Capitolo 30.

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-Se non trovo la nutella faccio un omicidio.-

Erano solo le quattro del pomeriggio e stavo già morendo di fame, come se a pranzo non avessi mangiato nulla. Eppure non avevo lasciato nemmeno una briciola o uno schizzo di sugo di quei buonissimi bucatini alla amatriciana che aveva preparato Roberta, persino la scarpetta avevo fatto fuori, ma al mio stomaco non era bastato. Ogni tanto mi capitava, quella fame bestiale che non sai mai con cosa saziare, e che poi ti lascia per mesi o anni quella ciccia superflua sui fianchi. Ma se non riempi quel buco finisci per evocare il brontosauro che è in te facendo una pessima figura. Avevo resistito per un bel po', era da ormai venti minuti che combattevo, ma lo spuntino pomeridiano a base di nutella andava fatto obbligatoriamente. Il problema era trovarla. Sapevo fosse in casa, ma qualcuno l'aveva spostata dal suo solito posto.

Avevo controllato tutti gli stipi della dispensa, e solo quando avevo ormai perso le speranze mi resi conto che lei era lì, sempre nello stesso sportello, solo un ripiano più alto, nel quale io ovviamente non arrivavo. Inizia a saltare cercando di afferrarla ma sembrava un'impresa ardua e impossibile. Ero una tappa in altezza e troppo pigra per prendere una sedia e salirci su in modo da riuscire a prendere il mio tesoro.

Sentii qualcuno alle mie spalle, quel qualcuno. Non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi e chiedere di prenderla al posto mio, nemmeno aprii bocca che mi ritrovai schiacciata contro il mobile della cucina. Alzò di poco il braccio e con estrema facilità prese il barattolo al posto mio, mettendolo poi davanti a me.

«Sei proprio una nana Vic.» sussurrò a due millimetri dal mio collo. Da giorni ormai ci aveva preso gusto a stuzzicami.

«E pazienza, magari un giorno ti assumerò come pinza prendi oggetti.»

«Mh... volentieri piccola.» rispose continuando a tenermi bloccata in quella posizione.

«Sarebbe ora di lasciarmi respirare, non credi?»

«Sì.» sembrò una risposta decisa, ma i fatti non erano concordi. «Sarebbe, ma mi piace stare così.» ecco che passava dall'essere gentile al suo lato perverso in un battito di ciglia. Sicuramente alla sua amica Katie-gomma sarebbe piaciuta una situazione simile, ma a me iniziava a stancare. Amici sì, ma lui tentava sempre di finire oltre. Insopportabile, ecco come era.

Allungò una mano per prendere un cucchiaio dal cassetto accanto a noi.

«Apri il barattolo.» mi ordinò.

«Tu lasciami.»

«Non ho fretta di andare via. Apri. Tranquilla, non te la rubo.»

Sbuffai, ma poi eseguii i suoi ordini, sapevo non avrebbe ceduto.

Riempì il cucchiaio e me lo portò alla bocca. Con occhi sognanti la mangiai subito, era il mio amore quella sostanza a base di latte, cacao e olio di palma. Lo riempì di nuovo, ed io aprii la bocca pronta per un'altra cucchiaiata che invece finì della sua di bocca. Dire che ci rimasi di merda rende chiaro il concetto.

«Avevi detto che non la rubavi o sbaglio?»

«Infatti la sto mangiando, non rubando.» peccato che fosse alle mie spalle, sennò lo avrei trucidato con lo sguardo. «Dai rilassati.» strofinò una mano sulla mia spalla.

«Lo farei se il tuo super coso lì non sarebbe conficcato nelle mie vertebre lombari.» mi lamentai della situazione poco casta. Devo ammettere però che la mia scarsa altezza mi aiutò, bastavano una decina di centimetri in più e la situazione sarebbe stata ben peggio.

Ovviamente lui ridacchiò. «Scusa.» si spostò di poco per poi farmi voltare verso lui. Faccia a faccia, o sarebbe meglio dire faccia e pettorali, soprattutto se aggiungiamo il fatto che lui fosse senza maglietta.
Tornò a bloccarmi. Osservai meglio e per un attimo credetti che fosse arrivato agosto a metà dicembre. Era solamente in boxer, e cominciava a fare un po' troppo caldo.

Il fratello della mia migliore amica è uno stronzo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora