CAPITOLO 12 - I

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Primo giorno di novembre

Yulin scivolava senza controllo.

La ripida parete gli scorreva davanti velocemente, quasi perfettamente liscia e priva di appigli. Come aveva imparato sui ghiacciai dei monti Ling Xue, cercava di aderire quanto più possibile con le mani e il corpo alla superficie per tentare di rallentare la corsa, e allo stesso momento tenervi quanto più distanti possibile la testa e i piedi. Se solo, per distrazione o stanchezza, un rampone avesse toccato la parete era certo che il suo corpo ne sarebbe stato sbalzato via.

D'improvviso, qualcosa di invisibile lo colpì al fianco con la forza di un maglio, strappandolo al contatto con la parete e scagliandolo attraverso la nebbia.

Il volo durò poco più di un battito di cuore e terminò su di una superficie liscia, dura e orizzontale. Rimbalzò, accecato dal dolore e senza fiato per la botta, e fu fermo.

Un fruscio come il suono di un torrente tra i sassi gli riempì le orecchie. Tentò di sollevarsi su di un gomito ma il mondo prese a girare follemente e ricadde pesantemente. Non si accorse quasi di perdere i sensi.



– Ce ne hai messo, di tempo. – Zhuyao doveva alzare il volto per parlare con Hongfei, ma la deferenza del suo Shu era visibile in ogni suo gesto.

– Ho perso due uomini, caduti nel Xuan Ya. Mi hanno rallentato.

– Peggio per loro. L'edificio è preso.

Hongfei si voltò a considerare la fortezza alle sue spalle, nera e incombente, apparentemente impenetrabile. – Se riusciamo a stanarli – commentò. – Sono rimasti in pochi, penso possano resistere a lungo ad un assedio, e tutta quella pietra non brucia.

– Non voglio impegnarmi in un assedio, non ne abbiamo il tempo. Questi guerrieri hanno meno coraggio delle puttane Nugai, ed io so come fargli perdere quel poco che gli resta. Voi, – indicò vagamente i tre guerrieri più vicini a lui, – cercate tra i caduti. Trovate tre dei loro che non siano ancora morti.

I tre prescelti si inchinarono, pugno nel palmo, e corsero via.

– È sicuro? – domandò Hongfei. – Ci sono ancora uomini sul muro, e la nebbia si sta alzando. Se avessero degli archi...

– Li avrebbero già usati contro di noi. Come pensavano di difendere questo posto senza degli arcieri, proprio non lo so. In ogni caso, devono solo provare ad avvicinarsi. – Zhuyao aveva fatto schierare i suoi arcieri in un ampio semicerchio da cui controllavano l'intera spianata.

I guerrieri ritornarono con tre uomini in nero, troppo feriti per reagire ma ancora vivi. Un po' spingendoli, un po' trascinandoli, li condussero davanti a Zhuyao. – Spogliateli – ordinò, degnandoli appena di un'occhiata.

Uno dei prigionieri, un uomo di mezza età con una folta barba brizzolata e un moncone di freccia conficcato in una coscia, tentò una reazione, ma ricevette da Hongfei un pugno sul volto che quasi gli spaccò la mascella. Degli altri due, uno era un ragazzo a cui mancava un orecchio ed aveva la faccia piena di sangue, l'altro un uomo maturo con un taglio al bicipite sinistro che mostrava il biancore dell'osso spaccato. Nessuno tentò altre reazioni, e in pochi momenti tutti e tre furono gettati, nudi e lividi, nella neve ai piedi di Zhuyao.

Gli schiocchi delle bandiere degli alfieri nel vento teso erano gli unici suoni che spezzavano il silenzio.

Zhuyao restò a lungo in silenzio, con lo sguardo fisso sul portone sbarrato. – Comandante – gridò infine, – Concedi le armi, e risparmierò i superstiti. Sarete schiavi delle tribù, ma sarete vivi. Non ti arrendere e questi ostaggi soffriranno. – Non avere pietà per pochi, diceva Shédong Huang, permette di risparmiarne molti.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now