La città eterna

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La città eterna

Roma, settembre 1805

Camminavano per le vie di Roma, con passo leggero e, a tratti, saltellante, eccitato dalla novità e non appesantito dal trascorrere degli anni.

Vestivano in stile impero, perché tutti combattevano Napoleone, ma, poi, seguivano le mode che egli lanciava. Maria Antonietta, del resto, da vedova di mezza età, non era più un'autorità in fatto di stile e, in Austria, gli Asburgo non badavano a certe frivolezze. La Russia era troppo periferica per dettare la moda, al massimo tentava di rincorrerla mentre lo Stato Pontificio era decisamente pontificio.

Le due ragazze indossavano abiti di robusto cotone, perché il settembre romano era caldo ed esigeva ancora la freschezza, ma la seta, la mussola e il raso erano tessuti tropo delicati per un'escursione fra le rovine dei sette colli. I vestiti erano lunghi e dritti, stretti sopra la vita da nastri di seta, con piccole maniche a palloncino e scollature rettangolari. Antigone vestiva di blu e Bernadette di verde scuro: si professavano donne intelligenti, istruite e intellettualmente libere, ma, alla bisogna, non disdegnavano di intonare gli indumenti al colore degli occhi. Ai piedi, calzavano robusti stivaletti, di quelli utilizzati nelle passeggiate campestri mentre i capelli erano raccolti in alti chignon, ad eccezione di alcune ciocche che si attorcigliavano in spiritosi riccioli sulla fronte e sulle tempie, il tutto sormontato da graziosi cappellini di paglia.

Honoré, invece, era in borghese e indossava una camicia bianca di lino col colletto alto, trattenuto sotto il mento da un'ampia cravatta – foulard azzurra di seta che faceva più giri intorno al collo per, poi, finire annodata in un ampio fiocco. Gilet e giacca erano a vita alta (la giacca solo sul davanti, perché, dietro, proseguiva in una coda) ed erano ornati da due file parallele di grandi bottoni tondi e piatti, così come i pantaloni attillati che terminavano un poco sotto il ginocchio. Calzava alti stivali di pelle nera mentre i capelli arrivavano alla nuca ed erano orientati sulla fronte e leggermente spettinati.

Chiacchieravano allegramente fra loro, commentando la gita ai Fori Imperiali del giorno prima e la visita a Piazza di Spagna e a Piazza Navona del giorno prima ancora. La Fontana della Barcaccia, Trinità dei Monti con la sua scalinata e la sua Chiesa, la Fontana dei Quattro Fiumi, la Chiesa di Sant'Agnese in Agone, le viuzze e gli scorci circostanti erano gioielli che difficilmente avrebbero dimenticato.

Le due ragazze avevano in mano mazzolini di anemoni, loro donati da rubiconde popolane alle cui bancarelle avevano acquistato salami, focacce, fichi e altri generi alimentari per uno spuntino veloce.

Dietro di loro, i genitori camminavano più ordinatamente, commentando i particolari della delicata missione affidata a Oscar.

Ancora più indietro, marciavano alcuni soldati, assegnati loro come scorta, perché le rovine romane erano il luogo di ritrovo della più varia umanità: di giorno, pastori, popolane con brocche d'acqua in testa, viaggiatori, sfaccendati e artisti; di notte, prostitute e briganti. Si domandavano perché dovessero fare da balia a quei ricconi con la fissazione dei ruderi, ma, intanto, erano contenti, perché potevano fare quattro passi all'aria aperta senza rischiare sostanzialmente nulla.

Completava la comitiva un giovane Sacerdote alto e allampanato, appena uscito dal seminario, ennesimo figlio cadetto di una nobile famiglia romana con pochi mezzi e molte affettazioni, che il Cardinale Brancadoro aveva loro inviato come cicerone. Li accompagnava con passo rigido e un poco nervoso, dispensando loro la sua cultura umanistica e la sua diplomazia vaticana, domandandosi, fra sé e sé, per quale strano accidente una donna, per giunta sposata e madre, dovesse vestire gli abiti di un uomo, fare il soldato, comandarne moltissimi altri ed essere in lista per un'udienza con Sua Santità.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now