CAPITOLO 9 - V

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Ventisettesimo giorno di ottobre

Taoji era tornato alla qibao assieme a Lin.

Haijin non aveva ordinato loro di tornare alla zhenbao e comunque non aveva senso avventurarsi nuovamente nel bosco a notte fonda, nella tormenta, col rischio di perdersi. Erano entrambi già stati puniti a sufficienza dalla sorte e dall'autorità, non sarebbe potuto capitare loro nulla di peggio.

Lin era crollata addormentata ancora prima che la baoqi, svegliatasi appositamente per accoglierli, terminasse di prendersi cura di Taoji. Lui invece si era rigirato a lungo e quando le prime donne si erano svegliate aveva lasciato il giaciglio, si era vestito e, cercando di dare quanto meno nell'occhio possibile, era uscito.

Nella penombra nel giorno nascente aveva attraversato l'accampamento fino al campo di adunata, sellato il proprio cavallo poi, spinto da una premonizione, anche quello di Kai. Spostarsi a cavallo avrebbe reso tutto più semplice, e sebbene la tormenta fosse ancora più fitta della notte precedente, non aveva nessun timore di perdersi.

Nessuno si era preoccupato di avvertire Kai, avrebbe saputo della morte di Yia solo al suo ritorno, e questo non era giusto.

Ci avrebbe pensato lui.



Kai si svegliò all'alba. Il freddo mordeva la pelle scoperta del viso, ma il grasso di yak con cui si era cosparsa il corpo prima di dormire aveva tenuto lontani gli effetti peggiori. Si sentiva viscida e sporca, le mani ed i piedi pizzicavano follemente, ma perlomeno era viva. Incubi informi avevano popolato anche quella notte, ma nessuno, vivente o fantasma che fosse, era comparso a minacciarla.

Sgusciò fuori dal dai, si sfregò rapidamente la pelle con la neve per rimuovere il grasso e si vestì in fretta. Anche gli abiti erano gelidi, ma non aveva tempo per scaldarli. Il vento che sibilava al di là della copertura della zhenbao trovava di tanto in tanto un varco tra i teli e filtrava all'interno, portando con sé una folata di neve. Fuori doveva infuriare una vera e propria tempesta. Imprecò. Doveva rientrare, non aveva cibo e ben poco combustibile per il braciere e anche con tutti i vestiti addosso non sarebbe durata a lungo in quelle condizioni. D'altra parte era talmente lontana dal campo e in una zona tanto impervia che rischiava solo di perdersi, cadere in qualche burrone. Anche un semplice scivolone sarebbe potuto essere mortale.

Qualsiasi decisione sembrava destinata ad un definitivo fallimento.

Tutta colpa di Nianghan. Solo a lui poteva venire un'idea tanto stupida come quella di accamparsi in quel luogo, e per un attimo pensò che se non fosse già morto l'avrebbe volentieri ammazzato lei. Subito dopo si pentì di aver pensato una cosa tanto crudele e ridusse le pretese a un paio di calci nel didietro.

Più per scacciare il freddo che per vera curiosità, gattonò fino al chandao. Fuori, la visibilità era ridotta a pochi passi, poi il mondo si perdeva nella caligine turbinante della tempesta di neve. Lo richiuse immediatamente e ne assicurò la tenuta al telaio con cura. Era comunque ancora troppo buio per osare uscire di lì. Avrebbe perlomeno atteso un'ora o due, prima di tentare di mettersi in cammino, posto che avesse trovato il coraggio per farlo.



Anche Haijin si svegliò all'alba. Aveva anche lui trascorso una notte agitata, ma per tutt'altri motivi. – Lian, – domandò alla moglie già affaccendata attorno al braciere, – nevica ancora?

– Non credo abbia smesso un momento, da ieri notte – rispose la moglie. – C'è tormenta, e tre o quattro palmi di fresca.

Haijin imprecò. Il vento teso fischiava sulla bao e faceva sbatacchiare le falde del bordo del tetto. Il suo primo pensiero, mentre Lian gli presentava il cibo per la colazione, andò alle staffette. Per prima cosa avrebbe trascinato i gemelli in un giro di ispezione per accertarsi che fosse tutto in ordine.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now