Lachesi avvolge il filo intorno al fuso e attribuisce a ogni uomo un destino

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Lachesi avvolge il filo intorno al fuso e attribuisce a ogni uomo un destino

Palazzo Jarjayes, alle otto di mattina del quindici agosto, era un tripudio di suoni e di colori. Cameriere e valletti si affaccendavano per i corridoi e per le scale, intenti a recare ai loro padroni vestiti, scarpe, gioielli, nastri, ornamenti e tutto l'aiuto necessario per abbigliarsi elegantemente.

Oscar e il Generale avevano indossato entrambi l'alta uniforme mentre Madame de Jarjayes si era fatta confezionare un completo di seta color malva, decorato con motivi floreali di una tinta lievemente più scura di quella della stoffa. Il corpetto era chiuso da nastri di seta viola chiaro e pure di viola chiaro erano le increspature a forma di spirale che impreziosivano la sottogonna e la gonna, quest'ultima terminante con una balza. Al collo, alle orecchie, ai polsi, alle dita e sul capo della nobildonna, risplendeva una parure di perle, brillanti e rubini.

Marie Grandier si era cucita un abito di seta bordeaux molto semplice, composto da una gonna, da una sottogonna e da un corpetto tenuto chiuso, sul davanti, da alamari neri. L'unico ornamento che impreziosiva l'insieme era un fichu di seta color écru, bordato di pizzo, che le fasciava le spalle e il decolleté, fermato, all'altezza del seno, da un cameo. In testa, aveva una cuffietta di seta e di pizzo dello stesso colore del fichu.

André si era rivolto al sarto del Generale e di Oscar, da cui si servivano anche Fersen e Girodel e, sulle prime, dato lo scarso tempo a disposizione, aveva deciso di acquistare un modello preconfezionato da fare adattare alla propria persona. Il Generale, però, aveva insistito affinché il giovane si facesse cucire un completo ex novo, usando alcune delle stoffe donategli dalla Regina e aveva espressamente chiesto che fossero il sarto e gli assistenti di lui a recarsi a Palazzo Jarjayes, per evitare frequenti e massacranti sedute parigine a un cliente che era stato ferito soltanto il mese prima. Il sarto, dovendo dedicarsi soltanto ad André e a pochissimi altri clienti – anche Fersen e Girodel, infatti, avrebbero indossato l'alta uniforme – in un tour de force di cinque giorni e cinque notti, aveva creato uno dei suoi capi migliori.

Il risultato di tali sforzi fu che, la mattina dell'Assunzione, André indossava un completo formato da giustacuore e calzoni sotto al ginocchio, di seta damascata verde smeraldo, decorata da ricami dorati e calze e gilet color avorio. Il gilet era ricamato con fili di seta della stessa tonalità di verde del giustacuore e dei polpes. Al collo aveva avvolto un jabot di pizzo color avorio, fermato dalla spilla di smeraldo e brillanti donatagli, due settimane prima, dal Generale. I capelli, che erano leggermente cresciuti nel corso dei due mesi e mezzo di convalescenza, nonostante l'affaticamento patito dall'organismo, avevano serbato morbidezza e luminosità ed erano annodati in un codino corto da un nastro di seta verde come il vestito. L'effetto complessivo era un'eleganza sobria e ricercata, velata di soavità anche perché, in conseguenza delle due convalescenze ravvicinate, il volto del giovane era leggermente dimagrito, così da fare risaltare gli occhi che sembravano divenuti più grandi e che avevano acquisito un'espressione malinconica e pensosa. L'unica imperfezione dell'insieme era costituita dall'assenza di una spada, ma André non aveva ritrovato la sua e non aveva voluto sostituirla con un'altra.

– Oh, André, sono molto dispiaciuta di non aver potuto pensare anche al tuo abito, ma devo dire che il completo che ti ha cucito il sarto è splendido! – disse la vecchia Marie, incrociando il nipote nell'atrio del palazzo.

– Nonna, sono contento che tu non ti sia affaticata, ma dov'è Oscar?

– Si sta preparando nelle sue stanze.... Oh! Eccola!

André si voltò verso la scalinata monumentale e vide Oscar, in cima ad essa, scendere verso di loro, con passo leggero, ma, allo stesso tempo, deciso. Il candore dell'alta uniforme risplendeva alla luce del mattino, incorniciando il pallido incarnato di lei, ma ciò, anziché evidenziare un difetto, esaltava il fascino di quella figura eterea e diafana, esile e forte al tempo stesso. Un tempo, Girodel l'aveva definita "silfide" e non aveva sbagliato. André la ammirava con le labbra semi socchiuse e lo sguardo estasiato.

La leonessa di FranciaOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz