Sulle crudeltà del cavaliere nero (e sulla sua astuzia)

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"Oltre le montagne esistono molti regni, uno di essi si chiama regno di Hesperia. Anni fa il re di Hesperia arrivò ai ferri corti con la chiesa di Feyth, per motivi che ora non ci interessano. Inizialmente sarebbe bastata un po' di diplomazia per risolvere il tutto ma gli eventi invece presero una brutta piega: il re di Hesperia, infatti, era un uomo molto orgoglioso, che rifiutò anche il più piccolo gesto di riconciliazione verso i chierici di Feyth.
Per sua disgrazia anche i feythiti tendono ad essere piuttosto orgogliosi, quindi il problema non fece che ingigantirsi"

"Di tutte le regioni del regno ve ne era una in particolare dove il culto del Gufo dell'Alba era forte e diffuso, una zona del centro-nord chiamata ducato di Angamor. Lo stesso duca, lord Orlando Dragoni, era un devoto di Feyth oltre che uno dei condottieri più stimati di Hesperia.
Il giorno della sacra festa di Beltaine di diversi anni fa, la chiesa del Gufo dell'Alba chiamò a raccolta tutti i fedeli e i feythiti accorsero da ogni parte del regno, anche perché era chiaro che qualcosa di grosso fosse nell'aria.
In quell'occasione l'arcivescovo di Feyth dichiarò il re di Hesperia "nemico della fede" e, contestualmente, incoronò lord Orlando Dragoni non più semplice duca ma bensì re di Angamor indipendente".
"Ma questo non ha logica" disse Alexander "Feyth è il dio della legge: non potrebbe mai avallare una ribellione".
"Feyth è il dio della legge, è vero, ma è anche il dio della giustizia" ribatté Atanvarno "Tra i suoi dogmi trovi scritto -La legge e l'ordine che non rispettano la giustizia si chiamano tirannia e sono un abominio-. L'arcivescovo dichiarò che il re di Hesperia fosse un tiranno e, quindi, ogni feythita del regno risultò in teoria sciolto da tutti i vincoli di fedeltà al sovrano. L'unica persona in tutto il mondo che avrebbe potuto smentire quella pronunciazione, ovvero il patriarca della chiesa di Feyth, non avallò ma nemmeno smentì la decisione dall'arcivescovo".
Alexander non sembrava molto convinto. Atanvarno continuò il suo racconto.

"Ovviamente la superiorità numerica dell'esercito hesperiano era netta rispetto alle truppe angamoriane ma il problema divenne in breve tempo politico: il reame di Ferenzia (dove il culto di Feyth è da secoli la religione principale) riconobbe subito Orlando Dragoni come legittimo re di Angamor.
Ci fu un intenso lavoro diplomatico, ovviamente, ma il re di Hesperia si ritrovò nell'impossibilità di riconquistare Angamor senza rischiare una guerra con qualche nazione estera.
In quel momento sir Mordred Pendragon fece la sua mossa: offrì al re la riconquista del ducato ribelle senza che la corona hesperiana venisse ufficialmente coinvolta.

"I Cavalieri della Mano Rossa radunarono volontari in tutta la nazione: patrioti che erano preoccupati per l'unità del regno, nemici della fede feythita, giovani avventurosi desiderosi di fama e gloria ma anche semplici sbandati in cerca di fortuna. Ricevettero anche sottobanco abbastanza denaro da assoldare delle compagnie mercenarie".
Atanvarno prese un lungo sorso di vino per schiarirsi la gola: "Iniziò quindi un periodo che durò mesi interi, nel quale i due schieramenti si studiarono e si provocarono: ci furono scorribande lungo i confini, incursioni e qualche schermaglia ma niente di serio ... entrambi i comandanti stavano aspettando che fosse l'altro a venire allo scoperto, per poterlo colpire appena avesse mostrato il fianco. I capitani di Orlando Dragoni sostennero di poter liquidare in poco tempo Mordred: era poco più di un ragazzo, alla sua prima esperienza come generale di una guerra vera e propria. Ma il re ribelle di Angamor capì che non sarebbe stato così facile: aveva intuito il talento del suo avversario. Tuttavia si tranquillizzò quando il freddo fu alle porte, perché nessun comandante è così pazzo da iniziare una guerra d'inverno".
"Fammi indovinare: in questa storia si scopre che Mordred è pazzo, vero?" disse Lawrence.
Atanvarno annuì.

