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Woking è come l'ho lasciata, cambia solo un piccolo particolare: la casa in cui mi ha portata un anno fa, quella in cui abbiamo fatto la lotta con i cuscini, non c'è più. O meglio, c'è ancora, ma non è più sua.
Avevo letto che si sarebbe trasferito a Monaco, ma avevo subito chiuso l'articolo perché dovevo illudermi che non mi importasse di lui.

Arrivati in albergo appoggiamo le valigie e il ragazzo si precipita in doccia, ha promesso al suo amico Max che si sarebbero visti.

Il mio telefono squilla, la biondina del mio cuore si sta facendo viva.
"Tu adesso mi dici dove sei, razza di disgraziata" esordisce.
"Riassumendo molto velocemente: questa mattina Lando si è fatto trovare a casa mia e ora io sono a Woking"
"TU SEI MATTA LO SAI?" Strilla dall'altro capo del cellulare.
"Come biasimarti" balbetto.
"Però questa volta è diverso e siamo giunti alla conclusione che se dobbiamo stare male da separati, allora tanto vale stare male come coppia" aggiungo.
"Io vi amo in realtà e lo sai. Ma non ti credevo così cretina da fare una valigia nel giro di due ore e volare via."
"Lo so Anna, lo so. Ma sappiamo tutte che quello scudo che mi sono messa addosso qualche mese fa era falso".
"Recuperate il vostro tempo, ma questa volta trovate anche una soluzione. Fai la brava".
"Ti voglio bene Annina".
"Anche io, anche quando fai la stupida".

Cerco di dare una sistemata alla camera per ingannare l'attesa.
Sono così presa che non mi accorgo che il pilota è davanti a me, semi nudo, che mi fissa.

Tengo lo sguardo sui suoi occhi ed evitare che vada su ogni centimetro della sua pelle è un'impresa che richiede parecchio sforzo. Soprattutto ora, dopo questi mesi di astinenza.

Scuoto la testa per ritornare sul Pianeta Terra e prendo uno dei maglioni che ho lanciato nel bagaglio questa mattina, nel tentativo di metterlo nell'armadio. Proprio mentre apro l'anta, una mano si appoggia sulla mia spalla sinistra e le dita esercitano una lieve pressione.
Con la mia mano destra raggiungo la sua e la stringo.
Fa un passo per avvicinarsi e sento il suo respiro sul mio collo.
Chiudo gli occhi per rimanere concentrata, per non perdere il controllo.

Non posso cedere. Comunque sono stata male a causa sua, ho faticato per riprendermi e non sarà certo trovarlo davanti a casa mia e prendere un aereo che sistemerà tutto.

"Non hai idea di quanto sto bene ora che sei qui" mi soffia nell'orecchio, facendomi venire i brividi in tutto il corpo.
Deglutisco e sto in silenzio. Le mie ginocchia sono molli, il mio corpo mi sta supplicando di arrendersi e voltarsi, ma la mia testa suggerisce di fare la preziosa.
Come se non lo avessi fatto per tutto questo tempo.

La sua mano tira la mia, facendomi fare un mezzo giro su me stessa: i nostri nasi si sfiorano, ma io non ho il coraggio di farmi guardare dentro.
Fallirei nella mia impresa.
Lascia cadere le nostre mani, che scivolano sui nostri fianchi, portando l'altro braccio introno alla mia schiena.
Siamo uno addosso all'altro e nel mio stomaco non ci sono farfalle, ma un intero uragano.

Con la punta del naso disegna dei piccoli cerchi sulla mia guancia, ormai in fiamme.
Questa volta sono io a muovermi: porto lentamente un braccio intorno al suo collo e volto leggermente il mio viso, così da congiungere le nostre bocche.
La stanza è piena dei nostri respiri, quasi affannati. Stiamo entrambi facendo fatica ad aspettare, ma vogliamo goderci ogni secondo.
Ora le nostre labbra si uniscono, probabilmente come non hanno mai fatto.

Le nostre mani si muovono sui nostri corpi: ci cerchiamo, ci sfioriamo, ci desideriamo.
La mia camicia, nel giro di pochi minuti, è per terra da qualche parte.
Lando si siede sul letto e porta le mie gambe sopra le sue.
Sono io a dominare.
Nel tentativo di togliermi i pantaloni, lui si scopre, si toglie l'accappatoio che lo ha tenuto al caldo fino a qualche secondo fa.
Mi gira la testa da quanto sono in estasi.
I suoi baci coprono ogni millimetro della mia pelle: il collo, la clavicola, lo sterno, i miei seni, l'ombelico. Più in basso poi e reagisco inarcando la schiena.
Ho perso il controllo.
Le nostre anime e la nostra carne si ritrova ad essere un tutt'uno.
Si mescolano paure, desideri, istinti, angosce, appagamento, preoccupazione, eccitazione, orgoglio, rimorsi, sensi di colpa, stupore, ma soprattutto: amore.

Il letto diventa tela di un'opera d'arte, la nostra. Io divento sua e lui diventa mio, di nuovo, e questa volta in maniera diversa.
Non mi sono mai sentita così e quando finiamo mi sento esausta, eppure sono rigenerata.

Mi sfiora il viso, ne delinea il contorno e poi mi sistema la ciocca di capelli fuori posto: "Sei bellissima".

Troppo affrettato finire di nuovo in questa situazione? Probabilmente sì, dobbiamo parlare ancora tanto, ma non me ne pento.
In questo momento non volevo sentire altro che fiatare il mio nome e io non volevo altro che gridare il suo.

Fanculo i piccoli passi, ne avevamo davvero bisogno.

Infilo la testa sotto il suo braccio e nel mio orecchio rimbomba il suo battito cardiaco, estremamente accelerato.
Appoggio il mio palmo sul suo petto, come per calmarlo.
Fa un sospiro e mi accarezza la testa.
In silenzio per minuti fino a quando non sobbalza sul materasso: "Cazzo, Max! Mi ammazza".
Rido a crepapelle anche se un po' mi disturba realizzare che dopo un momento del genere abbia pensato al suo migliore amico.

Ci vestiamo, io raccolgo da terra quel maglione che avevo in mano prima di ritrovarci nudi e me lo infilo su.
Non mi trucco, non mi sistemo, sono al settimo cielo e non mi importa del pensiero che possa avere la gente.

Errore fatale, dato che fuori dalla porta vediamo l'ex pilota di F3 e, non appena mi nota, fa una faccia sconcertata.
Quando saliamo in ascensore realizzo: ho un segno violaceo grande quanto una noce sul collo e i capelli tutti arruffati.

Ops.

A piccoli passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora