CAPITOLO 22 - I

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Primo giorno di dicembre – sera

Raramente Wuhan si era sentito così stanco.

Risalire il valico non era mai stata un'impresa semplice e le recenti, pesanti nevicate avevano reso ogni collina un'insidia e ogni torrente una trappola che persino il cavallo affrontava con diffidenza. Molte volte era dovuto smontare, guidare la bestia per le redini e risalire in sella affaticato e incrostato di neve fresca.

Rivedere le bandiere della casa delle Sette Fiamme emergere dalla tormenta, schioccando al vento teso, era stato un piacere quasi fisico.

Non c'era nessuno in giro. Del resto, chi poteva essere tanto stupido da uscire all'aperto con quel clima? Detestava gli addestramenti che Haijin gli imponeva in giornate come quella, quando ancora si trovava sulle montagne, e il suo sentimento non era mutato. Non vedeva l'ora di infilarsi in una vasca di acqua bollente, e poi tra le cosce di Sun. – Mei! – chiamò. – Sono tornato. Prepara il bagno!

Gli rispose solo il fischio del vento.

Infastidito, sistemò la sella sul trespolo e entrò nella bao.

Il calore che vi regnava all'interno gli fece lacrimare gli occhi. – Ma siete impazzite? Mei! Dove cazzo sei?

C'erano forme nei giacigli. Si avventò sul più vicino dei due.

– Mei! – ringhiò strattonando il corpo avvolto dalle coltri. – Ti pare il momento di dormire? Sveglia, per gli antenati!

Un gemito rauco l'accolse da sotto le coltri.

– Svegliati, stupida donna – insistette. – Preparami il bagno!

Un altro gemito. Mei, lentamente, rivolse a Wuhan un volto pallido e occhi vuoti. Sbatté le palpebre, l'espressione vitrea si mise lentamente a fuoco. – Wu. – La voce era poco più di un sussurro.

– Sono io, sì. Alzati! – Le strappò via le coltri di dosso, scoprendone il corpo nudo, la pelle pallida come quella di una morta.

– Wu... – Mei cercò di mettersi seduta, ma riuscì solo a girarsi su un fianco. – Ho freddo. Le coltri.

– Fa caldo come nel vulcano – replicò lui infastidito. – Siete impazzite a buttare così tanto combustibile nel braciere? Avanti, alzati, e preparami la...

Mei si era tirata le coltri addosso, e tremava, battendo i denti. – Ho freddo. Non ho messo io lo sterco di yak nel braciere.

– E chi è stato?

– Non lo so. Sun... – Mei era riuscita a mettersi a sedere, e puntava un dito tremante in direzione dell'altro giaciglio. – Sta bene?

– Perché non dovrebbe? È solo una pigra del cazzo. – Come si fosse ricordato solo in quel momento dell'esistenza di Sun, Wuhan andò da lei e la spintonò con il piede. – Sveglia, insomma! Che vi prende? – Notò in quel momento i pezzi della pipa ad acqua sparsi tra i tappeti, e altro vasellame rotto ammucchiato in un angolo. Raccolse uno dei frammenti della pipa, osservandolo come lo vedesse per la prima volta. – Avete fumato? Vi siete sballate come due ragazzine? Capisco Sun, ma tu, sei vecchia per queste cose.

– Sta bene? – Le parole di Mei si chiusero in un accesso di tosse.

– Tu, piuttosto? Dovrai procurarti della tintura da Liao, se questa tosse perdura. Sei l'unica schiava che mi è...

– Sta bene? – Gli occhi di Mei, da sotto le sopracciglia aggrottate, erano braci accese.

– Non lo so – rispose Wuhan, improvvisamente incerto. La donna aveva un aspetto orribile, scarmigliata e pallida come un morto vivente. Che era successo, in così poco tempo? Si chinò su Sun, che effettivamente sembrava dormire della grossa, sentendo alle sue spalle Mei arrancare fuori dal giaciglio e cercare dei vestiti. Scosse la ragazza per una spalla con decisione, ma non ottenne reazioni – Avrà fumato dama fino a stordirsi.

