Il falco, l'ombra e il giglio

78 12 12
                                    

(Lawrence)
La casetta di legno era bella e confortevole ma molto semplice: dalla cima dell'alta collina dominava tutta la valle sottostante, venendo coccolata dai raggi del Sole all'alba. Il vento spostava delicatamente la cacciagione appesa alla veranda, causando contemporaneamente mille tintinnii dei vari oggetti di metallo che penzolavano dalle travi, una grande sequela di portafortuna provenienti dai più disparati luoghi del mondo.
Sarebbe stata una scena bucolica perfetta se non fosse stato per la battaglia che stava avvenendo a fondovalle.

Lawrence non riusciva a capire se le armate coinvolte fossero due o tre o dieci o cento. Il tutto sembrava più simile ad una rissa giocosa, eppure le spade tagliavano arti veramente ed il sangue scorreva a fiumi mentre centinaia di persone cadevano per terra esanimi.
Ma chi rimaneva in piedi rideva, di una risata felice più che malvagia. Alcuni duelli in mezzo al campo parevano più un incontro tra vecchi amici che non una sfida per la vita.

Il ragazzo udì un rumore di carte da gioco che venivano mescolate velocemente.
"Iniziò in modo simile anche l'ultima volta, almeno così mi dissero".
Alle spalle di Lawrence vi era un barbaro, vestito con pelliccia, pezzi di cuoio borchiato e grossi brandelli di maglia ad anelli tenuti assieme con pesanti fibbie. Aveva una coppia di asce alla cintura ed i suoi lineamenti erano quanto di più selvaggio il ragazzo avesse mai visto: un'ispida barba nera, denti enormi che in parte gli sporgevano dalla bocca, una muscolatura grande e poco rassicurante ma soprattutto una sfumatura verdastra, quasi malata, della sua pelle.

Lawrence probabilmente aveva un'espressione molto sciocca sul viso in quel momento.
"Mai visto un mezzorco in vita tua?" chiese il barbaro.
"Non me ne voglia, signore, ma no: questa è la prima volta"
"Allora comprendo il tuo stupore. In ogni caso adesso il proprietario di questa casa non c'è: è andato in giro con mio padre, la battaglia qui sotto non li soddisfaceva. Torneranno quando lo riterranno opportuno, fanno sempre così".
"Sono qui per caso e non so chi abiti in questa baita"
Il mezzorco sorrise ed indicò un punto in ombra sotto la veranda, dove un logoro e macchiato stendardo era stato appeso al muro. Sulla bandiera vi era il disegno di un rapace in picchiata.

"Che bandiera è?" chiese Lawrence.
"Lo scoprirai" rispose il mezzorco.
"Le persone coinvolte nella battaglia qui sotto ... non hanno paura?"
Il barbaro rise: "Paura di cosa?"
"Beh, di morire"
"Morire? Nei Campi del Coraggio? Che cosa strana da dire"
"Sai come posso tornare dai miei amici?" chiese Lawrence.
"Tornerai tra poco"
"Ed io e te ci rivedremo ancora?"
"Forse. Forse i Campi del Coraggio diventeranno anche la tua casa, un giorno. Sempre se la tua anima sceglierà la spada invece del mare".
"Non capisco"
Il rumore delle carte mischiate tra loro tornò più forte.


(Sarah)
Il luogo era buio

Ma non buio come una stanza senza luce o una profonda caverna in mancanza di torce.
Era letteralmente il buio.
La sola idea di accendere una luce là dentro, sembrò a Sarah assurda come provare a dar fuoco all'acqua del mare.

L'oscurità tutta attorno era così densa da sembrare pronta ad entrare nella bocca e nelle orecchie, sembrava pece rarefatta, quasi opprimeva il respiro stesso. Chissà se per un vero effetto fisico o per semplice suggestione. Sarah provò a muoversi a tentoni, mentre attorno a lei nessun suono o odore la aiutavano a trovare la giusta direzione.
La giusta direzione per dove?
Sbatté una gamba sopra un oggetto ... allora quello non era un immenso luogo vuoto! Immediatamente ne fu felice, perché significava che non era in qualche infernale posto magico e strano.
Poi arrivò la paura: fredda e paralizzante. Se quel luogo non era vuoto allora c'erano cose ... e persone ... o esseri ... magari come lo spirito del circolo rituale.

Sarah udì un rumore di carte da gioco che venivano mescolate velocemente.
Una risata spettrale arrivò dalle sue spalle.
"Chi è?" urlò la ragazza.
La risata si udì più vicina ma davanti a lei.
"Fatti vedere!" strillò.
"Farmi vedere? In questo luogo?" la voce adesso proveniva dalla sua destra "Oh, Corvina cara, ma cosa stai dicendo?"
"Corvina? Chi è Corvina? Non la conosco" protestò Sarah, guardandosi attorno e cercando un minimo indizio su chi o cosa avesse davanti.
"Ma tu sei la nostra Corvina, solo che non lo sai ancora" ridacchiò l'essere.
"Io sono Sarah" urlò lei.
"Si, per adesso quello è il tuo nome ma un giorno sarai Corvina ... e l'ombra della notte, anche ... e persino ..."

Di luce riempiròWhere stories live. Discover now