Nella tela del ragno

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Nella tela del ragno

Il battiporta di ottone risuonò tre volte, percosso dalla mano guantata che lo agitava con movimenti energici e secchi e, poi, altre cinque, perché dall'altra parte tardavano ad aprire. L'elegante e autoritaria signora, senza scomporsi, guardò la cameriera personale con i suoi occhi grigi, duri e severi e, con voce calma, ma decisa, le ingiunse:

– Valentine, andate alla ricerca del custode di questo palazzo e chiedetegli notizie sugli occupanti dell'appartamento. A quanto pare, le nuove mode della capitale impongono di fare attendere i visitatori sul vestibolo.

– Sì, Signora – rispose, quasi con mestizia, la cameriera, da molti anni abituata a ricevere ordini che non ammettevano repliche.

La signora assottigliò le labbra e gli occhi in segno di disappunto e tornò a guardare verso l'uscio.

Il portamento e le movenze di lei erano aristocratici e alteri e l'abbigliamento, adatto, per foggia e colore, a una donna non più giovane, era ricercato e impeccabile. Con gesti precisi e signorili, denotanti un'antica civetteria, negli anni evoluta in accanito autocompiacimento, la nobildonna sfiorò, in corrispondenza delle tempie, il copricapo a tricorno, adagiato sulle vestigia ingrigite di quella che, in passato, era stata una folta e lucente chioma castana e, subito dopo, si sistemò la veletta, comparsa nell'abbigliamento di lei da quando i segni del tempo avevano iniziato a oltraggiare una bellezza superba e fuori dal comune. A cinquantasei anni, l'opera devastatrice dell'età, sebbene non avesse raggiunto il suo apice, aveva già prodotto molteplici guasti, con grande fastidio della padrona di quei lineamenti, da sempre poco avvezza a non essere assecondata da chicchessia, fosse anche dal trascorrere degli anni.

Dall'interno, si udirono, finalmente, dei passi che si avvicinavano svelti e, subito dopo, un valletto in livrea aprì la porta, risparmiando a Valentine diverse rampe di scale.

– La Signora desidera? – chiese l'uomo, con voce nasale e sussiegosa.

– Fatemi parlare col Conte di Compiègne – rispose seccamente la donna, col tono sicuro di chi è da sempre abituato a dare ordini e ad essere obbedito, mentre passava di fianco all'uomo e si introduceva nell'appartamento, malgrado non fosse stata invitata a entrare.

– Ma Signoraaaa!!!! – protestò quello, con ritmo strascicato, mentre la cameriera, che era rimasta dietro la soglia, lo guardava avvilita, quasi a scusarsi, con aria vergognosa e senza proferire parola.

– Chi devo annunciare? – insistette il valletto, ma la signora, ormai, era giunta a metà dell'ampio ingresso e guardava sdegnata gli uomini e le donne addormentati scompostamente per terra, in evidente balia dei postumi di una sbornia notturna.

– Siete, per caso, sordo o tardo di comprendonio? – lo incalzò la donna, senza rispondere alla domanda – Chiamate immediatamente il Conte di Compiègne e mettete alla porta queste persone.

Avvisato dell'insolita irruzione da uno dei camerieri, il padrone di casa, che non era ubriaco come i suoi ospiti, sebbene fosse, al pari di essi, reduce da una notte di bagordi, uscì da una delle stanze e si immise, con passo sicuro ed espressione autoritaria e corrucciata, nel corridoio che conduceva all'ingresso, deciso più che mai a ristabilire il silenzio nella casa e a sbarazzarsi quanto prima di quella fastidiosa visitatrice. La raggiunse in pochi istanti e, quando la ebbe vista, la sicurezza e la baldanza abbandonarono immediatamente lo sguardo e il contegno di lui, per fare posto all'imbarazzo, alla sorpresa e a un evidente disagio.

– Finalmente, era ora! – sbottò la signora, togliendosi il copricapo e porgendolo, insieme allo spillone, alla cameriera che, nel frattempo, era entrata anche lei in casa e l'aveva raggiunta – Maxence, manda due valletti a prendere i miei bagagli e fai servire una limonata fresca a me e un caffè molto forte a te, che ne hai bisogno! E butta fuori di casa questi degenerati!

La leonessa di FranciaOnde histórias criam vida. Descubra agora