CAPITOLO 12 - III

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Dal diario di Megan Tyrre

– Stanno arrivando.

Gaus era piombato nella mia stanza con un'aria allucinata. Non sembrava ferito, non doveva aver combattuto, ma gli occhi esprimevano un orrore che al confronto, quello che avevo visto quella mattina era serena letizia.

I rumori erano iniziati a metà della mattinata. Grida, poi il familiare tintinnio delle armi e l'evidenza che non si trattasse di un'esercitazione. Sentivo gli ordini dei sergenti, le grida di agonia, di esaltazione, di terrore, e infine il tonfo del portone che echeggiò in un silenzio improvviso.

Dalla mia finestra non vedevo nulla, se non la nebbia, ma potevo ben intuire che il pericolo paventato da Gaus si era infine abbattuto su di noi.

Gli corsi incontro, l'abbracciai, e sentii che tremava.

– Sono mostri – mormorò stringendomi forte. – Barbari. Uccidono per uccidere. Sono tre volte noi ora, e non possiamo tenere il castello. Ho inviato alcuni colombi a Caeryd, per avvertirli dell'attacco e annunciare la resa, e lasciato ai soldati la facoltà di arrendersi. Forse saranno clementi con loro. Gli altri difenderanno la torre.

– Che faremo?

– Ci chiudiamo nel nostro appartamento, e venderemo la pelle quanto più cara possibile.

Mi condusse lungo il corridoio, erano pochi passi ma li coprì quasi correndo. La sensazione che mi dava stringere il pugnale era di gran lunga più rassicurante di quella della sua mano nella mia.

 La sensazione che mi dava stringere il pugnale era di gran lunga più rassicurante di quella della sua mano nella mia

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Dal castello uscirono una ventina di guerrieri. Tutti indossavano più o meno gli stessi abiti neri, alcuni con accenni di rosso e solo piccole variazioni. Nessuno di loro pareva avere l'autorità di un capo, né l'aspetto dell'uomo che era comparso brevemente sulla torre. Quando anche l'ultimo di essi fu sulla spianata, compreso che tra essi non si trovava il loro comandante, Zhuyao si infuriò. Afferrò l'uomo più vicino per una spalla e lo costrinse a voltarsi. – Dov'è il tuo comandante? – gli gridò in faccia, ma quello si limitò a sgranare gli occhi e balbettare qualche parola incomprensibile. Era evidente che non capivano una parola di quel che veniva loro detto. Poco male, pensò. Insegnare loro la lingua delle tribù sarebbe stato un inutile spreco di tempo: erano guerrieri, e il loro sangue sarebbe stato il primo ad arricchire la terra del sepolcro di Shédong Huang. – Portateli via – ordinò. – Si sono arresi, ormai sono schiavi. Disarmateli, amputateli e portateli al mio campo d'adunata, verranno distribuiti tra le tribù. Ce ne sarà a malapena uno per ciascuna. Quando tornerà Hongfei penseremo ai topi rimasti dentro – concluse infine.



Per ripulire il muro ci volle più di un'ora. Hongfei e i suoi uomini procedettero sistematicamente a assalire una torre dopo l'altra, uccidendo chiunque reagisse o cercasse di allontanarsi. Alcuni, vistisi in trappola, tentarono la fuga saltando oltre il muro, ma vennero presto intercettati dalle pattuglie a cavallo che sorvegliavano il bosco sul lato opposto e abbattuti uno dopo l'altro.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now