CAPITOLO 8 - I

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Ventiquattresimo giorno di ottobre

– Che facciamo con mamma e papà? – Taoji prelevò una generosa porzione di composta con un pezzo il pane di cenere, se lo cacciò in bocca e accompagnò il boccone con una lunga sorsata di latte appena munto.

Kai si rabbuiò. Si era svegliata stanca e infreddolita, nonostante la temperatura all'interno della bao fosse piuttosto alta, e con lo stomaco in subbuglio. Era agitata e spaventata, e l'indifferenza che leggeva negli occhi di suo fratello l'inquietava più di tutta l'intera situazione. La sua età e il non avere assistito come lei alla morte dei genitori non erano una giustificazione valida, soprattutto considerando che lui era il preferito di entrambi.

Le erano comparse in sogno immagini, il volto distorto dal dolore e lordo di sangue di Wianlao, la punta di una lama che affondava nella carne e incideva lunghi solchi, e poi la schiena segnata dalle frustate e gli occhi distorti dalla follia di Gulien. Non era in grado di capire se si trattava solo della sua immaginazione o se effettivamente aveva compiuto quelle azioni.

Si costrinse a mangiare qualcosa, ma aveva lo stomaco chiuso.

– Va tutto bene? – domandò Yia con dolcezza, scostandole una ciocca sfuggita alla crocchia dalla fronte.

– Sì – sospirò Kai. – Ho solo dormito male.

– Siamo tutti un po' nervosi e stanchi – replicò Yia. – Se ti va, posso farti un massaggio, stasera. Tuo padre li apprezzava.

Kai si ritrovò a sorridere mentre uno strano brivido le saettava lungo la schiena. E se alla fine Wian avesse avuto ragione? Non le erano mai interessati nemmeno i ragazzi, e sicuramente non aveva mai provato nulla di simile pensando a qualcuno di loro. Ma Yia... era stata la Shaoqi di suo padre, e come una sorella per lei, e quelle sensazioni le sembravano del tutto inopportune. – No, grazie – sussurrò sentendosi le guance in fiamme.

– Come vuoi. Yia non parve accorgersi del suo imbarazzo e si alzò per sistemare le stoviglie.

– Allora – insistette Taoji frugando fra la sua roba alla ricerca dei vestiti. – Che facciamo?

– Non ne ho idea – rispose Kai. – Dovremo fare loro il funerale, bruciare i loro corpi, ma poi? Di noi, che sarà? – Kai si sentiva vuota. Si era accorta di voltarsi ad ogni rumore con la speranza di rivedere sua madre lì, accanto al focolare dove sempre stava durante la colazione, o intenta in qualche altra faccenda, o a discutere con suo padre. Non c'era mai nessuno, e la bao era vuota e silenziosa come il suo cuore. Inutile sperare, non sarebbero più tornati. Non aveva ancora nemmeno potuto vedere i loro corpi, né aveva osato chiedere che cosa Tao e Yia avessero fatto di loro. Immersa in cupi pensieri, vestita a mezzo, sobbalzò di spavento quando il chandao si spalancò.

– È fuggito! – Yia era comparsa sulla soglia, con l'aria terrorizzata.

– Porca merda! – La maschera di indifferenza di Taoji andò in pezzi.

– Che succede? – domandò Kai. – Chi è fuggito!

– Gulien – rispose Taoji, pietrificato.

– Gulien era qui? – Kai era esterrefatta. – Dove?

– Nella tenda degli schiavi.

– Non abbiamo schiavi.

– Ma abbiamo la tenda. L'avevo legato al palo, come ha fatto?

– Non lo so – rispose Yia stropicciandosi le mani e lanciando occhiate in ogni direzione, come temesse di vederselo comparire da un momento all'altro.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now