio di battute fra la Sovrana straniera, dura e reazionaria e Sua Eccellenza de Talleyrand, Vescovo dalle idee illuminate, già membro degli Stati Generali e dell'Assemblea Costituente oltre che grande amico dell'ormai defunto Mirabeau. Gli elementi per uno scontro ai vertici c'erano tutti, perché i membri del casato dei Talleyrand Périgord si erano contraddistinti, sin dal medioevo, per la grande consapevolezza del proprio alto lignaggio che li aveva sempre fatti sentire simili ai Re. Il Vescovo zoppo, in tutto ciò, non faceva eccezione e, infatti, dietro l'apparenza dell'affascinante seduttore, del brillante uomo di mondo e del fine conversatore, si celava un Re senza corona che considerava gli affari della Francia la naturale prosecuzione di quelli di casa sua.

– Eccellenza, ho vagliato con attenzione la Vostra richiesta, ma sono costretta a respingerla. Quell'eversivo cahier de doléances che avete redatto in occasione degli Stati Generali fa di Voi un uomo ostile ai Borbone e molto pericoloso per la monarchia.

– Nel mio cahier de doléances, mi limitavo a riferire le opinioni dei miei fedeli, Maestà.

– E io, adesso, Vi riferisco la mia, Vescovo de Talleyrand – sbottò Maria Antonietta – Non siete la persona adatta a servire la Francia in questo momento né in altri!

Ciò detto, gli passò accanto con aria indignata e lo sorpassò senza più occuparsi di lui, seguita da una schiera di cortigiani ansiosi di rivolgerle la parola. L'attenzione del resto dei presenti restò, invece, concentrata sul volto del Vescovo zoppo, allo scopo di coglierne un segnale di umiliazione che, per il dispiacere di tutti, non trasparì dall'espressione sicura e sorridente che egli riuscì a conservare.

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– L'umiliazione che la Regina Vi ha inflitto è intollerabile, Eccellenza – disse il Duca d'Orléans, intrecciando le dita delle mani mentre se ne stava seduto su una comoda poltrona di uno dei sontuosi salotti del Palais Royal – Avrebbe potuto declinare la Vostra offerta con toni e argomentazioni diversi e, soprattutto, in privato. Ha preferito, invece, infliggerVi un pubblico smacco. Alla fine, comunque, l'unica a rimetterci è stata lei che si è privata della Vostra abilità diplomatica.

– Conosciamo tutti l'impulsività e l'estrema franchezza di Sua Maestà la Regina, Duca – rispose Talleyrand, senza scomporsi, mentre guardava l'interlocutore con bonomia impenetrabile – Io, personalmente, non ci ho mai fatto caso.

– E fate bene, Eccellenza. Ci troviamo nelle mani di un'irresponsabile che gioca a fare l'irreprensibile, quando gran parte dei problemi in cui versa la Francia è ascrivibile a lei. Mio cugino Luigi era un uomo amato a stimato e guardate com'è finito....

– Scommetto che detestate la mano dell'assassino di Vostro cugino – gli fece eco il Vescovo, con voce suadente ed espressione indecifrabile.

– Così come detesto l'idea di una rivoluzione – replicò, con aria altrettanto indecifrabile, il Duca d'Orléans.

– Pensavo che aveste idee illuminate – lo provocò Talleyrand, accompagnando alle sue parole uno sguardo sornione.

– E le ho, infatti, esattamente come Voi e come il compianto Conte de Mirabeau, ma non credo che esse implichino necessariamente il rovesciamento della monarchia.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now