"In una gelida notte di tempesta, pochi giorni dopo i festeggiamenti per la sacra festa di Yule, Pendragon spostò la sua armata nel punto del confine più vicino alla città angamoriana di Brisigallia ed invase il territorio nemico.
Presi alla sprovvista, i capitani di Orlando Dragoni agirono in fretta ed in furia: Brisigallia è il luogo dove viene custodito il sacro Ajevac, una delle reliquie più sacre di tutta la religione feythita, quindi non potevano assolutamente permettere che un infedele la profanasse. Mordred costrinse le truppe nemiche a schierarsi a difesa dell'Ajevac nonostante ci fossero molti terreni a loro più favorevoli: sapeva che il fervore religioso li avrebbe spinti a farlo.
E così sulle colline e nei boschi di Brisigallia venne combattuto lo scontro per l'anima di Angamor".

(NOTA: la narrazione seguente contiene scene di violenza e sangue. Continuate solo se tali elementi narrativi non vi recano disagio. Ci sarà una seconda nota quando la scena finirà)

Nessuno fiatava. Il ruscello ed il suo gorgogliare erano l'unico rumore che si udisse nella radura, salvo qualche raro movimento tra l'erba provocato da veloci creature piccole e felici.
"L'accerchiamento che sir Mordred mise in atto fu una capolavoro di tecnica militare" disse Rinon in tono ammirato "Far sgattaiolare soldati alle spalle del nemico è una cosa antica, farli passare di nascosto per un bosco non era un'idea nuova ma di solito veniva fatto usando degli schermagliatori: ovvero truppe leggere. Mordred invece mandò la sua fanteria pesante nel cuore di un bosco pieno di neve e gli fece aggirare il nemico in un tempo rapidissimo".
"Aveva drogato i suoi stessi soldati per non fargli sentire il freddo e la fatica" precisò Erucallo "Molti di coloro che parteciparono all'accerchiamento poi morirono per indebolimento".
"In ogni caso sfondò le linee angamoriane" continuò Atanvarno "I suoi Cavalieri della Mano Rossa furono le prime truppe della storia a sciamare per i colli di Brisigallia urlando il nome della dea Rahs.
La battaglia però raggiunse il culmine solo quando sir Mordred affrontò e uccise in duello Orlando Dragoni in persona: là nel mezzo della mischia staccò di netto la testa del re di Angamor, poi salì su una rupe che sovrastava il campo di battaglia ed alzò quel macabro trofeo in modo che tutti potessero vederlo.
Pare fosse una visione inquietante: coperto di sangue, ferito eppure con il fuoco negli occhi, con in mano la testa rozzamente recisa di uno degli eroi più conosciuti di Hesperia ... e tutto questo senza smettere di urlare minacce nella lingua dei Nove Inferni.
Gli angamoriani ormai avevano perso la loro battaglia: mandarono un messo sotto la bandiera bianca per chiedere una resa onorevole, ponendo come condizione che il sacro artefatto Ajevac non venisse profanato. Mordred rispose con quattro parole: -Questo non posso prometterlo-.
A quel punto le truppe di Angamor opposero un'ultima, inutile ed eroica resistenza: morirono tutti con le armi in pugno prima del tramonto".

"E che fine fece l'Ajevac?" chiese Luke.
"Sotto l'ultima luce del giorno, sir Mordred si recò davanti all'artefatto che gli angamoriani avevano difeso sino al martirio. Si racconta che la sua anima fedele alla dea del Caos quasi bruciò al cospetto di una delle reliquie più sacre del dio della Legge: alcuni dicono che Mordred iniziò letteralmente ad emettere fumo dalla sua stessa pelle.
In ogni caso, avrebbe potuto chiamare a raccolta tutti i suoi chierici e sconsacrare l'Ajevac oppure avrebbe potuto rubarlo e portarlo via: invece si limitò a ridere a crepapelle. Fu una risata forte e sadica: la risata di chi ha ottenuto esattamente ciò che voleva".

"Non capisco" fece Lyon "Aveva vinto ... perchè non ha profanato l'artefatto? Aveva detto ai suoi nemici che lo avrebbe fatto."
"No" rispose Atanvarno sorridendo "Aveva detto che non prometteva di non profanarlo".
Luke e Sarita si lanciarono uno sguardo complice, come di chi avesse già intuito la morale della storia.
"Sir Mordred Pendragon è un cavaliere: se gli angamoriani si fossero arresi allora il suo onore gli avrebbe imposto di far loro salva la vita" continuò il mago "Ma lui non voleva questo: lui voleva che l'intero mondo sapesse cosa comportava affrontare i suoi cavalieri sul campo di battaglia, voleva che quel campo di battaglia fosse l'annuncio al mondo della sua determinazione, intelligenza e crudeltà. Sopratutto voleva che quell'avvertimento arrivasse forte alle orecchie della Vipera Nera, il patriarca della chiesa di Rahs".
"Quindi mentì" continuò Alexander "Fece credere che avrebbe sconsacrato l'Ajevac solo per convincere i suoi nemici a non arrendersi".
"Non mentì: il suo onore non avrebbe permesso nemmeno quello" precisò Atanvarno "Fu molto più sottile: lui disse -Non vi prometto di non toccare l'Ajevac-. Non disse né che lo avrebbe fatto né che non lo avrebbe fatto. Ma mise abbastanza dubbio nelle menti degli angamoriani da far sì che non si arrendessero, dando quindi a lui una scusa onorevole per ucciderli tutti sul campo di battaglia".
"Ma è solo una sottigliezza, un gioco di parole: una furbata!" protestò Alexander "Questo non è vero onore: un cavaliere non si può comportare così".
"Forse" disse Rinon molto serio "Ma questo certo non aiutò in nessun modo gli angamoriani che lui uccise quel giorno". 

Alexander sembrò sul punto di rispondere qualcosa di poco gentile ma preferì tacere.
"Perchè un cavaliere devoto a Rahs dovrebbe odiare il suo stesso patriarca tanto da mandargli un monito così crudele?" chiese Sarita.
"Il fatto che siano la chiesa della dea del caos e della sopraffazione non ti suggerisce niente?" disse sarcasticamente Eruancalon.
Atanvarno continuò: "All'alba del giorno seguente le truppe di Mordred marciarono verso Raven: la capitale di Angamor. Vi giunsero in trentasei ore di marce forzate, evitando che quel che rimaneva delle truppe regolari angamoriane avesse il tempo di riunirsi a difesa della città.
Era il tramonto quando arrivarono davanti alle mura: immediatamente sir Mordred urlò ai miliziani difensori che avrebbero avuta salva la vita se si fossero arresi, ripetè poi la sua offerta a mezzanotte ed una terza ed ultima volta al sorgere del Sole. In tutti e tre i tentativi gli venne risposto che Raven non si sarebbe arresa.
Così, mentre i soldati di Mordred si godevano una notte di riposo sotto le mura, dentro la capitale nessuno riuscì a prendere sonno per la tensione: una città stanca e nervosa, esattamente ciò che Pendragon voleva. Inoltre i difensori erano miliziani o soldati di riserva: niente di troppo impegnativo".

L'unico rumore adesso era lo scorrere del ruscello.
Atanvarno continuò: "Le porte di Raven vennero abbattute dopo mezza giornata. La popolazione assistette impotente al saccheggio del grande tempio di Feyth, del palazzo ducale della famiglia Dragoni (che per breve tempo era stato il palazzo reale) nonchè delle case di nobili e capitani dell'esercito".
"Tuttavia venne effettivamente fatta salva la vita ad ogni cittadino che si arrese, le case dei popolani non vennero toccate e Mordred in persona impiccò in pubblica piazza due dei suoi mercenari che erano stati sorpresi a molestare una ragazza" aggiunse Rinon.
"Però costrinse anche la gente a guardare mentre lui ed i suoi cavalieri sacrificavano alla dea Rahs tutti coloro che invece non si erano arresi" commentò Erucallo "Le famiglie videro i padri e i fratelli maggiori offerti in olocausto alla dea del caos".
"Lo so" rispose l'altro elfo "Mordred disse: -Ho offerto la resa a queste persone e l'hanno rifiutata: hanno scelto da soli la propria sorte-".
"Lo spettacolo fu talmente abominevole che persino alcuni dei volontari al suo servizio protestarono" continuò Atanvarno "Mordred disse a chi si lamentava di scegliere tra venir congedati con tutti gli onori oppure unirsi alla schiera dei sacrificati. Alcuni scelsero una cosa ed alcuni l'altra: Mordred li accontentò in entrambi i casi".

(NOTA: qui termina la scena contenente scene di sangue e violenza)

Rimasero ancora in silenzio.
"Cosa accadde poi?" chiese Luke "Questo non può essere la fine".
"Più o meno lo fu" disse il mago "L'armata di Mordred lasciò Angamor: i mercenari ricevettero il saldo del dovuto, i volontari vennero decorati come difensori dell'unità nazionale di Hesperia e i Cavalieri della Mano Rossa divennero temuti in tutti i regni. Le truppe reali hesperiane entrarono nel ducato senza incontrare resistenza e ne ripresero il controllo, offrendo pace e sicurezza in cambio della sottomissione al re. L'arcivescovo della chiesa di Feyth ritirò il suo proclama e ufficialmente tutto finì lì".
"Suppongo che il re e Mordred non siano ben visti ad Angamor ancora oggi" commentò Lawrence.
"Te lo puoi ben immaginare" sorrise ironico Rinon.

"Che uomo orrendo" disse Sarah "Non importa se è un cavaliere: è una persona senza cuore".
"Forse" sorrise Rinon, cercando qualcosa nel suo bagaglio personale "Ma adesso è meglio rilassarsi con un po' di musica più adatta a questo luogo sacro".
Prese uno strumento di legno che ricordava sia una chitarra che un mandolino, quindi iniziò ad accordarlo.
"Dimmi che non vuoi fare quella canzone" commentò Eruancalon.
Rinon sorrise e guardò i ragazzi: "La faremo nella vostra lingua ma vi avverto che se la cantassi in elfico vi commuovereste fino alle lacrime".

Dalle sue labbra iniziò un canto lento e melodico, qualcosa che evocava immagini di tramonti dorati su immensi prati:
"Ho rinunciato per sempre a toccarti\ tanto non servirà\ tu sei più vicina agli inferi\ di ciò che io mai vedrò\ e da oggi appartengono ai cieli\ l'aria è piena del profumo dell'est\ e questo a Beltaine respirerò\perchè presto o tardi sarà finita\ per questo ora io non me ne andrò".
La musica si fece improvvisamente più allegra e le due Aranel si unirono a Rinon in un coro, un amalgama di voci felici come un gioco di bambini e dolci come la luce di quella radura incantata: "Ha labbra dolci come il miele\ i suoi occhi son come il ciel\ quando cammina sembra volare\ senza la terra toccar\ impallidire fà i fior\ i fior fà impallidir"
Rinon fu ancora la sola voce e la melodia tornò lenta e ritmata:
"Così arrivò la sera che ti affrontai\ Disegnando vittorie e lacrime sulla tua pelle\ sognate sulle mura della mia fortezza\ Sulla pergamena annotai il tuo sapore di nettare e sangue\ le umide feste coi miei fratelli ad Heidelberg consacrata\e tu, e tu, fiori dai balconi di Arkeia\ e tu, e tu, ombra nella casa dei segreti".
La voce di Rinon si fece improvvisamente roca e cavernosa: "Mentre nel sonno sospiravi -Jag ska ha Kuk'Nuk-". Quelle ultime parole dal significato sconosciuto vennero sputate fuori dalla sua bocca con tono cattivo.
Atanvarno fece un'espressione contrariata ma l'atmosfera cambiò di nuovo repentinamente: le due Aranel tornarono al ritornello dolce e speranzoso di prima, stavolta anche la voce di Eruancalon si unì alla loro:
"Ha labbra dolci come il miele\ i suoi occhi son come il ciel\ quando cammina sembra volare\ senza la terra toccar\ impallidire fà i fior\ i fior fà impallidir".
Gli elfi si applaudirono da soli con fare ironico e Rinon mise via il suo strumento: la canzone era finita.

"E' bellissima!" esclamò Sarita.
"Si, non era male" confermò Luke.
"Solitamente non mi piacciono le canzoni d'amore ma questa si lasciava ascoltare" concesse Lawrence.
"Era davvero molto dolce!" esclamò Sarah.
Alcuni elfi sorrisero.
"La trovi davvero dolce?" domandò Rinon con espressione furba.
"Beh si, perchè me lo chiedi?" chiese la ragazza, confusa.
"Perchè questa canzone è stata scritta da Mordred Pendragon, non è vero?" incredibilmente a parlare era Alexander "Gli indizi erano ovunque: bastava ragionare sul testo".
"E' corretto. E' stata scritta da lui per la sua amante: la regina della città di Arkeia" confermò Rinon.
"Mordred potrebbe aver scritto questa canzone per qualunque ragazza" sbuffò Aranel la chiara
"Sono certo che, se io fossi l'amante di una delle donne più belle di Antheliar, il mio primo pensiero sarebbe scrivere una canzone per un'altra ragazza" concluse Eruancalon serissimo.
"La regina di Arkeia è sposata con un altro uomo: gli ha dato anche un figlio" protestò Aranel la chiara.
"Il ragazzino che è la copia sputata di Mordred a parte per i capelli biondi che ha preso da lei?" chiese Rinon "Parli di quel figlio o ne ha fatto un altro nel frattempo ?"
Ci furono commenti di varia natura in elfico. La cosa andò avanti con risa e scherzi finchè la stanchezza non fu troppa.
Un'ora dopo stavano tutti dormendo sul prato vicino al ruscello, con le splendenti lucciole che volavano sopra i loro corpi stesi, al pari di lente comete che passassero sopra strani monti. 

Di luce riempiròWhere stories live. Discover now