CAPITOLO 9 - III

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Al centro della chiazza non c'era che uno scheletro, perfettamente composto. Si avvicinò, scossa da un fremito di curiosità macabra che la volontà non riusciva a contrastare.

Le ossa erano nude, bianche, come se la carne fosse semplicemente svanita, sciolta come ghiaccio in una pentola. La neve ed il gelo della notte l'avevano velato di uno strato di brina.

Come era stato possibile? Che fine aveva fatto la carne? Non era possibile pulire le ossa di muscoli, tendini, organi e pelle in quel modo senza farle bollire a lungo, e poi, perché? E dov'era finito, tutto il resto?

La neve attorno a quei resti era coperta da un velo di polvere grigiastra e calpestata da decine di impronte, stivali e mani premute sul terreno, tanto confuse da rendere impossibile capire a chi appartenessero. Poteva essere stato Gulien, definitivamente impazzito? E se non lui, chi?

Un oscuro terrore le afferrò le viscere.

Doveva tornare, avvertire... ma sarebbe stata creduta? O forse, visto quello che era successo nei giorni precedenti, dalla morte di Wianlao in poi, sarebbe stata lei stessa incolpata di quella morte? Haijin Shu non si sarebbe sicuramente fatto scrupoli nell'accusarla e punirla, anche in assenza di una qualsiasi prova, solo basandosi sui trascorsi dei giorni precedenti.

Il vento delle vette la schiaffeggiò con la forza di uno scudiscio. Il brutto tempo minacciato fin dal mattino si stava finalmente scatenando. Le nubi erano basse e scure, il sole ormai prossimo al tramonto era invisibile dietro di esse.

La sorte aveva deciso per lei. Era troppo lontana per ritornare con sicurezza all'accampamento, e nessuno si sarebbe preoccupato per la sua assenza. Avrebbe trascorso la notte nella zhenbao, senza cena ma perlomeno al caldo, ben avvolta nel dai, e la mattina seguente avrebbe preso una decisione.

Con un po' di fortuna, quella notte sarebbe caduta neve a sufficienza per nascondere ogni traccia, ma per buona misura raccolse gli abiti di Nianghan, ne vece un fagotto con un sasso al centro e scagliò tutto nelle profondità del lago.



Nei pochi minuti della loro esplorazione aveva cominciato a nevicare fitto, e il crepuscolo era diventato notte fonda.

Lin era corsa da Taoji e l'aveva sostenuto per le spalle durante la crisi, finché lui non era riuscito a stare in piedi da solo.

– Stai bene? – gli domandò.

– Sì – rispose lui.

– Dobbiamo andare via, o rischiamo di perderci sulla montagna. Forse è già troppo tardi.

Taoji ansimava, preda delle vertigini, ma lottò per reagire. – Il cavallo.

Lin si appressò titubante, ma l'animale doveva aver fiutato la loro paura e l'odore che emanavano, e non si lasciò avvicinare. Con un ultimo nitrito si voltò e corse via, lasciandoli soli.

– Andiamo a cercare i fu – propose Lin. – Non siamo lontani dalla shibao, e credo sia più importante della nostra esercitazione.

Taoji annuì e tirò su col naso. – Sì, hai ragione – disse avviandosi. Sentiva un peso nel cuore, una valanga pronta a travolgerlo al minimo tremore.

Lin lo trattenne. – Li conoscevi?

– Sì, lei... – La gola stretta in un nodo quasi non gli permetteva di parlare. – Yia, Shaoqi di mio padre. Si occupava di noi dopo... – Non riuscì a finire.

– Lui?

– Non... non lo so.

– Secondo te cosa è successo? – La voce le tremava, era palesemente spaventata.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now