INTERLUDIO

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Qualche giorno addietro

La testa del ragazzo aveva fatto capolino, esitante, oltre il chandao.

– Non aver paura – aveva detto lei. – Non c'è nessuno. – La voce, fremente di aspettativa, proveniva dal fondo della tenda.

Lui non aveva mai visto una bao arredata in quel modo: dal soffitto, appesi ai travetti in modo apparentemente casuale come a creare minuscole stanze e corridoi, pendevano teli leggeri, tinti di colori sgargianti, e dietro di essi la luce di alcune lanterne creava un'illuminazione cangiante e colorata. Nel braciere sistemato appena accanto all'ingresso, un fuoco di legna ardeva allegramente, riscaldando l'ambiente. Il ragazzo aveva lasciato cadere a terra il dayi, incurante del carico di neve che aveva accumulato durante la cavalcata.

Aveva trovato il messaggio nascosto tra le coltri del giaciglio, la sera precedente: tre chicchi di grano avvolti in un pezzetto di carta su cui era scritto un ringraziamento e una rapida nota di istruzioni. Non ne riceveva uno dai giorni della partenza, ed il suo cuore aveva avuto un tuffo. Sui monti, a casa quei messaggi avevano un solo significato: vieni da me. Una volta iniziato il huilai, però, gli incontri con lei erano diventati impossibili e averne ricevuto uno in quel luogo e in quel momento l'aveva riempito di gioia, ma anche di dubbi. Aveva seguito le istruzioni per la bao di lei trovandola silenziosa e deserta, ma la luce calda che filtrava dalle fessure tra i teli era stato un richiamo irresistibile.

Non la vedeva. Lei si nascondeva da qualche parte dietro quei veli, e la ricerca lo stava riempiendo di eccitata aspettativa.

Non era mai stato facile, stare con lei: si erano conosciuti per caso, ad un mercato, e immediatamente erano stati attratti l'uno dall'altra, tanto da consumare il loro primo, frettoloso rapporto dietro una pila di balle di lana di yak, con la gente che passava solo qualche passo più in là. Da allora entrambi avevano cercato di fare il possibile per non restare separati troppo a lungo, ma la famiglia di lei raramente si allontanava dalla bao per più di qualche ora, e organizzare un incontro richiedeva molta fortuna e discrezione. Forse per questo, ogni volta che si incontravano la loro passione prendeva vita in lunghe, tumultuose corse in cui, alternativamente, l'uno interpretava la cavalcatura e l'altro il cavaliere.

Il huilai aveva ridotto le distanze a pochi minuti di cammino, ma totalmente cancellato le occasioni, rendendo la separazione ancora più dura da sopportare.

Ora, finalmente, tutto era finito. Huopeng aveva sentito la storia di Nandao Na e la moglie, ma sapendo che la loro morte aveva finalmente reso Yia una donna libera non se ne sentiva troppo dispiaciuto.

Giunto al centro della bao, aveva scostato un velo, e l'aveva trovata.

La ragazza stava inginocchiata davanti ad un tavolino da pranzo, già imbandito con ciotole contenenti riso bollito fumante e un qualche tipo di carne speziata il cui aroma giungeva fino alle sue narici come un presagio di piccante dolcezza, e non indossava altro che gioielli.

Un diadema di cristalli le cingeva la fronte, risaltando contro il nero dei capelli rigidamente tirati all'indietro; file di dischetti d'oro lunghi fino alle clavicole le pendevano dai lobi delle orecchie; una catenella d'oro congiungeva un sopracciglio alla narice; pendagli tintinnanti erano appesi a sottili fili d'oro avvolti attorno alle punte dei seni, protese e turgide; una cintura di medaglie dorate le cingeva fianchi, allungandosi tra le gambe divaricate a nascondere la yin; bracciali le avvolgevano i polsi in giri scintillanti e fasce di sottile bronzo dorato le cingevano le braccia appena sotto le spalle. Ogni superficie metallica era lucida e scintillante, e rifletteva le luci delle lanterne ad ogni minimo movimento, quasi Yia fosse essa stessa una creatura di luce.

Loth - parte terza: AriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora