«No. Mettili tu invece di darli a me, non ne ho bisogno io.» mi lamentai togliendoli e posandoli sul cruscotto. Ma lui non contento me li rimise in faccia. Poi aprì il bauletto portaoggetti estraendone un altro paio da una custodia che si trovava all'interno, del medesimo colore, sempre Ray-Ban, ma modello aviator.

«Io metto questi, così faremo invidiare la gente, siamo due fighi.» risi per la sua convinzione e soprattutto per il modo in cui si ammirò allo specchio. Era sempre così sicuro di sé e vanitoso. Una ragazza era nulla in confronto a lui e il sue apparire sempre perfetto e impeccabile.

«Al massimo io sarei figa, e comunque a me stanno male gli occhiali da sole.» provai a toglierli nuovamente, ma lui mi bloccò abbassando il mio braccio.

«Ma ti sei mai vista? Sei stupenda.» abbassò il parasole e mi fece segno di guardarmi all'interno del piccolo specchio che vi era attaccato. Effettivamente aveva ragione. Non che fossi proprio stupenda come mi aveva definita, ma ero abbastanza carina, mi stavano bene. «Mi credi adesso?»

«Sì.» Non lo dissi con molto entusiasmo, ma lui sorrise lo stesso compiaciuto.

Finì di mettersi comodo e accese l'auto, per poi partire. Sicuramente non era la prima volta che salivo in macchina con lui alla guida, ma fu la prima volta che guidò in modo pacato e senza fare sgommate alla partenza, o frenate brusche durante il tragitto. Mi stupii devo ammetterlo.

«In quale centro commerciale ti lascio?» abbassò il volume dello stereo che aveva avviato poco prima.

«Puoi lasciarmi benissimo in centro, non vado al centro commerciale da sola.»

Annuì. «Come mai non hai l'acciughina dietro?» Scoppiai a ridere sentendo il nome con cui aveva affibbiato Alice. Le dava spesso nomignoli strani.

«Ritiene più importante scambiare messaggi con tinello» Risposi riprendendomi. E 'stavolta fu lui a ridere.

«Ha perso il cervello con quello.» Non c'erano parole più vere. Ormai immaginavo da giorni una struttura cerebrale del cervello di Alice, e non esisteva più nessuno lobo frontale, parietale o temporale, no, ne esisteva solo uno unico: lobo Niall.

«Concordo.» picchiettai le dite sul tessuto che rivestiva la portiera guardando fuori. «E tu, dove devi andare invece? Da qualche bionda ossigenata tutta culo e tette?» Ero curiosa, e non era da me. Lui sorrise e dondolò la testa negando la mia ipotesi.

«Non mi piacciono nemmeno quel tipo di ragazze.» Controllò che nessuno arrivasse dall'altra parte della strada prima di svoltare a destra. «Vado a prendere la nuova auto e mollo questa.» soddisfò finalmente il mio desiderio di sapere.

«Come mai? So che non l'hai comprata da molto questa e non che io ne capisca di macchine ma, questa sembra in ottime condizioni.»

«Si, lo è.» controllò ancora un altro incrocio. «Come avrai visto in questo ultimo periodo non la uso più, e non è perché non mi piaccia o mi annoia guidare. Non la uso più solamente perché ogni qualvolta entro qui, e sono solo, mi riaffiora in mente tutto il casino che ho combinato con te e non riesco a guidare, il cervello si annebbia di brutti ricordi. Non vorrei rischiare qualche incidente.» spiegò.

Non seppi cosa dire, non pensavo minimamente che potesse avere un problema simile. Evidentemente mi mancavano tanti pezzi del puzzle riguardanti il suo stato d'animo, il suo essere interiore. Non parlavamo mai seriamente, non ci eravamo chiesti nessun come stai, ci eravamo solo limitati a parlare di superficialità. Una cosa sola avevo capito: nessuno dei due stava come voleva fare vedere agli occhi degli altri.

Annuii e mi sforzai di fargli un piccolo sorriso per non farlo sentire più in colpa di quanto non si sentisse già.

Il traffico era immenso quel giorno, così come il livello di smog, tant'è che rimanemmo bloccati più del previsto. Nell'abitacolo si sentiva solo il sottofondo di una canzone pop che andava in voga in quel periodo, alternata al suono del clacson di qualche autista imbestialito dalla lunga attesa.

Il fratello della mia migliore amica è uno stronzo!Where stories live. Discover now