La sera in cui il nostro futuro iniziò a dividerci

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Luke bevve un lunghissimo sorso di birra. La gustò a lungo:
"Avevate ragione, questa birra di frumento è davvero buona ... ed è anche freschissima! Con questo caldo ci voleva".

Lasciò vagare il suo sguardo lungo la piazza.
Non cercò attivamente lo sguardo di nessuno agli altri tavoli eppure ogni ferenze che incrociava i suoi occhi aveva una qualche reazione di ammirazione: alcuni lo salutarono con la mano, altri chinarono gentilmente il capo, altri alzarono il calice in segno di saluto e ci fu persino un bambino che si agitò tutto felice dicendo qualcosa alla madre in un infantile ferenze.
Non c'era bisogno di conoscere bene quella lingua per capire che la frase significava qualcosa del tipo "Da grande vorrò essere come lui".
E da molte parti, nel placido buio della notte, provenivano le parole  -Homme elfe-.
-Uomo elfo- ... i ferenzi supponevano ovviamente che il maestro di spada di Luke fosse un elfo, dato che avevano ben riconosciuto lo stile di combattimento che lui, inconsciamente, aveva assorbito dai ricordi di Eruancalon. 
Una mare di pensieri si affastellarono nella sua mente e, sopra tutti loro, la voce del suo defunto -maestro- che gli diceva "Ci rivedremo ai Picchi del Fulmine".


Luke sorrise, un sorriso che veniva dal profondo del suo cuore, poi bevve altra birra e rimase in silenzio per qualche secondo.
"Io non avevo mai vinto niente".
Gli altri lo guardarono.
"Ero solo il tuttofare del villaggio: ero solo lo scemo che spendeva soldi in giocattoli. Ero felice, certo, c'eravate voi ... però ero sempre l'ultimo: quello con la casa più piccola, quello con meno soldi in tasca. Di notte c'eravamo solo io e una stanza piena di giocattoli che mi rendevano felice. Non avevo mai vinto niente, non ero mai stato niente di più del ragazzo aggiustatutto ... fino a oggi".
Guardò i suoi amici, che se ne stavano in religioso silenzio, mentre gli occhi brillavano di commozione ed eccitazione.

"Io oggi ho capito che valevo qualcosa: non sapevo se avrei retto nemmeno il primo scontro e invece mi sono reso conto che muovevo quello spadone bene, che non ero peggio degli altri e anzi che potevo vincere ... io! Io potevo vincere!".
Finì la sua birra in un sorso lunghissimo, poi la posò sul tavolo con aria felice.
"Sono stato migliore di loro, almeno a combattere: il ragazzo delle botti è diventato il vincitore del torneo. Potrei morire domani, potrei esplodere come una stella ma morirei felice: mi hanno preso a botte per tutto il giorno ma non sono crollato, non mi sono spezzato e alla fine ero rimasto in piedi solo io ... io, l'ultimo del villaggio".
Seguì il silenzio, rotto solo da Sarita e Sarah che tiravan su col naso.

Non a caso fu il meno emotivo a parlare per primo:
"Ti sei fatto colpire in testa appositamente, vero? Per rendere vano il suo colpo e non perdere il tuo ultimo punto" chiese Alexander, con aria maliziosa.
Luke sorrise e ordinò un'altra birra: l'oste aveva detto che il campione del torneo poteva bere gratis.
"E sapevi che l'infuso di erbe attenuava il dolore: quindi, quando hai capito che tanto al petto non riuscivi a colpirlo, hai iniziato a mirare sempre allo stesso punto della sua gamba. Lui sentiva poco la sofferenza e non si stava rendendo conto che il suo osso era sul punto di spezzarsi" continuò Alexander.
"E' terribile!" fece Sarah.
"E' geniale" esclamò Lawrence sorridente.
"E' logico ed efficiente" sorrise Alexander.
"No ragazzi: è solo la cazzata che ho fatto per vincere il duello. Ho rischiato anche di fracassarmi il cranio per riuscirci: probabilmente in mio onore metteranno una regola tipo -Non si può parare volontariamente di testa- ... ma sapete che c'è? Sono felice e rifarei tutto da capo" concluse la frase afferrando la birra in arrivo dal vassoio della cameriera.

Ad un tratto un ragazzo ferenze irruppe nella piazza, salì sul piedistallo alla base di uno dei lampioni e urlò qualcosa in ferenze stretto con l'aria di un banditore.
La gente ai tavoli applaudì festante.
"Cosa è successo?" chiese Lyon.
Alighiero sembrava più interessato a imburrare l'ennesima fetta di pane: "Ha detto che l'armata del duca di Valois e i Cavalieri d'Argento stanno chiudendo in una morsa l'Orda del Cardinale. Ieri girava la voce opposta: è ovvio che siano felici".
"E tu quale versione pensi che sia vera?" domandò Sarita.
"Quello in cui il pastore che fa questo burro si decida a diluirlo di meno e farlo più denso" rispose lui, con una serietà tale da far quasi credere che le sue parole fossero coerenti con la domanda.

Di luce riempiròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora