CAPITOLO 17 - IV

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Dodicesimo giorno di novembre, notte

Non era diventato più semplice.

Dopo Nianghan, Gulien era stato chiamato ai suoi doveri dalla voce nella testa con cadenza regolare, ogni tre o quattro giorni. Prima di ogni chiamata, Gulien sentiva crescere in sé un'inquietudine, come una febbre che sapeva non appartenergli, una spossatezza che l'invadeva fin nelle ossa. In quei momenti, il suo unico desiderio era di montare la zhenbao, chiudersi dentro e abbandonarsi fino a lasciarsi morire. Sapeva che cosa stava per succedere, ma desiderare con tutte le sue forze che non accadesse non serviva a nulla.

Quando calava la notte, l'irrequietezza diventava insopportabile, e Gulien si sentiva trascinato fuori dalla bao, nel buio, magari nella tormenta, con un solo pensiero ossessivo nella mente: nutrirsi.

Anche quel pensiero non era suo, lo sapeva, ma ogni tentativo di scacciarlo, reprimerlo, o perlomeno ignorarlo che aveva messo in atto nelle occasioni precedenti era fallito. Non aveva alcun potere contro quel pensiero, contro quella volontà. Era un burattino nelle mani di un assassino efferato, in grado di scavare prima di tutto dentro la sua anima nera, facendone emergere tutti i peggiori sentimenti, per scatenarli contro la vittima designata.

L'ultima volta, aveva addirittura cercato di dirigere quei pensieri di morte verso Kai.

La ragazzina dormiva, ancora preda della febbre e sotto l'effetto della polvere di fuoco, e Gulien pensò che, per quella volta almeno, non si sarebbe dovuto avventurare nel buio e nella neve, alla ricerca di un soggetto ignaro da massacrare. Di solito si trattava di schiave intente alle loro faccende, o donne di ritorno dalla latrina. La voce nella testa prediligeva vittime giovani, la cui intensa forza vitale potesse fornire un nutrimento duraturo.

Vuoi forse fare questo più spesso? Le aveva replicato la voce quando, contemplando il corpo morente della sua terza vittima, una schiava forse quindicenne a cui aveva prima mozzato la lingua e poi aperto il ventre fino allo sterno, aveva osato domandare se non sarebbe stato meglio accanirsi su vittime più anziane, o deboli, che avessero meno da perdere dalla morte. Sospirando, si era abbandonato alla possessione e, quando si era risvegliato da quel sogno di cui fortunatamente non gli restavano altro che immagini confuse di sangue e sofferenza, della ragazza non restavano altro che gli abiti, la neve inzuppata di sangue e un mucchio di polvere.

Con Kai era stato ancora più inflessibile. La ragazzina non doveva subire alcun danno, e affinché Gulien non si dimenticasse di questa semplice disposizione, ogni dolore che lei provava si rifletteva su di lui. La ferita bruciava, la pelle tirava nel guarire, e aveva l'impressione a volte di sentire il sangue colare sulla pelle. Quando la puliva e la medicava, sentiva ogni strappo delle bende, ogni contatto, ogni reazione alla polvere di fuoco lacerare le proprie carni, e ogni volta pregava perché il tormento della ragazzina finisse presto, così che anche lui potesse smettere di soffrire.

Soffriva, Gulien. Soffriva per ciò che la voce nella testa lo obbligava a fare, soffriva per il rimorso delle sue azioni, e soffriva per il dolore di Kai. Si domandò se ucciderla, tagliarle la gola, avrebbe condotto anche alla propria morte, ma quel pensiero fu subito cancellato dalla certezza che la voce nella testa non gli avrebbe in nessun caso permesso anche solo di estrarre la dao dal fodero.

Quel giorno avevano viaggiato a lungo, diretti verso ovest, in direzione opposta alle tribù che già smobilitavano, fermandosi solo all'imbrunire. Kai stava meglio, il dolore era quasi scomparso e la ferita aveva smesso di suppurare e sembrava avviarsi verso una guarigione completa entro pochi giorni, così almeno quel tormento gli era risparmiato. Aveva cacciato, durante il giorno, ma aveva lasciato a lei il compito di cucinare e rigovernare, così che al momento di mettersi a letto lei fosse quanto più esausta possibile. Per tutto il giorno la sensazione che il momento della caccia stesse tornando era montato in lui con la forza di una marea, trascinando pensieri e volontà nelle paludi della spossatezza. Era crollato nel giaciglio mentre ancora Kai trafficava, certo che la notte sarebbe stata breve, e quando gli occhi si erano spalancati nel buio Gulien si era alzato con un gemito.

Loth - parte terza: AriaWhere stories live. Discover now