Mentre le loro vite correvano verso lo stesso domani

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(Massiccio del Grifone, ai piedi di un drago di pietra)

Dalla caverna provenivano odori di muffa, freddo e gelo, evocando scenari di grotte sotterranee immense, umide, prive di vita ... auspicabilmente prive di vita.
Si poteva solo immaginare quali esseri mostruosi avrebbero potuto abitare un tale luogo.
"Non posso credere che andremo in un posto ancora più freddo di queste cazzo di montagne!" fece Lawrence "Come può fare tanto freddo? Siamo in estate!".
"In realtà è quasi autunno: la festa di Mabon è alle porte" rispose Sarita.

Alexander stava squadrando l'interno della caverna, al punto che il suo sguardo era così concentrato da farlo sembrare più una statua che un essere umano.
"Fa sempre così?" chiese Klaus.
"Quasi sempre" rispose Sarah.
Alexander mormorò improvvisamente qualcosa così a bassa voce da risultare a stento udibile: lo mormorò ripetutamente mentre i suoi amici lo fissavano, quasi convinti che lo stress e la paura avessero avuto la meglio sulla sua mente.
Il ragazzo pareva a stento consapevole di loro: chiuse gli occhi e continuò a mormorare ancora. Rimase in quel modo per parecchi secondi, tanto che i suoi amici iniziarono a fissarsi tra loro davvero preoccupati.
Poi, di scatto, Alexander sbarrò gli occhi e gli altri fecero un salto indietro: le sue pupille erano tornate ad essere identiche a quelle di un rapace.

"Non credo riuscirò ad abituarmi tanto facilmente a queste cose" fece Lawrence.
"Dovrai, ritengo" disse Klaus "Dato che viaggi con un mago".
Alexander sorrise compiaciuto: la sue espressione ricordava il volto di Atanvarno quando era felice.
Guardò per un attimo il cielo, come se sperasse di vedere qualcosa.
"Splendete per sempre ..." fece Sarita dando eco ai pensieri di lui.
Alexander sorrise ancora, guardando l'amica, poi iniziò a fissare l'oscurità della caverna: "Non c'è niente a parte un cunicolo che scende verso il basso. Ovviamente da qui posso vedere da qui una piccola parte del sotterraneo".
"Non sarebbe meglio usare ancora quella tua utilissima magia della luce che hai fatto sul ponte?" chiese Sarah "In questo modo potremmo vedere anche noi "
"Sarebbe una scelta non ottimale" rispose lui "Quella luce permetterebbe a voi di guardarvi attorno ma permetterebbe anche ad altri di vedere noi: sarebbe probabilmente l'unica fonte di luce là sotto".
"Ma quanto sono tristi i nuvakiani?" fece Klaus, non troppo sottovoce.
"Ogni giorno mi sorprendo sempre di più di quanto lo siano" commentò Lawrence serissimo.

Alexander sospirò: "Magari non incontreremo niente nelle caverne ma non voglio rischiare: le pupille dell'aquila permetteranno a me di vedere, sarà sufficiente"
"E se dovessimo combattere?" domandò Lawrence sarcastico "Io e le ragazze dovremmo menare fendenti alla cieca?"
"Se si arriverà a tanto allora evocherò la luce" fece Alexander, iniziando a camminare verso il basso come se avesse deciso che la conversazione aveva esaurito il suo scopo.
Pochi secondi dopo venne inghiottito dalle tenebre di quella caverna: rimanevano solo i suoi passi provenire dall'ombra.

"Aranel la Scura si sarebbe trovata decisamente a casa nel buio: non vorrei certo deluderla" fece Sarah, accennando un passo verso l'ingresso.
Tuttavia, prima di entrare, si voltò verso Sarita e Lawrence dicendo: "Grazie per esservi presi cura di me dopo il troll ... sapete, quando mi ha colpito in faccia per un attimo non ho visto più niente e... io ho avuto paura perché..."
Non c'era bisogno di aggiungere altro: Aranel la Scura si era sacrificata di buon grado perché sapeva che le anime abissali gli avevano provocato ferite alla testa di tale gravità da portarla comunque davanti a Round in poco tempo.
Quei ricordi, quella paura e quel dolore erano traslati nel cuore e nell'anima di Sarah.
Sarita l'abbracciò teneramente, con quel suo fare materno e rassicurante: poi entrarono insieme nell'ombra punto.
Lawrence sospirò si assicurò per bene le spade al cinturone e seguì le sue amiche.
Il sospiro più grande però lo fece Klaus: "Degli umani osano andare in un posto buio e un elfo nero esita? Sarei lo zimbello del villaggio! Cosa direbbe il mio povero nonno?".
Quando anche lui entrò nella grotta non rimase anima viva sotto la grande statua del drago: solo il gelido vento che in eterno sferzava il Massiccio del Grifone.


(Reame di Ferenzia, territori della guerra con l'Orda)

Eri correva felice per il prato, raccontando a Lyon di tutte le volte che aveva corso con la balia sulle colline vicino casa loro, inseguendo il gattino che gli rubava sempre i dolci.
Era il suo gioco preferito da fare al tramonto: prima tornare a casa per mangiare qualcosa di buono e cantare qualche vecchia canzone insieme alla balia, nel loro salone illuminato dalle candele, per poi mettersi a letto e ascoltare la fiaba della buonanotte. Quello era sempre stato tutto il piccolo, incantato mondo di Eri.

Vederla sorridere riempi il cuore di Lyon di una strana dolcissima sensazione, che per la prima volta gli face pensare a qualcosa di diverso dal diventare un alchimista: si chiese se un giorno anche lui avrebbe avuto una bimba da portare a far giocare sui prati.
Non riuscì a capire il perché ma quel pensiero gli sembrò davvero importante. Non sarebbe riuscito a capirne il perché ancora per moltissimo tempo: non poteva sapere che un giorno, un giorno ancora molto distante, una scena come quella gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Poteva solo ricordare la visione che aveva avuto nel circolo rituale, oltre le montagne, in quella grande pianura dove tutto era cominciato e che aveva a lungo chiamato casa. Nella visione era stato detto che il signore di un castello ormai abbandonato stava già aspettando l'arrivo della figlia di Lyon: una figlia che ancora non c'era e della quale lui non sapeva niente.

"Solitamente sono mezzo elfo e mezzo orco che mi portano a passeggiare, sono contenta che ci sei tu oggi ma è strano, non capita mai" disse Eri, col suo sorriso che sembrava illuminare ancora di più la radura.
"Beh sai loro sono servitori del caos, quindi gli piace cambiare" rispose Lyon, preso alla sprovvista e cercando di essere convincente.
"Spero solo che non siano arrabbiati con me per qualche motivo" fece la bambina, improvvisamente corrucciata. Veder sparire quel bellissimo sorriso sembrò a Lyon paragonabile alla sparizione di una parte del firmamento.
"No no, ti vogliono bene come sempre, credimi! Però sai che hanno degli impegni ".
" Ma certo!" fece Eri improvvisamente, ritrovando il suo sorriso bellissimo "Sono cavalieri del principe! È ovvio che abbiano da fare: devono vincere la guerra contro i cattivi".
Come se questo sistemasse tutto, la bambina riprese a correre felice e spensierata, inseguendo le farfalle bianche, ridendo e canticchiando una vecchia canzone nella dolce lingua ferenze con la sua voce di bimba.

