CAPITOLO 21 - III

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Crampi come coltellate al ventre strapparono Sun al torpore con la rapidità di una secchiata d'acqua gelida. Trascinata dal dolore fece scivolare una mano tra le gambe e la sensazione calda e viscida del sangue sotto le dita le strappò un gemito e un brivido più gelido dell'aria.

Ritrasse la mano e rimase a guardare il palmo chiazzato di scuro per lunghi momenti, prima di gridare.

Mei non era lì. Non sapeva dove fosse. Si alzò in piedi, preda delle vertigini, ricadde, si rialzò aggrappandosi al palo. L'aria si rifiutava di entrare nei polmoni, e poi di uscirne. Il freddo era intenso, il vapore quasi ghiacciava davanti alle labbra, ma i brividi che scuotevano il suo corpo non erano dovuti alla temperatura.

Il ventre pulsava, crampi come coltellate di un assassino. Il dolore era un artiglio che la squarciava dall'interno, unghie che strappavano carne, sangue che fluiva lungo le cosce, ruscellando bollente fino oltre le ginocchia.

Il bambino.

Non riusciva a pensare ad altro.

Che era successo? Il dama non dava aborti spontanei, anzi, a volte le donne lo fumavano proprio per calmare i crampi, e non aveva bevuto, o almeno credeva. La notte, senza Wuhan al suo fianco, era stata dura e solitaria, e stordirsi le era sembrata una buona idea. Chiamò, ma la sua voce sembrava il lamento di un moribondo. Doveva trovare aiuto.

Cercò di alzarsi e le gambe sembravano reggere, mosse un passo verso il chandao, non aveva tempo per vestirsi, doveva uscire, chiamare Mei, mandarla a cercare aiuto. Lei sarebbe morta, se fosse uscita in quelle condizioni.

I crampi si susseguivano incessanti, il sangue non smetteva di colare. Era quasi giunta al chandao quando avvertì una strana sensazione, come qualcosa che graffiasse sulle labbra della yin e poi scivolasse, viscido ma più pesante del sangue, lungo la gamba, fino a oltrepassare la caviglia e cadere a terra con un leggero tonfo.

Capì subito di cosa si trattava, e il suo cuore ebbe un balzo.

Lo raccolse, e il piccolo grumo di traslucida pietra rossastra, ora coperto da uno strato denso di sangue e fibre, rotolò sul suo palmo come aveva fatto quindici anni prima.

Il sollievo l'invase. Non era il bambino, era... quello. Per qualche motivo, forse proprio a causa della gravidanza, il suo corpo aveva finalmente espulso quel corpo estraneo.

Lo strinse nel palmo, col cuore che si riempiva di gioia e l'altra mano ad avvolgere protettivamente il ventre.

In quel momento, il chandao esplose all'interno.

Qualcosa colpì Sun con la forza di uno yak infuriato, scagliandola contro le casse delle vettovaglie. L'urto le strappò l'aria dai polmoni, qualcosa si schiantò con fragore e forse erano le sue costole. Fece appena in tempo ad alzarsi sulle mani e le ginocchia che un pugno solido come una sassata le si abbatté sull'orecchio.

Non svenne. Anzi, poteva chiaramente sentire qualcosa, un contatto, una forza di un qualche tipo, impedirle di perdere conoscenza con un'energia invincibile, e quasi più dolorosa dei colpi.

Il secondo pugno la colpì al collo, spezzandole il fiato.

Il terzo si abbatté alla base dello sterno, e un fiotto acido le si riversò su per la gola.

Il quarto pugno non arrivò.

Il peso di quel corpo improvvisamente si sollevò, trascinato via da qualcuno, figure indistinte, poco più che ombre senza forma, comparvero nel campo visivo offuscato di Sun.

Solo in quel momento, pietosamente, la sua coscienza si spense.



– Dove?

Gulien, accanto a Kai, impastoiava il cavallo al ramo basso di un abete. – Non lontano.

– Come fai a saperlo? non ci si vede a tre passi.

– Lui mi guida.

Gulien l'aveva preceduta lungo il pendio, seguendo vie diverse da quelle che Kai conosceva, ma che condussero, come si rese conto presto, al centro dell'accampamento della casa delle Sette Fiamme.

– Andiamo – disse sguainando la spada. – Stammi vicina, potresti perderti.

Kai l'imitò, non senza fatica. L'estensione delle braccia non era sufficiente per sguainare la jun con un solo movimento, doveva estrarre la lama per un po' e poi afferrarla a mezzo per liberarla completamente dal fodero. Nonostante tutti gli addestramenti, non si sentiva affatto a proprio agio con quell'arma in mano. – Non mi posso perdere, qui – disse poi, e ne era veramente convinta. Dopo tutto il tempo che Gulien e Taipan prima di lui gliel'avevano fatta percorrere nei giorni precedenti l'attacco, conosceva quella zona palmo a palmo. Le forme degli abeti attorno a lei le erano familiari e componevano nella sua mente un quadro di una chiarezza cristallina, quasi come se lo osservasse durante una giornata di sole.

Anche Gulien sembrava condividere la stessa sicurezza, e quando mosse i primi passi Kai capì subito che la destinazione era la tenda di Wuhan Shu. Gli schiocchi delle grandi bandiere della casa le confermarono l'intuizione.

– Qui? – domandò sorpresa.

– Qui.

– Non rischiamo di farci sorprendere da Wuhan Shu?

– Non è qui.

– E dove è andato?

– Non ne ho idea. So solo che non c'è, e che dobbiamo sbrigarci.

Gulien allungò il passo. La neve rendeva difficile camminare, e, senza un mantello a coprirli, il vento filtrava sotto gli abiti da cavalcata strappando brividi improvvisi.

Kai capì subito che qualcosa non andava quando vide il chandao sventolare libero alla sferza del vento. I rumori, tonfi pesanti come colpi di maglio, arrivarono subito dopo.

– Vai tu per prima – disse Gulien indicando l'interno.

Kai sgranò gli occhi. – Cosa?

– Entra, e fatti da parte. Io mi occuperò della... cosa, tu della vittima.

Il piano di Gulien aveva senso, e i rumori da dentro consigliavano la fretta più che la prudenza.

– Non con questa – disse Kai conficcando la spada nella neve. In quello spazio limitato si sarebbe trovata di gran lunga meglio con la dao, e avrebbe recuperato la spada quando tutto fosse finito.

Gulien annuì, e Kai si precipitò dentro, facendosi subito da parte. L'uomo la seguì, la superò e, spada in pugno, si avventò contro i contendenti. Lo vide sferrare un calcio nel fianco di chi stava sopra, una persona intabarrata in abiti da esterno, rovesciarla sul terreno, alzare a due mani la spada sulla spalla destra.

La donna, perché di quello si trattava, non lasciò a Gulien il tempo di abbattere il fendente. Con uno scatto fulmineo gli balzò alla gola con un ringhio gutturale e un'agilità sorprendente, le dita protese che mostravano unghie lunghe come artigli pronte a ferire.

Gulien non si lasciò sorprendere, ribaltò la presa, infilò un gomito tra le braccia protese e colpì d'incontro la donna sul mento, ribaltandole il capo e facendole schioccare i denti.

Kai si fece da parte. Il maestro le aveva detto di badare alla vittima, ed è quello che avrebbe fatto. La ragazza, la yuéqi del vecchio guerriero, la ricordava bene, era distesa a terra, sporca di sangue. Grossi lividi cominciavano a fiorirle sul volto, e pareva priva di sensi. Le si accostò, le prese delicatamente la testa tra le mani. – Sun – mormorò.

Non ottenne risposta.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now