CAPITOLO 6 - III

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Come Taoji aveva previsto, con la rapidità tipica dell'alta montagna il tempo si era nuovamente guastato. Il cielo si era coperto di nuvole spesse, spinte da un vento teso, e la neve era di lì a poco tornata a cadere copiosa.

Cresciuto sui monti Ling Xue, molto più a nord e ad un'altitudine anche superiore a quella a cui si trovava in quel momento, Taoji non si era lasciato cogliere impreparato. Aveva sollevato la sciarpa a coprirsi il naso e la bocca e aguzzato ulteriormente la vista per cogliere i minimi movimenti di lepri e scoiattoli. Sapeva bene che fermarsi era più pericoloso che restare in movimento, e di tornare non se ne parlava: la magra lepre dal manto candido che aveva catturato fino a quel momento non sarebbe bastata per tutti.

La neve turbinava in fiocchi fitti e fini, e la visibilità si ridusse rapidamente a pochi metri. Era il momento migliore per la caccia, quando le bestie erano tese ed incaute e il vento portava lontano gli odori. Taoji soppesò ancora una volta il sasso già pronto nella cuffia della fionda e strinse le dita attorno alle strisce di pelle sottile avvolte attorno al palmo.

Il terreno sotto le fronde degli abeti era più sgombro e anche la visibilità era migliore. Era lì che si aspettava che prima o poi sarebbe comparsa un'altra lepre. Si acquattò dietro un tronco, sfregandosi le mani sulle cosce. Il freddo era diventato pungente, le lacrime si incrostavano sulle ciglia e l'umidità del fiato brinava il tessuto della sciarpa.

Un rumore alle sue spalle, lo schianto leggero di un ramo secco che si rompeva sotto il peso di qualcosa, sovrastò per un attimo il sibilo del vento.

Cibo.

In una sola cosa sua sorella non era brava quanto lui, ed era il tiro con la fionda. Aprì le dita liberando le cinghie, mise in rotazione il sasso, poi scattò oltre il tronco dell'albero e scagliò, senza guardare. Il proiettile sarebbe volato con precisione assoluta verso il punto in cui aveva sentito il rumore, a destra e in basso, quasi sul terreno. Non ci sarebbe stata speranza per la lepre.

Non c'era nessuna lepre.

Davanti a lui, ad appena un paio di passi, c'era un giovane cervo, intento a brucare gli stenti fili d'erba che il sottobosco dell'abetaia e il clima permettevano. Era solo, probabilmente sperduto e spaventato, e non si era minimamente accorto della sua presenza. Taoji trovò la bestia talmente bella, delicata, elegante, quasi un'apparizione mistica, fulva nel turbinio privo di colore che la circondava, da desiderare che il sasso non la colpisse, e che gli spiriti della foresta gli risparmiassero la fine brutale che incombeva.

Nemmeno il tempo di sbattere gli occhi che l'animale era già crollato a terra col cranio sfondato, l'unico suono il tonfo del corpo sulla neve.

Taoji corse da lui, col cuore che batteva come un tamburo nella gola, per l'emozione e la paura. Non aveva mai ucciso una preda così grande, per quanto l'animale fosse poco più che un cerbiatto, e questo avrebbe forse messo finalmente a tacere le maldicenze di sua sorella. Estrasse il coltello e gli aprì la gola e poi il ventre, ché sangue e interiora dovevano stare lontano dalla tenda per non attirare i predatori, e poi afferrò il corpo per i garretti posteriori e si mise in marcia, seguendo a ritroso e recuperando i nastri che aveva legato ai rami nel percorso di andata.

Quando giunse alla tenda, la nevicata si stava nuovamente calmando. Tutto era silenzio, la luce del fuoco non filtrava dalle pareti, né il fumo si levava dal foro nel tetto. Qualcosa non quadrava. Possibile che Hiyi e Liu ancora non fossero tornati con del combustibile? Qualcosa era andato storto?

Voltò l'angolo della tenda e una voce lo fece sussultare.

– Fermo. – Kai emerse dalla foschia. Camminava lentamente, con le gambe rigide, le mani sollevate che sembravano reggere qualcosa di invisibile, lo sguardo fisso davanti a sé come se i suoi occhi vedessero oltre la cortina di neve e nebbia, o nulla del tutto.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now