Lyon si sentì sollevato: aver riportato il sorriso sul volto di Eri lo face stare meglio, come se fosse una tragedia cosmica che quella bambina avesse solo per un attimo perso l'allegria. Farle continuare a vivere una fiaba gli sembrò il compito più alto e nobile che avesse mai portato avanti: molto più importante di tutto il resto.
Era meglio non sapesse che Franciszka e Grimfang avevano svegliato mezzo castello quella mattina, con le loro urla. Persino sir Anja, mentre lo stava facendo sgobbare tra provette e alambicchi, si era preoccupata: tanto preoccupata da essersi addirittura abbassata a dargli delle spiegazioni ... spiegazioni che aveva persino fornito trattandolo come se non lui non fosse sterco, il che era estremamente raro per Anja.
"Sembrerebbe che Franciszka abbia finalmente posto la fatidica domanda Grimfang, in fondo sono amanti da moltissimo tempo: fin da quando ho memoria, in realtà ... quando eravamo scudieri e persino io pensavo che ..." sir Anja si perse per un attimo in alcuni ricordi, il suo sguardo si fece molto distante da quella stanza.
Poi scosse la testa e continuò a parlare: "Diciamo che all'epoca loro due non erano i soli a nutrire...aspirazioni romantiche"
Lyon pensò che la cavaliera le nutrisse ancora ma, memore del dolore alle sue costole, decise di tacere.
"In ogni caso era ovvio che, prima o poi, uno dei due avrebbe chiesto all'altro qualcosa di più. Franciszka è sempre stato il più emotivo della coppia, sarà il suo sangue elfico probabilmente ... ma, a quanto pare, il capitano Grimfang non gli ha dato la risposta che si aspettava"

Lyon aveva portato via dal castello Eri, che fortunatamente non aveva sentito niente dato che dormiva nella parte più interna e riparata di quelle mura. L'aveva trovata intenta a disegnare sulle pareti di pietra del suo appartamento, con un gessetto trovato chissà dove nel castello.

"Viviamo in un mondo crudele quindi forse è inutile, forse è persino controproducente, indurre Eri a pensare con una fiaba può esistere per sempre" pensò Lyon, mentre la guardava correre felice su quel prato verde smeraldo, sotto un cielo azzurro come nelle favole e nei sogni.
"Ma in fondo non voglio darla vinta al male del mondo, sono qui perché sto inseguendo le mie aspirazioni, i miei sogni e le mie speranze ... senza queste cose, senza il mio sogno di essere un alchimista, non sarei migliore delle bestie del Cardinale. Dicono che gli alchimisti possano trasformare le cose, compresi loro stessi e gli altri: quindi non toglierò a Eri le sue aspirazioni, i suoi semplici sogni, le sue speranze e soprattutto non le toglierò le sue fantasie di bimba. Farò in modo che la sua fiaba duri per sempre".
Da qualche parte nel vasto mondo di Antheliar, in un luogo molto lontano da dove Lyon si trovava, una figura femminile cominciò a sorridere, sussurrando parole che nessuno udì mai:
"Sarai un bravo padre, Lyon".
Poi si calò l'elegante cappuccio sul viso e continuò a camminare per le strade di una grande città, della quale un certo futuro padre non aveva ancora nemmeno udito il nome.


(cattedrale consacrata al dio Iaboth, città di Tergezt, regno di Hesperia)
La cattedrale di Tergetz era gremita e tirata a lustro per la cerimonia di investitura di Christopher Blade come vescovo della città. L'intera popolazione era in subbuglio, sia perchè il culto del dio Iaboth rappresentava da sempre la principale religione a Tergetz e nei territori circostanti, sia perché (nella storia del vasto mondo di Antheliar) Christopher Blade era il primo membro del sacro ordine delle Maschere di Sangue a raggiungere il rango di vescovo.
Nelle taverne, nelle strade coperte di ciottoli e nelle case dagli spessi vetri, le persone parlavano delle Maschere di Sangue come di eccellenti guerrieri ma anche come di pazzi assetati di sangue, invasati propensi a cercare la morte in battaglia.
In molti si chiedevano se quelle fossero le caratteristiche adatte per un vescovo.

Inoltre vi erano anche voci di intrighi politici, di cui si faceva un gran parlare tra le fumose candele delle osterie: tutti sapevano che Blade proveniva dal lontano regno di Albione, dove aveva servito come vescovo della città di Prestune. Era ben noto che fosse consigliere e persino amico di re Enrich, settimo del suo nome.
Il sovrano albionico aveva spinto molto affinchè Blade diventasse arcivescovo del suo regno, col diritto di amministrare le anime di tutti i fedeli iabothiani regno (ivi compresa l'anima dello stesso re, dato che la sua dinastia era famosa per la stretta osservanza della fede nel Leone della Guerra).
Tuttavia Christopher aveva rifiutato, scegliendo invece di rimanere vescovo e di trasferirsi in una diocesi certamente prestigiosa come Tergetz ma anche tanto lontana da casa sua.
Perchè? In molti pensavano ci fosse qualcosa sotto.

