Il coraggio di lasciarsi il Sole alle spalle

81 11 11
                                    

La dolce voce di Aranel la chiara fu la prima ad iniziare la melodia: "Mia rosa: dov'è che stai andando ? / Di luce riempirò / il tuo domani così lo vedrai"
Gli altri formarono un coro, alzando gli sguardi felici al cielo e dicendo solo "Oh heeeeee".
Fu Rinon allora a prendere le redini della canzone, con la sua voce più forte ma armonica: "Riesci a sentire questa voce?"
Il coro: "Oh heeeeeee"
Sempre Rinon, con il suo sorriso spavaldo: "Non smetterò fin quando non ti raggiungerà"
Ancora il coro: "Oh heeee".
Rinon chiuse gli occhi ed allargò le braccia, come preso da lontani e bellissimi pensieri: "Finchè nel tuo cuore lei non entra!".
Il coro divenne ancora più languido: "Oh heeeee\Oh ehhhh"
Atanvarno iniziò a cantare: "La Luna e il Sole si danno la mano"
Aranel la scura prese la parola: "Ricordi quando insieme sognavamo?"
Erucallo cantò: "E' troppo grande il mondo ora per me".
La voce di Rinon iniziò velocemente ad alzarsi di parecchie ottave : "Perchè ho intorno solamente ..."
Tutti si unirono al canto, tutte le loro voci insieme: alte e forti ma anche armoniose come un gli strumenti di una stessa orchestra: "... questa neve che scende/ ma non copre il rumore dei ricordi/di quanto tu eri qui accanto/mia rosa: dov'è che stai andando ?/Di luce riempirò/ il tuo domani così lo vedrai !".
Tutti loro, tranne Aranel la chiara, tornarono alla tonalità trasognata e lontana del coro: "Mai !\ Mai !\ Mai !".
Aranel la chiara poi lanciò l'ultima strofa, con forza ma anche con dolcezza, verso il cielo: "Di luce riempirò!".

Quella "o" finale venne prolungata dalla sua voce, dal vento che la trasportò via e dagli echi sulle montagne che la consegnarono alle alture e la fecero viaggiare per molte leghe.
E quando il suono si perse in lontananza, tutti capirono che l'inno era finito.
Aranel la scura sorrise: "Vi è piaciuto?"
Sarah rispose subito: "Si, è stato bellissimo!".
"Bah, se avessimo cantato nella nostra lingua ora stareste piangendo dalla commozione" brontolò Rinon non troppo seriamente.

Atanvarno invece si era fatto serio: compiendo pochi metri era ormai di fronte a quel muro quasi verticale di roccia liscia e senza appigli, che si innalzava verso il cielo per due leghe intere. Una vera e propria barriera tra i mondi di fronte alla cui base loro stavano camminando.
Il mago estrasse dalla sua bisaccia un coltellino d'argento, che pareva rispondere sotto i raggi del Sole, fissò con molta serietà un punto sulla parete rocciosa assolutamente identico agli altri e, poi, si fece un taglio sul palmo della mano mormorando parole magiche in glossadraku.
I ragazzi rimasero interdetti.
Con lentezza e grande perizia, Atanvarno iniziò a lasciare segni col proprio sangue in vari punti di quel particolare pezzo di roccia.
"No, non è così" pensò Alexander "Non è un pezzo di roccia: adesso che guardo da vicino vedo che ogni montagna di questa catena è formata da un unico immenso pezzo di singola roccia, come fossero solo giganteschi sassi. Anzi, forse l'intero sistema montuoso è niente di più che il singolo pezzo di pietra più grande del mondo".
Era vero: la parete si innalzava verso il cielo in totale uniformità di colore, conformazione, forma e materiale.

Ma questo non sembrò stupire Atanvarno, che probabilmente ben conosceva il segreto di quei luoghi e che continuava a macchiare con il sangue sei diversi punti sulla roccia, mormorando antiche parole di potere nella lingua dei draghi e della magia stessa:
"Per tutta la Potenza del Fuoco, per la Libertà dell'Aria, per la Serenità dell'Acqua, per la Determinazione della Terra, per la Rettitudine della Luce e per l'Astuzia del Buio" incredibilmente era la voce di Eruancalon ad aver parlato, traducendo nella lingua comune falconiana le parole che il mago stava pronunciando.

Appena ebbe finito di pronunciare quella formula, una sottile linea di luce iniziò a formarsi sulla parete della montagna, poco sopra la testa del mago. Corse in orizzontale per circa due metri sopra di lui e poi, da entrambe le sue estremità, disegnò un paio di linee luminose fino a terra. Il tutto assunse la forma di un rettangolo che, al suo interno, inscriveva tutti i segni di sangue fatti da Atanvarno.
Era la sagoma di una porta.
I ragazzi rimasero a bocca aperta ma, appena Alexander provò a fare una domanda, gli elfi gli fecero segno di tacere.

Di luce riempiròWhere stories live. Discover now