Terrore a Parigi

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Terrore a Parigi

I gemiti si levavano, ora alti, ora sommessi, nel Théâtre de la Porte Saint-Martin. Erano i lamenti di chi era rimasto ferito, piangeva un morto, disperava o, al contrario, invocava con tutte le sue forze l'aiuto divino o quello più materiale di qualche soccorritore in carne e ossa.

Più strazianti e acute di tutte erano le urla di dolore di una donna di quarant'anni, madre di una ragazza di venti che Théroigne de Méricourt aveva strangolato con le sue mani dopo un alterco. La disgraziata se ne stava accasciata a terra, cullando il corpo senza vita della figlia e gridando al Cielo tutta la sua disperazione.

I superstiti erano stati ammassati nel punto della platea posto ai piedi del palcoscenico ed erano accerchiati dai sanculotti armati mentre altri rivoltosi si erano distribuiti sui palchi e, da quell'altezza, tenevano tutti sotto tiro coi fucili. Alcuni rapitori giravano spavaldi fra i prigionieri, per verificare la presenza di oggetti di valore sfuggiti alla prima razzia e per minacciare o percuotere quelli che tentavano di allontanarsi, che li guardavano con piglio di sfida o, al contrario, con aria mesta e impaurita o che, semplicemente, stavano loro antipatici di faccia. Alcuni ostaggi, più intraprendenti degli altri, tentavano di avvicinarsi ai sanculotti, promettendo loro laute ricompense in cambio della salvezza e rimediandoci, in cambio, pedate, sberle e sputi.

I pianti, le suppliche e i lamenti si mischiavano agli sberleffi dei carcerieri ed erano, di quando in quando, inframmezzati da urla e scenate isteriche. Il malessere generale era acuito dall'afa di luglio che amplificava la puzza del sudore e delle defecazioni. L'assalto al teatro risaliva, infatti, a tre giorni prima e, in quel lasso temporale, la stabilità emotiva e l'igiene avevano fatto presto a declinare.

Théroigne de Méricourt si gustava la scena seduta su una poltrona al centro del palcoscenico, come una delirante regina assisa in trono.

Fra i prigionieri, c'erano la Principessa di Lamballe, i coniugi de Lavoisier, la Contessa di Polignac con la Duchessa Aglaé de Gramont et de Guiche e anche Madame de Jarjayes.

La Contessa di Polignac e la figlia avevano paura di essere riconosciute e, per questo, se ne stavano acquattate a terra, tentando di dare nell'occhio il meno possibile. Théroigne de Méricourt non aveva riconosciuto le due dame e neppure la Principessa di Lamballe e Madame de Jarjayes, perché, nell'unica occasione in cui le cinque donne si erano trovate insieme nello stesso luogo e, cioè, durante l'assalto della furia scarlatta che, il 13 luglio 1788, aveva fruttato il titolo nobiliare ad André, si era concentrata su un unico bersaglio da colpire, la Regina ed era stata impegnata tutto il tempo a comandare i suoi sgherri e a duellare con Oscar e André.

La madre di Oscar e la Principessa di Lamballe si prodigavano, invece, nel dare conforto agli altri ostaggi, a costo di subire ritorsioni e insulti da parte dei carcerieri che volevano fiaccare lo spirito delle loro vittime, stroncando sul nascere ogni tentativo di normalizzazione o anche soltanto di lenimento.

Saint Just, per ora, non era del gruppo, perché impegnato a coordinare le varie bande che stavano mettendo a ferro e fuoco la città e che, con la scusa di ribellarsi ai nobili, infliggevano violenze e saccheggi soprattutto ai bottegai e agli inermi cittadini.

Le Guardie Metropolitane si erano avvicinate al teatro, ma non erano potute entrare sia perché respinte dalla moltitudine dei rivoltosi assiepati fuori sia in quanto Théroigne de Méricourt aveva minacciato di sgozzare un prigioniero per ogni uomo da lei comandato cui fosse stato torto un solo capello.

A un certo punto, uno dei prigionieri, esasperato, si alzò da terra e, allontanatosi dal mucchio degli ostaggi, incurante dei richiami, si diresse verso l'uscita, urlando che non sarebbe rimasto un minuto di più alla mercé di una banda di zotici, capitanata da una povera pazza furiosa e sanguinaria. Sentendosi insultata e sfidata nella sua autorità, Théroigne de Méricourt si alzò dalla poltrona, balzò giù dal palcoscenico con un guizzo rapido e nervoso e, sguainata la sciabola dalla quale mai si separava, mozzò di netto la testa del malcapitato. Subito dopo, con gli occhi iniettati di sangue, salì di nuovo sul palcoscenico e, pulita la lama con la tenda del sipario, tornò a sedersi sul suo grottesco trono mentre i prigionieri gridavano per l'orrore e alcuni di essi rigettavano, per, poi, essere costretti dai sanculotti a riingoiarsi il loro vomito.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now