CAPITOLO 4 - III

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Wuhan e Weihan arrivarono poco dopo, ed andarono direttamente a sistemarsi attorno al braciere.

– Stufato di chunlu – esclamò il primo solo a sentirne l'odore. – Madre, è il miglior dono che avresti potuto farmi. Le baoqi non sono in grado nemmeno di bollire due patate senza bruciarle.

– E questi – intervenne Lishang rivolto a Shido, – sono i miei due figli, Wuhan xian e Weihan xian. Non devi fare caso a loro, sono in quell'età in cui l'unica cosa che interessa loro è il cibo. – Uno sguardo fu sufficiente per stroncare nei gemelli qualsiasi intenzione di aggiungere qualcosa.

Per tutto il giorno Shido, silenziosa e quasi invisibile, aveva continuato ad accarezzare il viso della figlia e a mormorarle parole dolci, asciugandosi di tanto in tanto le lacrime, ed aveva acconsentito ad unirsi alla famiglia per la cena con una certa, cortese riluttanza. – Sono onorata di fare la vostra conoscenza – disse, e al suo profondo inchino i ragazzi risposero con un semplice, distratto gesto del capo. Se se ne indispettì, non diede a vederlo.

Subito, Sun porse ai gemelli due ciotole fumanti. Weihan fece per afferrare la sua, ma Wuhan lo fermò schiaffeggiandogli la mano. – Aspetta, ingordo. E tu – disse a Sun, – hai passato così tanto tempo fuori da questa bao da aver scordato che nostro padre deve sempre essere servito per primo?

Sun abbassò gli occhi e fece per ritirare le ciotole, ma Lishang sogghignò. – Mangiate pure, figli miei. Avete cavalcato molto più di me, oggi, ed avete bisogno di nutrimento per il lavoro che ancora vi attende.

– Che vuoi dire, padre? – biascicò Weihan. Aveva strappato la ciotola dalle mani di Sun, vi aveva tuffato le bacchette quasi con rabbia e si stava cacciando in bocca pezzi di carne come non mangiasse da giorni.

– Non parlare con la bocca piena – lo redarguì Xia come quando era bambino.

– Perdonami, madre – rispose Weihan con la bocca piena. Xia sospirò.

– Ne parleremo. Yulin, unisciti a noi. Anche tu hai bisogno di mangiare.

Yulin, che non si era allontanato dalla bao per tutto il giorno e passato molto tempo seduto accanto a Kai, ancora immersa nel suo sonno catatonico, accolse l'invito con gli stessi sentimenti di Shido. Tutto aveva voglia di fare, quella sera, che dividere il pasto con i suoi fratelli. Avrebbe di gran lunga preferito stare vicino a Kai e tenere gli occhi sul viso inespressivo, e se si era unito agli altri era solo per non indispettire suo padre. Sun, comunque, non gli aveva più parlato e la sua ciotola era rimasta posata sul terreno fino a quando non se l'era presa da sé. Nel pomeriggio, la ragazza gli si era avvicinata cercando di parlargli, ma lui non le aveva prestato attenzione e lei se ne era andata dopo un po', con un'espressione sconfortata.

Per qualche minuto avevano mangiato in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri, poi Lishang aveva alzato gli occhi sui suoi figli maggiori. – Allora, – aveva domandato, – raccontatemi questa storia della fortezza.

– Io non l'ho vista – ammise Wuhan – ma pare si tratti di un edificio di pietra, non molto grande, circondato da un muro che sembra non avere accessi verso il valico. Il muro non è alto, ma le staffette hanno notato vedette sugli spalti. Il terreno circostante è stato disboscato per almeno cento passi, tutto attorno al muro.

– Non è lontano – osservò Yulin. – Gli arcieri potrebbero scoccare dal bosco, senza esporsi.

Lishang sospirò. – I nostri arcieri – spiegò – sono un'arma perfetta in campo aperto, possono fiaccare le prime linee di un esercito mentre i guerrieri si lanciano su di esse al galoppo, ma sono quasi inefficaci contro difensori in grado di ripararsi. Chi ha costruito il castello lo sapeva. E se non c'è un accesso da questo lato, quel muro ha una sola funzione: tenerci fuori.

Loth - parte terza: AriaUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum