La soglia di tutti i nostri sogni

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Solo quando la città fu davanti a loro capirono perché avesse quel nome.
Perché quella era senza ombra di dubbio La Soglia di tutti i loro sogni.

Le mura cittadine erano alte almeno quindici metri e non semplici palizzate in legno ma solide mura di grossi mattoni squadrati e robusta malta. Sui camminatoi superiori c'erano delle guardie armate di archi e protette da corpetti di cuoio borchiato. Le bandiere della città garrivano al vento enormi e colorate, col simbolo di un arco di pietra su sfondo bianco con al suo interno la sagoma di una montagna.
La lunga strada che li aveva condotti fin là dal villaggio si concludeva davanti ad un grande portone di legno e placche di duro acciaio: per i ragazzi quella era sempre stata la via commerciale che collegava l'est con l'ovest della Grande Vastità, qualcosa di immutabile ed eterno come l'alternanza del giorno e della notte. Nessun abitante del villaggio (tranne il mercante) pensava che ne avrebbe visto una delle due estremità; alcuni dubitavano persino che la strada avesse una fine, mormorando che invece protraesse all'infinito oppure che, percorrendola tutta, fosse possibile tornare al punto di partenza.
Tutti loro avevano fantasticato su quelle storie fin da bambini, immaginando cosa ci fosse oltre l'orizzonte.
Tuttavia quello era il passato.
Il presente invece era rappresentato da loro davanti al portone d'ingresso della città de La Soglia. Al termine della lunga strada e della Grande Vastità, alle pendici delle montagne.

Un numero inconcepibile di leghe alle loro spalle, da qualche parte in riva al mare, c'era il capo opposto della strada: il grande porto di Camelyn. In mezzo tra questi due punti c'era tutta la Grande Vastità, con tutti i suoi prati, radure, boschetti, colline, fiumi e valli.
Durante gli ultimi giorni del viaggio verso La Soglia, i ragazzi erano rimasti lungamente a parlare con Erucallo ed Eruancalon, che erano viaggiatori molto esperti: i due elfi gli avevano spiegato come la Grande Vastità non fosse tutta come nei dintorni del loro villaggio di origine: in alcune zone i boschi erano più diffusi (anche se non come oltre le montagne), c'erano valli profonde come gole e persino altissime colline. Raccontarono di piccole foreste perennemente avvolte dalla nebbia e di baratri che portavano a caverne che, a loro volta, si estendevano per leghe nel sottosuolo. Ovviamente parlarono anche delle ricche città della costa occidentale, che potevano commerciale con le grandi isole di Etheria e Selentine.
Fu un racconto che sconvolse molto i ragazzi, con non poco stupore degli elfi: Sarita aveva viaggiato un po' con suo padre e si era resa conto della varietà del mondo ma nemmeno lei aveva mai immaginato qualcosa di così radicale. Gli altri ragazzi erano letteralmente storditi: sapevano di non conoscere niente del mondo ma almeno sulla Grande Vastità avevano delle certezze. Scoprire che non fosse solo una gigantesca pianura verde li aveva colpiti: era la demolizione di una delle poche semplici colonne che avessero ancora. Quando gli elfi se ne resero conto cambiarono subito discorso.

L'ultima mezza lega prima delle porte de La Soglia venne fatta più lenta che a passo d'uomo: c'erano due file parallele composte da carri, carretti ed ogni altra forma di mezzo su ruote. La fila di sinistra era nettamente più lunga ma scorreva assai velocemente: il carro in testa si presentava alla guardia sul lato nord della porta e veniva rapidamente fatto passare, spesso anche con qualche frase amichevole ed un sorriso.
La fila di destra invece era molto più corta ma enormemente più lenta: la guardia sul lato sud della porta ascoltava con attenzione ciò che i visitatori avevano da dire, ispezionava il carico e spesso consultava una pergamane appesa alla propria guardiola prima di chiedere delle monete al carrettiere di turno, che solo allora veniva fatto passare.
"Non possiamo spostarci sulla fila più veloce?" suggerì Lawrence semplicemente perché gli sembrava assurdo fare diversamente.
"Geniale" rispose Atanvarno con sarcasmo "Perchè non ci ho pensato prima?"
Rinon scoppiò a ridere sonoramente ma rispose comunque al ragazzo: "La fila di sinistra è per i cittadini de La Soglia mentre quella di destra è per gli stranieri".
"Ma questo non è giusto! Solo perché siamo stranieri ci tengono qui per ore".
"Tu vorresti fare la fila per tornare a casa tua ogni volta che esci?" le chiese Aranel la scura.

Sarah ci pensò su ma, prima che potesse rispondere una qualunque cosa, una voce a lei sconosciuta riempì l'aria:
"Messer Atanvarno!"
L'uomo era sceso da un carro posto una ventina di metri più avanti e iniziò subito a cercare di attirare l'attenzione dell'elfo.
"Che piacere rivederla!" continuò "Una coincidenza davvero felice".
Nonostante il sorriso stampato sulla faccia, era palese che Atanvarno non avesse la più pallida idea di chi fosse quella persona. Data la capacità mentale dell'elfo, questo poteva significare solo che quell'uomo fosse di nessun interesse per lui.
"Non pensavo di rivedervi così presto! Come vi è sembrato quel carico di peperoncini dei ghiacci?"
Era l'indizio che Atanvarno cercava: "Ah, mastro Antony, che piacere! Certo, mai sentiti peperoncini dei ghiacci così piccanti e con un prezzo così conveniente. Mi chiedo se ne abbiate ancora con voi".
"Purtroppo no!" fece l'uomo appoggiandosi al carro, subito sotto la cassetta dalla quale l'elfo non accennava a voler scendere "Oggi non sono qui per vendere ma per comprare. Anzi speravo che in questo noi non si debba essere rivali, dato che vorrei fare incetta di ..."
"Cinnamomo" lo precedette Atanvarno "Spiacere, mio vecchio amico, ma è mia intenzione mettere le mani su quanto più cinnamomo mi sarà possibile".

Di luce riempiròWhere stories live. Discover now