Una zattera per due Imperatori e una rosa per una Regina

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Una zattera per due Imperatori e una rosa per una Regina

Prussia orientale, fiume Niemen, nei pressi della città di Tilsit, 25 giugno 1807

Dopo la battaglia di Austerlitz, erano state combattute quelle di Jena e di Auerstädt alle quali erano seguiti il massacro di Eylau e la battaglia di Friedland che si erano risolti in una terribile disfatta per i russi e i prussiani.

In particolare, l'armata di Federico Guglielmo III di Prussia era in pezzi e, tuttavia, gli uomini avevano combattuto allo stremo e ogni ipotesi di pace era stata allontanata fino a giungere sul ciglio del baratro, perché la Regina Luisa era una fiera oppositrice di Bonaparte e il marito, che era un debole, si faceva guidare da lei in tutto. Ora, la capitale era perduta e la coppia reale, in fuga, era ridotta a cercare asilo, per la notte, in mulini e fienili.

Anche lo Zar Alessandro I di Russia annoverava perdite ingenti nelle fila del suo esercito, ma pure lui, inizialmente, si era ostinato a respingere ogni idea di pace. Dotato di un temperamento mistico e di una personalità poliedrica e indecifrabile, frutto di un'educazione giovanile eccellente, ma scoordinata, egli reputava la guerra una sua personale crociata contro Napoleone che considerava l'anticristo, un feroce nemico della religione ortodossa, un tiranno liberticida e il più grande ostacolo al raggiungimento della pace in Europa.

Napoleone, per quanto vincitore, desiderava una tregua, ovviamente alle sue condizioni, perché l'esercito era decimato, gli uomini stanchi e demoralizzati e le truppe troppo lontane dalle fonti di approvvigionamento. L'abitudine dell'Imperatore di viaggiare leggero per velocizzare l'esercito faceva sì che le armate napoleoniche vivessero delle risorse dei territori conquistati, ma le continue depredazioni inasprivano gli animi degli occupati, rendendo la situazione insostenibile nel lungo periodo.

A quel punto, era entrato in scena il Conte di Compiègne che si era prodigato instancabilmente per procurare a Napoleone l'alleanza con la Russia, da lui tanto a lungo agognata, in cambio di un sostanzioso riconoscimento per il Duca d'Orléans, per conto del quale agiva e, di conseguenza, anche per se stesso.

Si era recato a San Pietroburgo e, col suo comportamento brillante, era entrato nelle grazie di una buona schiera dell'alta società russa. Qui, aveva intercettato l'ala dell'aristocrazia che desiderava la pace e, da una frequentazione all'altra, era riuscito a farsi presentare al Granduca Costantino, fratello dello Zar, che era a capo della fazione dei pacifisti.

Conquistata la fiducia del Granduca, arrivare allo Zar era stato più semplice e, di settimana in settimana e di mese in mese, era riuscito a instillare in quella mente eccentrica e inquieta il convincimento che un armistizio sarebbe stato quanto di meglio ci si sarebbe potuti aspettare.

– Vi siete dato da fare come una formica industriosa per ottenere questo trattato, Conte di Compiègne – gli aveva detto, un giorno, lo Zar – ma, se pensate che questo basterà affinché Bonaparte ceda al Duca d'Orléans i territori della Francia meridionale da lui conquistati, siete un illuso. E' proprio da lì che egli intende far partire l'offensiva per conquistare la Francia rimasta in mano a Luigi XVII.

– Ma come... – aveva abbozzato il Conte di Compiègne.

– Come ho fatto a scoprire che siete al soldo del Duca d'Orléans e che questi desidera la Francia del sud? Diciamo che ho anch'io le mie fonti.

Lo Zar si era tirato dietro l'ormai prostrato Federico Guglielmo e aveva concordato con Bonaparte che si sarebbero incontrati nei pressi della città prussiana di Tilsit. Da questo primo abboccamento, sarebbe stato tenuto fuori il Re di Prussia, da Napoleone considerato alla stregua di un nemico sconfitto più che di un alleato.

La leonessa di FranciaWhere stories live. Discover now