CAPITOLO 16 - VI

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Decimo giorno di novembre

– Quella polvere di fuoco è magica. – Kai aveva sollevato il tampone a esporre le ferite ormai ridotte a lunghi segni rossastri. – Pensi che possa togliere le bende?

Gulien cucinava, rimestando svogliatamente un qualche tipo di stufato in un wok. – Fammi vedere. – Sfiorò le cicatrici, poi premette con decisione.

Kai dovette mordersi il labbro per non gridare. Aveva fatto ogni tentativo per mostrarsi forte, ma Gulien le aveva proibito persino di alzarsi dal giaciglio, occupandosi di ogni sua necessità e, due volte al giorno, medicandole le ferite con spiccia sollecitudine.

– Fa male?

– Un po' – mentì. In realtà, bruciava parecchio. – Va... tutto bene? – Kai, distesa nel giaciglio, non riusciva ad avere una visuale chiara della propria pancia.

Gulien annuì. – Le cicatrici sono ancora arrossate, ma è normale, e la carne intorno non è infetta. Puoi tornare al lavoro.

Con un sospiro, Kai abbassò l'orlo della giubba del fan, accasciandosi tra le coltri.

– Quando dico tornare al lavoro – proseguì Gulien, che nel frattempo era tornato a rimestare la cena – intendo adesso. Vestiti, e vai a strigliare i cavalli.

Kai sbuffò. Dopo quattro giorni di convalescenza, cominciava ad apprezzare il piacere dell'ozio, e anche della solitudine. Gulien era spesso lontano, e questo le lasciava una gran quantità di tempo a disposizione per pensare, dormire e soprattutto annoiarsi, ma strigliare i cavalli, magari sotto una nevicata, non era esattamente la sua idea di passatempo.

– C'è qualcosa che non va? – domandò Gulien senza nemmeno voltarsi. Aveva il tono del campo di addestramento, quello del fu.

Kai sospirò. – No.

– Bene, allora vai. E procurati anche dei rami per il fuoco.

– Non sono la tua schiava.

Gulien si voltò come una vipera. – E io non sono tua madre, quindi non ti permettere! Sono il tuo zhenfu, invece, e tu sei il mio baizhen. Gli ordini che...

– L'hai ammazzata, mia madre! – ritorse Kai, la sua rabbia appena ridimensionata da una vampa di fuoco al ventre.

Gulien non si voltò, per nulla imbarazzato. – Ti ho già chiesto scusa, per quello. Ora ci siamo solo io e te, e l'unico tuo dovere è obbedire.

– Ti ci puoi pulire il culo, con le tue scuse – ringhiò Kai. Era la prima volta che affrontavano l'argomento da quel giorno, e Gulien sembrava voler fare di tutto per perdere quel po' di credibilità che si era guadagnata da allora. – Mi hai salvato la vita, ma questo non ti mette al riparo da...

Gulien scattò come una vipera. Voltatosi di scatto, l'afferrò per la giubba, tirandola a sé con violenza. – Bada, – ringhiò – ho ammazzato i tuoi, posso ammazzare anche te e questa volta non resterebbe nessuno a testimoniare.

Kai non abbassò gli occhi. Quelli di Gulien erano febbricitanti e le labbra, punteggiate da goccioline di saliva, tremavano leggermente. Gli afferrò il polso con entrambe le mani, stringendo con tutte le sue forze, e lui mollò la presa. Non aveva nessuna paura di quell'uomo, e questo era ancora più spaventoso. – Ho ucciso tuo figlio, – sussurrò, – posso ammazzare anche te.

Gulien esitò. Forse era lui, ora, quello che aveva paura. – Bada – ripeté, ma molto meno convinto di prima. – E ora i cavalli, e la legna.



Kai tornò più di un'ora dopo, intirizzita e con qualche ramo secco tra le braccia. – Non c'è molta legna – disse scaricandole sul pavimento. – A meno che non mi procuri un'accetta.

Loth - parte terza: AriaOnde histórias criam vida. Descubra agora