CAPITOLO 20 - VI

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– Non avevo nessuna ragione per mentirti.

– E che l'esecutore materiale di questo attentato fosse nientemeno che Daomai Xianshu in persona è la prova definitiva a favore della tua sincerità. Non avrebbe avuto alcun vantaggio a farsi annunciare, se non per nutrire il proprio ego.

– Non potrei essere più d'accordo. A differenza del trattamento che hai riservato a quell'uomo. Io l'avrei gettato dal dirupo.

– Quello non avrebbe portato nessun vantaggio a me. Ho tutto l'interesse a fare sì che Daomai, se deve morire, lo faccia fuori da qui, per conto suo e possibilmente senza testimoni. Se veramente nessuno sapeva della sua incursione, il suo corpo congelato non condurrà nessuno alla mia porta, e soprattutto non la sua vedova o gli shu della tribù di Chéng.

– E se dovesse sopravvivere?

– Ci penserà due volte a riprovarci, posto che ne sia in grado. Ah, ecco il kufa.

Una schiava si accostò a Hi con un bollitore a filtro e alcune tazze su un vassoio. Hi la congedò e accennò a Liang. – Vieni, unisciti a noi.

– Sì, tai – rispose lei, obbediente. Prese posto inginocchiandosi alla sinistra di Hi, senza abbandonare il pugnale che depose in grembo prima di sciogliere il lungo abito e sistemarne ordinatamente le pieghe.

– Parli la nostra lingua? – domandò Wuhan sorpreso, guardandola in tralice.

– Non bene come... vollei – rispose Liang. L'imbarazzo le avvampò sul volto accendendo le lentiggini che le spruzzavano le guance. Wuhan la trovò aliena e bellissima.

– Sta imparando – aggiunse Hi versando il denso e scuro infuso nelle tazze. – Sono certa che comprenderà quasi tutto ciò che ci diremo questa sera.

Wuhan prese una tazza. Non era un amante del kufa, ma sarebbe stato scortese rifiutare, e poi chissà, potrebbe avere avuto la necessità di restare sveglio ancora a lungo.

– Anche il mio popolo usa una bevanda simile, – disse Liang mettendo quasi tutte le lettere al posto giusto, – ma la ricaviamo da certe... radici.

Wuhan finse interesse, e rivolse una lunga occhiata alla ragazza mentre lei cercava con fatica le parole.

– Non siamo qui per le radici di kufa, – intervenne Hi, cercando di riportare l'attenzione di Wuhan su di sé, – ma per parlare d'affari. – Come a sancire la formalità del momento, si mise lei pure in ginocchio, drappeggiando la vestaglia sulle gambe.

Wuhan sorseggiò il kufa, e la bevanda gli infuse un altro po' di calore nelle membra. – Sentiamo.

– Come dicevo, avevi ragione, sebbene mi dia molto fastidio ammetterlo. Questo luogo non è inattaccabile. Se tu non mi avessi avvisata, io forse ora sarei morta. Forse lo saremmo tutte.

Wuhan annuì. Tenere gli occhi puntati su Hi era difficilissimo. Liang, alla sua destra, stava composta come la sua padrona ma era sufficiente un gesto, un drizzarsi delle spalle, o un riflesso della luce sui capelli per attirare immediatamente l'attenzione dell'uomo su di lei.

– Devo ammettere, – riprese Hi, – di avere avuto paura. Quando Shédong Huang era ancora vivo c'era un'intera tribù che badava alla mia sicurezza, e ora che devo fare affidamento solo sulle mie forze mi rendo conto che la mia posizione ha bisogno di essere in qualche modo consolidata. Ho deciso, perciò di accettare la tua proposta di matrimonio. Non ho un padre, né un fratello cui tu possa rivolgerti per ottenere l'approvazione, ma penso di essere abbastanza adulta per non averne più bisogno.

Wuhan sorrise, e ancora una volta lo sguardo saettò verso Liang. – Ne sono onorato – rispose, ma senza alcun gesto che lo dimostrasse.

Hi non parve essersene accorta. – Molto bene. La cosa è fatta. Se vorrai, già da domani potrai condurre la tua casa a valle.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now