Il loro viaggio e la sua fiaba

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(sulla lunga strada che porta a nord-est e che separa casa di Alighiero dal massiccio del Grifone)

Ci sono momenti, pochi e importanti, che creano i ricordi: ricordi veri, profondi ed intensi che ci porteremo dentro per tutta la vita.
Ma ci sono anche momenti che non sono importanti: sono essenziali.
Sono le esperienze che creano e plasmano la nostra vita. Come un viaggio dopo il quale non saremo più noi stessi, come una relazione che cambierà il nostro modo di intendere l'Amore, come un'esperienza che ci rivela una verità sul mondo che prima nemmeno ipotizzavamo o, semplicemente, come un raro momento perfetto di poesia, empatia o serenità assoluta.
Il viaggio verso il Massiccio del Grifone fu quello.

Non lo fu dal primo passo dei cavalli: lo divenne giorno dopo giorno, così lentamente e così naturalmente che i ragazzi stessi se ne sarebbero accorti solo col tempo.
All'inizio c'erano dubbi, rabbia e preoccupazione, soprattutto verso Lyon e Luke. Ci furono serate attorno al fuoco del bivacco in cui si parlava poco e si pensava tanto.
Però poi arrivò il vento tra gli alberi e i cespugli della campagna ferenze, ci furono i tramonti che coloravano di rosso i prati, ci furono gli improvvisi acquazzoni estivi che tingevano tutto con le tinte di un quadro oscuro.
Ci furono i ripari improvvisati in umidi anfratti sotto le radici degli alberi, con qualcosa di oscuro che annaspava respirando forte sopra di loro. Non seppero mai cosa fosse.
Ci furono le taverne dove Sarita non voleva entrare perchè stavano finendo i soldi e dove, quindi, i ragazzi si offrirono di lavare i piatti, pulire per terra e fare ogni cosa che servisse pur di aver un pasto caldo e un giaciglio all'asciutto ... sorprendentemente l'esperienza non fu umiliante ma, anzi, fece sembrare il tutto come una vacanza: Lawrence e Alexander che si tiravano i vestiti sporchi, Sarah e Sarita che cercavano di lavare il tutto in una tinozza meglio che potevano, la dormita tutti insieme in una stanza, coi muscoli doloranti per il tanto lavoro svolto, la chiacchierata infinita e bellissima solo per scoprire con stupore che era arrivata l'alba, il ricevere una colazione al sacco dalla taverniera e scoprire che la voglia di vedere cosa ci fosse oltre la prossima colline era più forte della stanchezza.

E oltre la prossima collina c'erano boschi verdi dove il Sole quasi non entrava, dove la brezza portava l'odore dei fiori e delle bacche, dove i cacciatori gli sapevano sempre indicare un rifugio in cui trovare una pagliericcio e dove, nascoste sotto le foglie cariche di bacche rosse, si vedevano strane impronte di piedini simili a quelli umani e anche, a volte, piccoli manufatti in legno troppo minuti persino per i bambini ... e una volta, una volta sola, in una bellissima mattina di Sole, Sarah vide degli strani meravigliosi insetti che sembravano libellule dal corpo umano, intente ad osservarli con curiosità. Lawrence affermò che si fosse sbagliata ma Alexander disse che anche Atanvarno aveva visto cose simili nelle sue avventure per i boschi e poi, prima di dormire, Sarita le confidò di averle viste anche lei ma di non averlo detto per paura di essersi sbagliata.
Quella sera, prima di chiudere gli occhi in una radura nel bosco, Sarah ebbe come l'impressione che quegli strani insetti stessero volando sopra di lei, forse per osservarla ancora o forse per salutarla, ma sicuramente facendo cadere della polverina sopra di lei: una polvere che aveva l'odore dei sogni.

Quella notte Sarah sognò di un bellissimo cavaliere biondo, molto alto, col fisico imponente e il volto virile, che camminava sulla cima di una collina fianco a fianco con un gigantesco lupo bianco. Sulla sua corazza portava il simbolo di una mezzaluna nera e i suoi occhi erano colmi di ambizione: era uno degli uomini più affascinanti che Sarah avesse mai visto.

La mattina dopo andarono ancora oltre la successiva collina e trovarono una pianura di campi coltivati in ogni sfumatura del lavanda, dello smeraldo e del pastello.
E così il loro viaggio continuò


(In un fosso, sulla lunga strada tra la casa di Alighiero e l'ovest della Ferenzia)

Il fosso era umido, profondo e ombroso. Non era certo pulitissimo ma, almeno, ci si poteva riparare dalla calura estiva.
Lyon aveva imparato piccoli trucchi come quello: bisognava mangiare all'ombra perché, anche in caso di pasti freddi, la temperatura del corpo si alzava.
Addentò il suo pane e formaggio stagionato: continuava a chiedersi perchè i ferenzi amassero così tanto il formaggio, era di gran lunga il cibo più mangiato dai popolani assieme al pane. Quei pensieri lo aiutavano a non domandarsi troppo se quei piccoli trucchi di sopravvivenza fossero frutto dei ricordi di Erucallo o della sua esperienza.

Di luce riempiròWhere stories live. Discover now