Capitolo 22.

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Anche quel lunedì mattina era arrivato il momento del mio risveglio traumatico per via della maledetta sveglia. Avevo davvero troppo sonno per alzarmi, e lei non era nessuno per impedirmi di continuare a dormire. Così la afferrai alla meglio e la scaraventai contro il muro, facendola finalmente smettere di suonare.

«Victoria, svegliati su. Io sto andando, oggi inizio a lavorare, vedi di alzarti subito.» urlò mia madre dal corridoio dopo neanche cinque minuti che avevo ripreso sonno.

Sbuffai coprendomi la testa col cuscino. Non avevo davvero alcuna voglia.

Sentii la porta chiudersi e così chiusi gli occhi anche io, giusto qualche altro minuto ancora.

*Driiiin. Driin*

Venni svegliata nuovamente, ma questa volta dal campanello. Non mi scomodai ad alzarmi. Provai a riaddormentarmi per la terza volta, ma nulla, quel citofono continuava a suonare. Mi alzai di malavoglia e trascinai i miei piedi fino a fuori dalla stanza.

«Chi cazzo è che rompe?» risposi ancora assonnata, non preoccupandomi di chiunque fosse al campanello.

«Vicky, ma porca miseria, sono le otto e ancora dormi!!» le urla di quella che doveva essere Alice mi perforarono i timpani.

«Ehm sì, ora scendo...» sbadigliai «Giusto il tempo di una doccia, e vestirmi e poi magari coprire le mie occhiaie con qualcosa... e poi se non ti dispiace aspettare farei anche colazione.»

«Tu sei matta, io non ti aspetto, ci vediamo a ricreazione.» così dicendo se ne andò via.

Non capii tutta quella fretta, dovevano essere si e no le 7:30. Così credevo prima di prendere il cellulare e leggere 08:02.

«Ma che cazzo...» sbuffai, e iniziai a prepararmi velocemente, con la voglia sempre pari a zero. Velocità o no sarei comunque arrivata in ritardo, e sinceramente poco mi importava, per cui la doccia la feci lo stesso.

Dopo essermi vestita presi la borsa, e specifico: non zaino o borsa coi libri, proprio la borsa che usavo solitamente per uscire. Mi maledii per non possedere un paio di occhiali da sole, mi sentivo un vampiro alla luce del sole. Gli occhi bruciavano terribilmente, li tenevo aperti a stento e tutto ciò aumentava il mio leggere mal di testa che mi accompagnava dal momento in cui misi piede in terra quella mattina.

Non mi truccai nemmeno e, con qualche difficoltà, andai dritta dal mio amico Theo per la mia colazione.

«Ecco a te..» mi servì il mio caffè, e come sempre mi presi pure le occhiatacce dalla gente che attendeva in fila. «Voglia di andare a scuola pari a zero?» domando, ed io mi limitai ad annuire con la testa, non avevo le forze nemmeno per parlare.

Pagai e andai via salutando con un cenno di testa.

Mi incamminai verso il carcere nonostante non fossi ancora pronta ad affrontare i lavori forzati che mi aspettavano lì.

«Vic.» mi sentii chiamare, e voltandomi con una lentezza assurda vidi Zayn in macchina. Mi fece segno di salire, e senza farmelo ripetere entrai in macchina, almeno mi sarei risparmiata qualche passo.

«Dov'è lo zaino?» chiese. Ed io lo guardai come se non capissi ciò che diceva. Era strano quel mio essere, la sera prima non avevo nemmeno bevuto, eppure mi sentivo come ci si sente dopo una sbornia colossale. 

«Ok, non sei ancora attiva...»

«Per nulla.» mi stropicciai un occhio che ancora non voleva sentirne di attivarsi completamente «Senti vai piano così mi do una sistemata.» dissi prendendo il correttore dalla pochette che tenevo in borsa. Stranamente mi ascoltò, ma non appena feci per applicarlo accelerò per poi frenare di botto facendomi cavare l'occhio con un dito.

Il fratello della mia migliore amica è uno stronzo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora