Per me si va nell'eterno dolore

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(settimo girone, per il momento delegato a punire i peccatori contro logica e conoscenza)
Le anime affini al fuoco erano relegate dentro caverne di ghiaccio: quel freddo non sarebbe mai passato.
Le anime affini all'acqua erano tenute prigioniere su isole di roccia incandescente in un mare di magma: quel calore era eterno.
Le anime affini all'aria erano confinate in strette e anguste caverne sotterranee: nessun orizzonte per loro, solo claustrofobia eterna.
Le anime affini alla terra erano tenute sospese in un cielo sconfinato e condannate a una perenne caduta senza fine e senza arrivo: nessuna stabilità, solo vertigine e confusione.
Le anime affini alla luce brancolavano nel buio più assoluto: un'esistenza in un mondo di tenebra dove la vista non esisteva e dove gli altri sensi non serviva a niente, poichè tutto era silenzio e mancanza.
Le anime affini al buio erano accecate da una luminosità così forte da ferire gli occhi: una luce che non si sarebbe mai spenta e che nessuna palpebra poteva fermare, una luminosità che gli avrebbe ferito il cervello come una lancia.

Tra tutti i dannati che in vita avevano malamente seguito il dio Nuvak, quelli che erano stati maghi si riconoscevano dagli altri perché il loro tormento era maggiore: provavano incessantemente a evocare formule nella lingua dei draghi ma nessuna magia rispondeva al loro appello.
Forse non erano stati abbastanza logici, forse non si erano impegnati abbastanza come maghi, forse avevano percorso sentieri indegni nella ricerca del potere Arcano: tutti loro però in quel luogo venivano puniti.

I carnefici non sembravano neanche apparire in prima persona: ogni tanto una forma caotica spuntavano accanto a un dannato e pronunciava frasi senza senso, mentre il suo corpo mutava in forme prive di razionalità.
Essere privati della magia, vivere nell'esasperazione dell'elemento opposto, venir continuamente sottoposti a illogicità: questa era la punizione e non avrebbe avuto fine.

Contemporaneamente, in quello stesso girone ma in un luogo lontano centinaia se non migliaia di leghe, vi era una gigantesca biblioteca.
Sui suoi tavoli non c'erano libri ma i corpi stesi e nudi di coloro che avevano peccato contro la signora della conoscenza.

Come tanti sadici chirurghi, i carnefici scoperchiavano le calotte craniche dei dannati e ne estraevano ciò che appariva come pergamene e libri e papiri, che finivano poi sulle mensole della biblioteca. Coloro che in vita avevano fallito nel conservare memorie e nel ricercare la conoscenza adesso venivano puniti con la perdita di entrambe le cose.
Quando un dannato era completamente vuoto nella sua mente allora veniva fatto ciondolare in giro liberamente: come un bambino al suo primo giorno di vita, incapace persino di reggersi in piedi e privo della capacità di capire dove si trovasse.
Tuttavia, appena un tavolo della biblioteca si liberava, i carnefici violentemente vi scaraventavano sopra qualcuno'altro dei dannati che ciondolava in giro: per rendere eterno quel supplizio infatti, le menti di quelle anime dannate riacquistavano piano piano una parvenza dei loro ricordi e delle loro conoscenze perdute ... un brandello di ciò che avevano amato in vita. Appena questo accadeva, i carnefici le riportavano sul tavolo del supplizio, trascinandoli urlanti e spaventati, per privarli di nuovo di ciò che avevano riconquistato.Il candidato ebbe un brivido: quella violenza non era meno terribile della tortura.
Il mondo attorno a lui cambiò di nuovo



(ottavo girone: da sempre deputato ai peccatori contro la legge)
Vi era quasi sempre stato un penultimo girone dedicato ai peccatori verso Feyth: quasi, perchè il caos non aveva regole.
Rahs trovava divertente tenersi vicino i peccatori del dio della legge.

Il candidato ci mise un po' a capire come fosse strutturato quel luogo: sembrava quasi una parodia di Antheliar.
Il penultimo girone era un complesso teatro con attori involontari: una sorta di crudele gioco di ruolo.

Sui troni di giganteschi neri castelli, sedevano i carnefici più potenti.
Le anime dannate che in vita avevano indegnamente servito Feyth erano la loro corte: obbligati a giurare fedeltà a quei signori infernali.
Ovviamente molte anime si rifiutavano e per questo venivano torturate nelle maniere più crudeli: uno strazio eterno per loro che non potevano più morire. La scelta era tra il dolore oppure giurare fedeltà ai carnefici.

Gli infernali signori di quel girone utilizzavano i dannati per giochi di potere e guerre.
Gli ordini che i dannati ricevevano erano di fare agguati, assassini della notte, sotterfugi e tortura sulle anime catturate mentre erano al servizio di un carnefice rivale. Anime dannate obbligate a torturare i feriti, tagliare gole e spergiurare.
Questo ovviamente in tempo di guerra: vi erano quasi sempre conflitti tra i carnefici che governano il girone, tuttavia alcune anime dannate non avevano un utilizzo bellico. Dannati che in vita erano stati nobili adesso si ritrovavano con il cappello e i sonagli del buffone, dame che in vita erano state ricche e altolocate adesso venivano costrette a osceni giochi erotici per il piacere dei loro padroni.

Obbligati a commettere ogni tipo di nefandezza fino allo schifo verso se stessi, avendo come alternativa soltanto la tortura eterna.

Il candidato sapeva che nei recessi di quel girone c'erano anime che venivano torturate da migliaia di anni: anime che si erano rese conto dei loro peccati e che, per questo, avevano scelto il dolore piuttosto che infangare anche dopo la morte gli insegnamenti di Feyth.
Chissà se la dannazione anche per loro sarebbe stata eterna?
Poi il mondo cambiò per l'ultima volta



(nono e ultimo girone: il caos che punisce se stesso)
Non era possibile definire quel luogo se non come "inferno".
Orde di anime dannate si scontravano in violente risse, in alcuni casi veri e propri battaglie campali contro schieramenti di altri dannati o persino contro i carnefici: l'intera superficie di quel vasto girone (grande abbastanza da comprendere vari regni mortali, forse vari mondi) era un gigantesco scenario di guerra, un'orgia di violenza, sangue e urla.
Sembrava che alcuni dannati riuscissero a organizzarsi in vere e proprie brigate e persino a tenere il controllo alcune parti del territorio: tuttavia gli schieramenti e le posizioni cambiavano con caotica velocità. Non c'era e non ci sarebbe mai stato un vincitore di quella guerra senza regole.

Visivamente l'ambiente era una pianura brulla, dominata dai colori nero e rosso, cosparsa di fiumi di lava e ricca di rocce aguzze, di fossati e di antiche trincee scavate decine o forse migliaia di anni prima.
Una battaglia senza fine nella quale erano scaraventate le anime che avevano tradito la dea Rahs stessa. Quello era l'inferno di coloro che in vita avevano liberamente scelto l'inferno ma che non erano riusciti a guadagnarselo.

La cosa più sorprendente era che le anime dannate riuscivano a volte persino a sconfiggere i carnefici: si trattava ovviamente soltanto una vittoria temporanea, tuttavia il candidato vide coi suoi occhi una gigantesca armata di anime dannate riuscire a smembrare un carnefice ... uno spettacolo impensabile negli altri gironi.
Non c'era morte nell'inferno, quindi i corpi di tutti gli sconfitti si ricomponevano dolorosamente poco dopo. Tutto questo in eterno.

Il candidato notò come sembrava persino non esserci un confine netto tra i dannati e i carnefici: a volte un'anima assumeva le sembianze di un carnefice anche se era un dannato, avveniva di solito dopo una grossa vittoria proprio contro un carnefice oppure quando un dannato riusciva a prendere il controllo di una vasta banda o in circostanze simili.
Viceversa un carnefice, magari sconfitto da un gruppo di nemici, sembrava diventare lui stesso un dannato.
Nel cuore dei Nove Inferi, vicino al Trono di Rahs, tutto era caos: persino la sacra e ferrea divisione tra carnefici e dannati.
Perchè quella divisione era una regola e il caos non poteva avere regole.
Eppure c'erano sicuramente anche carnefici che non sarebbero diventati dannati e dannati che non sarebbero mai ascesi a carnefici: perchè anche non avere regole era una regola.

Verso il centro di quel vasto pianoro di violenza, vi erano quattro alte colonne di basalto: vertiginosa era la loro sfida in verticale ... centinaia di iarde? Migliaia? Leghe intere? Il candidato non avrebbe saputo dirlo.
In cima a ognuna di quelle gigantesche colonne si stagliava una figura: sembravano carnefici ma erano molto più grandi, più inquietanti e più spaventosi rispetto a qualunque carnefice il candidato avesse visto.

Uno pareva non avere nemmeno una forma definita: appariva solo come un insieme vorticoso di materia e spirito, incapace (o, forse, disinteressato) di mantenere la stessa forma per più di pochi istanti. Per brevi momenti appariva come un umano o un elfo o un orco (raramente come un orco), poi sembrava diventare un insieme di animali o di oggetti fusi insieme, per poi assumere l'aspetto di qualcosa che non aveva un nome.

Sopra la seconda colonna, vi era un essere con forma di ibrido tra orco e serpente: sembrava un immenso capo guerra barbaro, alto il triplo rispetto ai già enormi carnefici, completamente nudo e con i lunghi capelli neri al vento. Tuttavia la sua pelle era ricoperta di scaglie e grondava veleno multicolore dalle unghie e dalle zanne.
Con gioia faceva precipitare quel veleno, in maniera caotica tanto sui dannati quanto sui carnefici sotto di lui, che pareva accogliere quella pioggia con un misto di dolore ed estasi.

Qualcosa di alto e pallido stava sulla terza colonna, l'unico essere dalla pelle così bianca che il candidato avesse mai visto in quegli inferi: pareva un elfo a causa dei suoi tratti delicati e della sua carnagione.
Nelle mani aveva fruste dai molti crudeli barbigli, con i quali frustava tutto ciò che passava sotto alla propria colonna: allungando a dismisura le proprie armi fino a colpire punti lontanissimi di quella pianura, rideva e godeva senza curarsi di cosa colpisse: anime dannate e carnefici cadeva a terra sotto le sue sferzate con eguale facilità.

Il quarto di quegli esseri indossava un'armatura completa, ricoperta di rune che parlavano del potere di Rahs, persino l'elmo era così massiccio da impedire di vedere il suo volto: era un cavaliere nero la cui voce si estendeva per tutto il girone e, ai cui ordini, tanto i carnefici quanto i dannati erano costretti ad obbedire.
A volte ordinava che una piccola banda di dannati caricasse senza motivazione un agguerrito gruppo di carnefici, altre volte pretendeva duelli nei quali sceglieva impari armi o condizioni di lotta assurde: tutto questo senza mai scendere dalla colonna, poichè bastava la sua voce a imporre gli ordini. Una prepotenza alla quale nessuno poteva sottrarsi, una vera opera di prevaricazione incurante dei desideri altrui.

E fu allora che il candidato capì chi fossero i quattro in cima alle colonne dell'inferno: erano i Celestiali al servizio di Rahs stessa e portavano i nomi di Caos, Veleno, Dolore e Sopraffazione.
Celestiali degli inferi, certamente, ma sempre Celestiali: le più potenti creature del cosmo dopo gli Dei stessi.

Tuttavia non erano loro il fulcro del girone: nel punto esatto tra quelle quattro colonne vi era il centro dei Nove Inferi.
Quel fulcro era gigantesco, in continuo movimento, in un cambiamento eterno e caotico del proprio essere: c'era sempre qualche elemento femminile nella sua figura, anche se era difficile definire quale, e quasi sempre si poteva notare scaglie di serpente o lingue biforcute o veleno che colava lungo la sua cangiante figura. 
Sotto la massa senza forma si poteva a tratti intravedere un trono di pietra, scuro come la notte e pesante come un continente: a volte inglobato da quella forma caotica e a volte invece ben visibile. Era il trono da cui regnava quella tempesta in continuo mutamento nel cuore dei Nove Inferi, quell'essere immenso tanto da far apparire piccole persino le quattro colonne dei Celestiali, che pure erano alte come montagne. 
Quello era il centro dell'inferno.
Quella era la dea Rahs in persona.

Davanti a lei vi era una piattaforma di pietra: alta, perfettamente rotonda, ricoperta di rune che parlavano di prigionia eterna e tortura, cosparsa di incandescenti catene sfrigolanti gocce di veleno: la postazione per un dannato che ancora non c'era, l'unica anima di Antheliar che Rahs aspettava con ansia di poter torturare di persona.
Il candidato aveva udito il nome di chi avrebbe avuto quel doloroso onore: colui aveva sfidato il comando degli Dei più di qualunque altro vivente ... il Demonologo.
La sua punizione negli inferi lo stava già aspettando

Tuttavia non c'era tempo per pensare a quello: l'immane vortice della Dea pulsava incessantemente e pareva ogni secondo di essere sul punto o collassare o di ingigantirsi per inglobare l'intero proprio regno.
Improvvisamente un occhio verde, un occhio da serpente, apparve per un attimo su quella gigantesca figura. 
Il candidato capì con terrore che la dea lo stava guardando.
Il termine "terrore" tuttavia era inadatto a descrivere la sensazione: nessuna parola mortale poteva in alcun modo descrivere il brivido che il candidato provò.
Perchè quell'occhio era di Rahs in persona

Lo scambio di sguardi durò solo un secondo, poi l'occhio venne riassorbito dalla massa caotica della Dea. In quel secondo il candidato avrebbe ucciso la sua famiglia, torturato innocenti, sterminato donne: tutto questo solo Rahs avesse parlato. Non era assolutamente importante la propria volontà: niente era paragonabile al potere di dominio di una Dea.
Niente, nemmeno i Celestiali, avevano preparato il candidato a quel livello di potere indescrivibile: Rahs emanava un'aura di potenza così assoluta che avrebbe potuto annichilire l'anima stessa del candidato senza nemmeno accorgersene ... senza sforzo, con indifferenza e forse persino senza volerlo, al pari di un umano che calpestasse un formica.

Fu in quel preciso momento che mille bocche comparvero sulla massa vorticante che era Rahs e all'unisono parlarono con mille voci differenti:
"Attraverso di me ... per mezzo di me ... PER ME SI VA NELL'ETERNO DOLORE!"
Quella voce ... il candidato non avrebbe mai dimenticato quella voce: bellissima e terribile, terrificante e seducente, potente e fragorosa, materna e sadica, crudele e sarcastica, dolce come miele velenoso e capace di incidersi nel cuore per non andarsene mai più.

I quattro Celestiali esultarono con grida che avrebbero spezzato il cuore delle montagne.
I carnefici sotto di loro urlarono con milioni di voci differenti .
Il candidato urlò a sua volta mentre la propria mente vacillava.
La Dea lo aveva visto e lo aveva riconosciuto come un'anima che si era votata a lei: adesso lui le apparteneva.
Svenne.

Ovviamente un'anima non poteva svenire ma, si sa, il caos non può avere regole

Di luce riempiròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora