Anime per il dio del sangue e teschi per il troll delle montagne

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Non era come nella taverna del Fuoco Fatuo o nell'arena.
Nel primo caso non avevano nemmeno avuto il tempo di pensare, nel secondo era solo un torneo.
Il troll invece era davanti a loro, con un volto che aveva solo due caratteristiche: violenza e stupidità, la cui combinazione era ancora più orribile. Una creatura abbastanza umanoide da essere crudele e abbastanza selvaggia da non proverne rimorso.

"Cosa facciamo?" urlò Lawrence.
"Non lo so!" rispose Alexander "Io non sono ..."
"Io non sono Atanvarno! Smettila di ripeterlo!"
"E allora tu smettila di chiedere!"
L'urlo del troll interruppe il discorso: interruppe i loro pensieri, interruppe le loro paure.
Non c'era più tempo.
L'essere iniziò a correre lungo il ponte: una valanga di muscoli e rugosa carne grigia che roteava quella mazza di legno e ossa grande come un uomo. La passerella di pietra ballava sotto ogni suo passo.
E quella pietra era tutto ciò che li separava dal salto nell'abisso.

Mentre Alexander e Lawrence erano ancora impietriti, Sarita scattò in avanti correndo verso il troll con lo scudo a proteggerle il corpo.
"Fanculo! Io la seguo!" sbraitò Lawrence andandole dietro.
Sarah guardò Alexander spaesata:
"Cosa devo fare?"
"Io ..." quello sguardo non era mai stato il suo "... io non lo so".

Il troll guardò Sarita con la curiosità di un cane davanti alla carica di un furetto.
Alzò la sua gigantesca clava pronto a vibrare il colpo.
"Appena io paro con lo scudo, tu vai di fianco e colpiscilo!" urlò Sarita a Lawrence.
Lui annuì, pronto a scartare verso destra.
La mazza di legno si abbattè su Sarita con la forza di una torre che cadeva: lei alzò lo scudo.
Alexander chiuse gli occhi per la paura e per reazione al suono fragoroso che rimbombò per tutto il canyon.
Li riaprì un paio di secondi dopo solo per vedere il corpo di Sarita venire lanciato indietro per terra, rimbalzo dopo rimbalzo quasi fosse senza peso, strusciando sul ponte di pietra come una sasso piatto lanciato sulla superficie dell'acqua, per poi fermarsi immobile a molte iarde dal punto dell'impatto.

Lawrence era impietrito, incapace di pensare a qualunque cosa, soprattutto ad attaccare il troll.
Alexander e Sarah corsero verso il corpo di Sarita.
Il troll alzò la clava di nuovo e solo allora Lawrence si rese conto che il prossimo bersaglio sarebbe stato lui: mise le sue due spade a formare una X, con la speranza di spezzare il legno della mazza sul filo delle lame, poi si piantò saldo coi piedi e aspettò il colpo.

Fu una pessima idea: la clava incrociò le lame e scosse l'intero corpo del ragazzo dalle braccia fino ai piedi, frustando le sue ossa con la mera forza d'urto, togliendogli fiato e vista per diversi secondo, riempiendo il suo corpo di cieco e folle dolore.
Lawrence cadde in ginocchio. Il troll alzò di nuovo la clava e, stavolta, il bersaglio sarebbe stata l'indifesa testa del ragazzo, che lo fissava con espressione confusa e sotto shock.

"E' viva!" urlò Alexander tastando il collo di Sarita.
Sarah sospirò e scattò in avanti a sua volta, urlando tutta la paura che aveva in corpo e sperando che sembrasse rabbia.
Il troll non parve spaventato ma solo incuriosito: spostò la sua attenzione da Lawrence a Sarah, pronto a colpire lei. Alzò la clava e la ragazza sapeva di avere solo una possibilità di schivare quel colpo.
L'enorme massa di legno si abbatté nel punto sul quale lei si trovava un secondo prima: Sarah si era lanciata a sinistra appena in tempo ma solo lo spostamento d'aria bastò per ferirle il corpo come un pugno invisibile nel ventre, mentre i ciottoli creati dall'impatto la bersagliavano senza pietà.

Il troll urlò di frustrazione, alzando di nuovo la sua arma. Sarah rotolò sul terreno, rimettendosi in piedi all'istante.
Con orrore si rese conto di essere arrivata sul bordo del ponte: stretta tra l'abisso e il troll.


(punto d'incontro tra il confine orientale della Grand Valèè e il confine occidentale del feudo reale chiamato Duchè de la Rose Blanche. Quasi a metà strada tra la zone di guerra dell'Orda e il Massiccio del Grifone)

"Verrebbe da chiedersi come un culto esecrabile come quello di Laudian sia sopravvissuto per tutti questi millenni. Il motivo è semplice: l'odio si autoalimenta in una spirale senza fine, l'odio genererà sempre altro odio"
(sir Gabriel Ventotempesta, primo cavaliere dei regni uniti di Etheria e Selentine)


Gli sfollati erano stati sfamati e messi al caldo nelle tende.
Erano solo una piccola parte di coloro che scappavano dalla guerra, ospiti della carità della regina, dei nobili o di qualche chiesa.
Quei profughi in particolare sapevano di dover essere riconoscenti a un chierico per il cibo e il riparo ma non sapevano bene a chi. Essendo ferenzi davano per scontato che fosse un qualche ricco vescovo delle religioni di Feyth o di Karmisia.
Rimasero quindi quando i soldati con il vessillo reale della Rosa Bianca scortarono il loro benefattore nell'accampamento: il chierico non portava il simbolo del gufo feythita e nemmeno il candido giglio karmisiano.
Alcuni degli sfollati, gente semplice, ignoravano persino che in Ferenzia qualcuno venerasse divinità differenti. Tuttavia anche i più colti tra loro non si sarebbero mai aspettati di vedere i soldati della regina scortare un chierico il cui apprendista teneva alta e con orgoglio la bandiera con il teschio di ariete.

Di luce riempiròWhere stories live. Discover now