Libero dalle catene, prigioniero della passione

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Libero dalle catene, prigioniero della passione

Roma, fine settembre 1805

Quando giunse il giorno dell'udienza pontificia, Oscar indossò l'alta uniforme e, in compagnia di André, salì sulla carrozza di gala dell'Ambasciata francese.

Durante il tragitto, la donna ripassò mentalmente i punti principali del discorso che avrebbe fatto al Pontefice. Non doveva essere lungo, ma chiaro e, soprattutto, incisivo, tale da indurre il Papa a opporsi fermamente all'ascesa incontrollabile di Bonaparte.

I rapporti fra Papato e potere temporale, nei secoli, non erano mai stati semplici né distesi. A volte, c'erano stati forti contrasti, sfociati in guerre e bolle di scomunica. In altre occasioni, erano stati stipulati concordati e strette alleanze dalla durata variabile.

Nell'attuale contingenza, era fondamentale che il Papa negasse decisamente ogni legittimazione a un usurpatore che costituiva una grave minaccia per l'intera Europa. Non era possibile seguire la via dei trattati con un uomo avido di potere che, già in passato, si era mostrato particolarmente infido nell'onorare gli impegni presi.

Oscar avvertiva come un macigno il peso della responsabilità, perché lei e Talleyrand erano stati gli unici, oltre, ovviamente, ad Alain, a perorare la causa di Napoleone, quando tutti, a partire dalla Regina, avevano diffidato di lui e non si erano mostrati propensi ad affidargli il comando di mezzo battaglione. Era stato l'atteggiamento di apertura che aveva palesato a vincere le remore della riluttante Maria Antonietta e, ora, doveva porre rimedio al suo madornale errore, con ogni mezzo e a qualunque costo.

Era intenzionata a fare ammenda, a raddrizzare ciò che aveva contribuito a storcere e chi sarebbe stato più idoneo del Papa a farle ottenere la sua personale redenzione?

Se ne stava ancora aggrovigliata in questi pensieri quando la carrozza si fermò davanti alla Scala Regia del Palazzo Apostolico.

Oscar e André scesero dalla vettura e la prima cosa che videro nel mettere piede nel vestibolo fu la monumentale statua equestre di Costantino, lì posizionata da Gian Lorenzo Bernini. Imboccarono, quindi, la Scala Regia, costruita da Antonio da Sangallo il Giovane e, poi, completamente ristrutturata dallo stesso Bernini, che consisteva in un'amplissima rampa di marmo sormontata da una volta a botte e affiancata, su ambo i lati, da una fila di colonne inframmezzate da grandi lucernai appesi al soffitto. Poiché il colonnato si andava restringendo a mano a mano che si procedeva verso la sommità, Oscar e André ebbero la sensazione che la scala fosse molto più lunga di quello che effettivamente era.

Giunti in cima, Oscar poté entrare nella Sala Regia mentre André fu fatto accomodare nell'adiacente Sala Ducale.

Il pavimento della Sala Regia era ricoperto da lastre di marmo decorate con motivi geometrici. Le pareti, alte sedici metri, erano pure di marmo nella parte inferiore mentre, in quella superiore, erano ricoperte da enormi quadri e da affreschi. Il soffitto era costituito da una volta a botte, lavorata con un ricco cassettonato a stucchi.

Oscar varcò la soglia, tenendo sottobraccio il copricapo piumato e, sul lato opposto della sala, vide un trono dorato, posizionato sopra alcuni scalini e sotto un baldacchino di velluto rosso. Assiso sul trono, c'era il Papa, con l'abito talare bianco avorio, ricoperto da un candido rocchetto di pizzo. Sulle spalle, indossava una mozzetta di velluto rosso, bordata di ermellino e, sopra la mozzetta, una stola anch'essa rossa mentre, in testa, aveva lo zucchetto bianco.

Pio VII le fece cenno di procedere e lei si inginocchiò pochi passi davanti alla soglia mentre lui la benediceva. Si rialzò, proseguì verso il trono e, giunta a metà della sala, si inginocchiò una seconda volta e il Papa la benedisse di nuovo. Arrivata ai piedi del trono papale, si inginocchiò ancora, ricevendo la terza benedizione. A quel punto, baciò la scarpa rossa del Pontefice che le consentì di alzarsi.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now