Assedi e duelli

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Assedi e duelli

La battaglia infuriava davanti alle massicce mura medievali del castello di Lille e gli assedianti erano sempre più accaniti e feroci. La cosa più grave, però, era che, per quanti ne morivano, raggiunti dai proiettili degli assediati, altrettanti ne arrivavano di rinforzo.

All'inizio, gli assalitori si erano limitati a sparare coi fucili di cui erano stati riforniti, ma, dal giorno successivo all'inizio dell'assedio, avevano iniziato a tentare la scalata delle mura, con arpioni di ferro legati a delle funi e scale di legno. Gli assediati avevano risposto sparando a chi si arrampicava, spingendo via le scale e provando a mozzare le funi e a sganciare gli arpioni. L'adolescente Marchese de Saint Quentin, ancora troppo giovane per cogliere appieno il lato pericoloso e brutale della situazione, era eccitatissimo per il fatto di trovarsi in mezzo al vero assedio di una fortezza e rimpiangeva che non ci fosse a disposizione dell'olio bollente da gettare addosso agli assalitori, così come aveva letto nei libri di storia. La sorella tentava in tutti i modi di tenerlo lontano dai merli, ma lei stessa, esponendosi con foga e ardimento, non gli dava l'esempio di un contegno prudente e cauto.

Le donne, con l'eccezione di Mademoiselle Victoire Aurélie che combatteva e della Marchesa e della Marchesina d'Amiens che erano manifestamente inadeguate per qualunque cosa differisse da una lamentela, si prendevano cura dei feriti e quelle un po' più intraprendenti ricaricavano i fucili e facevano la spola dai merli all'armeria, per portare nuove armi e munizioni. Dall'armeria, però, provenivano soltanto armi da fuoco antiquate e alcune di queste erano pure fuori uso, così come una parte dei proiettili. Nessuno era stato in grado di fare funzionare i cannoni che, quindi, spuntavano dalle feritoie a titolo meramente intimidatorio, ma senza alcuna utilità pratica.

Sir Percy Blakenay, non essendosi troppo impressionato per l'esibizione delle terga, continuava a provocare gli assedianti e, con alcuni di loro, aveva anche avuto successo. Un tizio, tutto muscoli e niente cervello, infatti, a forza di perdere tempo a rispondere alle provocazioni del nobile inglese, non si era accorto di essere sotto tiro ed era stato colpito. Un altro, con il volto di un primate e un'intelligenza meno che scimmiesca, aveva ingaggiato con lui un surreale battibecco:

– Sfottete, sfottete, aspetto ancora i fulmini della collera divina! Ah! Ah! Ah! Ah!

– I fulmini non ce li ho – gli aveva risposto Sir Percy – ma, intanto, beccatevi questo!

E, afferrato un pietrone da un angolo diruto delle mura, glielo aveva lanciato in testa, centrandolo in pieno mentre quello ancora sghignazzava.

– Ahi, che dolore! – aveva urlato l'uomo, portandosi una mano alla testa.

– In attesa di assaggiare i fulmini di Nostro Signore, accontentatevi di essere lapidato dal dio della scherma – lo aveva dileggiato Sir Percy che, pur essendo il migliore spadaccino di Albione, non era di certo il più modesto.

Con tantissimi mercenari quel gioco era riuscito, ma non con Marc Kroger che, malgrado i ripetuti tentativi di destabilizzazione emotiva, era rimasto freddo al suo posto, a dirigere l'assalto.

Giunti alla mattina del terzo giorno d'assedio, gli ospiti del castello erano stanchi e, in alcuni casi, anche feriti mentre gli assedianti erano sempre sostituiti da nuovi elementi.

– Le munizioni stanno terminando – fece notare, a un certo punto, il Conte di Canterbury – Temo, quindi, che dovremmo presto ripiegare su balestre, archi e frecce.... – aggiunse, poi, con amara ironia.

– PreoccupateVi delle munizioni, se Vi fa piacere – gli rispose Sir Percy – Così non penserete alla testa d'ariete – e, con un cenno del capo, invitò gli astanti a guardare di sotto.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now