Mei, barcollando leggermente, venne a sedersi accanto ai due. – Ha avuto un aborto, forse – disse piano. – Sanguinava.

– E perché non me l'hai... – Wuhan fissava Mei con gli occhi spalancati. – Quando è successo?

Mei aveva rovesciato Sun sulla schiena, e le tastava la faccia e il collo in cerca di segnali. Lividi bluastri chiazzavano la pelle chiara. – Questa mattina. Ero uscita a cercare aiuto, ma devo essere svenuta. Qualcuno mi ha trovata, e riportata qui, e poi si è occupato di Sun. – Parlando, aveva scoperto il corpo della ragazza fino alle cosce, dove qualche piccola chiazza incrostata spiccava ancor più dei lividi.

– Siano ringraziati gli antenati, allora – disse lui ricoprendo Sun. – Chi è stato?

– Non lo so, io non ricordo...

Un breve gemito il interruppe. Sun aveva aperto gli occhi, sbatteva le palpebre e respirava rapidamente, come sorpresa.

– Wu, sei tu...

Wuhan si trovò stretto in un abbraccio convulso. Incurante degli abiti gelidi, Sun lo stringeva con la forza di chi si aggrappa all'ultimo ramo sull'orlo del precipizio.

– Ho avuto paura, Wu.

– Ora stai bene? Il bambino?

– Il bambino sta bene – disse lei senza smettere un attimo di stringerlo. – Ma il mostro...

Wuhan spezzò l'abbraccio. – Che cosa?

– C'era qualcuno, una creatura venuta per uccidermi, l'ho sognata, la notte, e poi era qui... – la voce di Sun si spezzò in un singhiozzo.

– L'hai...? Quando?

– Eri appena andato via, credo. Ero tornata a letto, e ho fatto quel sogno, poi mi sono svegliata e sanguinavo... e poi il mostro è arrivato, e mi ha aggredita, e voleva uccidermi. – il respiro era spezzato in brevi ansimi, la fronte imperlata di sudore.

– Non c'era nessun mostro – disse Wuhan, cercando di apparire convincente. Le voci riguardanti strane morti, su quel versante del valico, erano giunte anche a lui, ma non gli aveva mai dato credito. Sun, invece, doveva esserne stata tanto sconvolta da renderle reali anche fuori dai suoi sogni. – Sarà stato qualche animale.

– Qualcosa c'era – intervenne Mei. – Ero fuori, all'aperto, qualcuno, o qualcosa, mi ha spinto tra la neve, e poi ho perso i sensi.

– Non so se era un animale, – disse Sun aggrappandosi alle coltri, – ma non aveva artigli, solo pugni. Mi colpiva, poi improvvisamente ha smesso, qualcuno l'ha fatto smettere, c'erano altre persone nella bao. Forse loro l'hanno affrontato, e sconfitto, e mi hanno salvato.

– E chi sarebbero queste persone?

Sun e Mei si guardarono scuotendo la testa. – Non lo so – rispose Sun.

– Non è importante. Sei salva, e questo basta. Sei sicura che il bambino stia bene? –

Sun abbassò lo sguardo e si posò una mano sul ventre. – Sì. Lo sento.

– Bene. perché dobbiamo partire.

Le donne sgranarono gli occhi. – Per dove?

– Andiamo al Xuan Ya, da Hi Qijing.

– Sei pazzo? – Mei si strinse a Sun. – Non può viaggiare, nelle sue condizioni.

– Decido io cosa può fare, – ringhiò Wuhan, – e ha detto che sta bene. Non ha avuto un aborto. Ha solo perso del sangue, come fate tutte voi donne ad ogni giro di ruota.

– Davvero? – domandò Mei a Sun stringendola a sé, gli occhi spalancati per l'apprensione.

Senza alzare gli occhi su Wuhan, Sun annuì.

– Bene – disse lui. – Partiremo dopodomani, prima dell'alba. Tu, – disse poi a Mei, – prepara qualcosa per cena, e poi metti in ordine questo macello. E tu. – disse a Sun, – il bagno.

Mei gli lanciò un'occhiataccia ma non osò replicare.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now