Queste opinioni di solito venivano espresse in silenzio, perchè in città erano giunte molte Maschere di Sangue: parecchie non facevano nemmeno parte del seguito di Blade ma erano venute per vedere quell'evento storico per il loro ordine.
Gironzolavano stando sempre tra loro: alcuni taciturni e altri ridanciani e goliardici ma ben riconoscibili per le numerose cicatrici e per le maschere rosse che portavano sempre con loro, anche quando non le indossavano.
Non era mai un buon segno quando le indossavano.

La cerimonia era iniziata quasi all'alba e la cattedrale era già piena di fedeli: le Maschere di Sangue che accompagnavano Blade e il clero locale percorsero la navata centrale, in mezzo alla folla e in un tripudio di fumi di incenso, canti di guerra in lingua sacrale, rumore metallico di armature e di armi che venivano sbattute affinché quel clamore arrivasse fino alle orecchie di Iaboth lassù nei paradisi.
Come da cerimoniale, il più vecchio chierico della città aveva chiesto ai fedeli presenti se qualcuno usasse contestare il diritto di Christopher Blade a essere unto come vescovo della città: moltissime persone si erano fatte avanti.
Allora il chierico aveva chiesto se ci fossero persone disposte a difendere il diritto di Blade a diventare vescovo di Tergetz: moltissime persone, fra cui tutte le Maschere di Sangue, si erano fatte avanti.

Come il rito sacro prevedeva, ne era seguita una grande mischia nell'arena di terra battuta che costituiva il cuore stesso della cattedrale: una mischia con armi smussate, una mischia sacra, ma quando le Maschere di Sangue (tutte insieme, come fossero una persona sola) si calarono sul viso le loro maschere rosse allora tutti capirono che si sarebbe fatto sul serio.
Una parte della fazione avversa al vescovo si era schierata da quel lato solamente per equilibrare le forze o per il gusto di mettere alla prova il loro futuro vescovo ... alcuni persino perchè semplicemente trovavano quella scelta divertente. Altri invece erano davvero convinti che uno straniero non meritasse di diventare vescovo della città, meno che meno una Maschera di Sangue.
Blade e i suoi dovettero personalmente rompere diverse ossa prima che la fazione avversa chiedesse la resa.

Ci furono un buon numero di feriti, ossa rotte e corse dal cerusico: era stata una buona mischia e Iaboth ne sarebbe stato sicuramente compiaciuto. Non ci fu però nessun morto: molti feriti gravi ma nessun morto, in quel tipo di riti le morti erano estremamente rare e questo faceva da sempre parlare di miracoli.
Certo si vestivano pesanti protezioni e le armi erano smussate ... eppure, nella lunga storia della chiesa di Iaboth, durante quel tipo di celebrazioni i morti erano sempre stati estremamente rari, praticamente eccezioni. I saggi avevano calcolato che la possibilità che questo avvenisse per caso fosse bassissima, i chierici quindi sorridevano e dicevano che si trattava della benedizione e della volontà del dio Iaboth: era la protezione che egli accordava ai fedeli nel corso di uno dei riti più sacri della chiesa.
Una delle prime lezioni che i fedeli apprendevano era che Iaboth non amava uccidere, non amava la morte: Iaboth amava la guerra e amava combattere.
Era definito "lo Spietato" perché non conosceva pietà per il nemico, eppure uccidere non era il suo scopo o il suo piacere: la morte degli avversari era solo una conseguenza di ciò che egli faceva, un'effetto quasi secondario che il dio considerava non molto differente dall'inevitabile sudore dei soldati al termine della battaglia.
Nei paradisi del dio, i leggendari Campi del Coraggio, vi era guerra eterna ma nessuna morte.

Blade, in quanto vincitore, concesse ritualmente e simbolicamente la grazia a tutti coloro che lo avevano osteggiato, i quali a loro volta si inchinarono alla sua vittoria (alcuni mugugnando). Curati i feriti nella cappella dei cerusici da campo, si potè procedere con l'inizio del gigantesco banchetto all'interno della cattedrale: una battaglia vinta meritava sempre un banchetto. Carne, pesce, patate arrosto e fagioli con sugo piccante vennero serviti senza riserve, assieme a fiumi interni di vino e birra.
Saziati i corpi fu l'ora di saziare le anime con l'unzione vera e propria. Il clero locale vesti Christopher con l'armatura vescovile, completa anche di mantello, elmo, varie armi e uno scudo con le insegne del suo rango.
L'ultima parte del rito fu quando, dopo diverse omelie in lingua sacrale, Blade ricevette l'unzione: gli venne versato sui suoi capelli neri un l'olio sacro, ottenuto da una mistura di ulivi benedetti, grasso per la manutenzione delle reliquie belliche della cattedrale e midollo sciolto, proveniente dalle ossa dei martiri e delle anime elette che riposavano nei sotterranei della grande chiesa.

Quindi, mentre quella mistura gli scendeva lungo la fronte e con il volto ancora livido per i colpi ricevuti durante la mischia, Blade fece il suo primo discorso come vescovo:"Un cattivo soldato è come una malattia della pelle: fastidioso ma curabile. Un pacifista è come una malattia del cuore: o la prendi molto in tempo oppure sei morto. Molte persone amano la pace e questo è comprensibile: in un certo senso si può dire che anche noi amiamo la pace, che significa non solo tempo per stare con chi amiamo ..."
A quelle parole il vescovo parve per un attimo perdersi nei suoi pensieri ma fu solo per un secondo
"... ma anche tempo per allenarci e prenderci cura della nostra vita spirituale. Però c'è una differenza tra amare la pace ed essere pacifisti: un pacifista è una persona che vive nella illusione che la pace sia sempre possibile e che una soluzione pacifica sia sempre la migliore. Questa illusione, in quanto falsa, non può che creare errori e sofferenza: senza la guerra i tiranni non possono essere abbattuti, senza la guerra le nazioni non possono essere liberate, senza la guerra non è possibile riparare ai torti. I malvagi non rinunceranno mai alla guerra e quindi, se i pacifisti avessero la meglio e non esistesse nessun'armata per opporsi malvagi, l'oscurità avrebbe già vinto. Non so dirvi se sarebbe effettivamente bello il mondo in cui i pacifisti si illudono e credono di vivere ma posso dirvi che sicuramente non è il mondo in cui viviamo: se la città di Tergetz, se la Baronia di Tergetz, se il regno di Hesperia possono dirsi prosperi lo devono alle armate che difendono i suoi confini. Quindi ricordate ogni giorno della vostra vita che la pace di cui questa città gode è garantita e protetta dalle vostre armi e dai vostri scudi: anticamente i templi del nostro signore Iaboth non avevano mura perchè le uniche mura di cui avessero bisogno erano le spade e gli scudi dei fedeli!".

L'enorme cattedrale fu riempita dal suono dei piedi ricoperti d'acciaio che sbattevano per terra, delle lance che venivano scosse, delle armi che venivano sbattute sugli scudi e dalle urla di approvazione dei fedeli più entusiasti.
Blade sorrise, godendosi quella scena per un lungo momento, poi chiamò il chierico che si occupava di fargli la sagrestano e, mentre nella cattedrale tutti festeggiavano, gli disse:
"Fratello, dopo mi servirà il vostro aiuto perché intendo scrivere a tutti i vescovi del regno, all'arcivescovo Morion e al patriarca Roccaforte. E' mia intenzione indire un conclave ".
L'altro chierico lo guardò smarrito, un conclave non era cosa da poco: "Certo, vostra eminenza, se questa è la vostra volontà ... posso chiedervi quale sarà l'argomento di questo conclave?"
"Ma certo" fece Blade sorridente "Intendo muovere a Morion degli Alessidi, arcivescovo di Iaboth nel regno di Hesperia, l'accusa formale di tradimento"

Di luce riempiròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora