64. Opera d'arte

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TW: Il seguente capitolo contiene scene esplicite non soggette a censura e che, dunque, potrebbero urtare la sensibilità di alcuni di voi. In quanto tali, non sono adatti alla lettura da parte di tutti e tengo a precisarlo affinché possiate scegliere liberamente e con consapevolezza se proseguire oltre oppure no.
Detto questo, vi auguro una buona lettura e vi aspetto nello spazio autrice a fine capitolo!

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«Guardami, o mio pittore, guarda la tua tela concedersi a te, alla tua arte.
Riempimi di colori, regalami le tue forme, traccia nuovi contorni sul mio petto.
Fa' di me la tua opera d'arte e t'amerò per sempre.»

Mae

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Mae

«Dimostrami che non hai paura e resta con me, Mae.»
Curt mi fissa nel buio, i suoi occhi sono il fondale di un mare oscuro, profondo e pericoloso. D'istinto, mi sforzo di non annegarvici, di salvarmi. Ma le onde mi trattengono, l'acqua fresca è una limpida carezza sulla mia pelle e non ce la faccio a restare a galla, non voglio. Le mie gambe smettono di muoversi da sole, le mie braccia si rilassano, trovando sollievo nel riposo. Affondo lentamente, pensante e leggera al tempo stesso. Mi lascio risucchiare da quel mare denso e annaspo fino a quando non mi rendo conto che è tutto inutile: respirare non serve, non più.

La mia mano è ancora nella sua, il suo corpo immobile mi attrae irrimediabilmente con il suo calore. Non è lui a stare parlando, mi dico, è la febbre a fargli dire queste cose. Eppure, non riesco a non temerlo. La sua è un supplica o un ordine? Il dubbio mi logora, l'incertezza mi intrappola qui, nella sua morsa pericolosa, nel suo folle delirio.

«Io non ho paura», sussurro piano, titubante, lo guardo negli occhi – restandone incantata e rapita anche al buio. Sta sorridendo, lo so, sono io a divertirlo più di qualsiasi altra cosa. Ma non me la prendo, non ci faccio caso – la testa non ragiona, il mio corpo non fugge, non si muove, non ubbidisce che a lui.
Vuole che resti. Lo sto facendo.
Vuole me. Mi sto concedendo.

Sono impazzita, forse è così. Ma non me ne rendo conto, non adesso. Smetto di pensare e a malapena mi ricordo di respirare. Perché mi sta dicendo questo? Perché proprio stanotte?

Mi schiarisco la voce, l'improvvisa paura che qualcuno possa vederci o sentirci mi coglie di sorpresa, ridestandomi come da un sogno bruscamente. Mi guardo attorno, il corridoio è deserto, il silenzio profetico, il buio abbacinante. Mi costringo a calmarmi, non ha senso tutto questo panico, non sta succedendo niente, mi dico.

«Avrai la febbre altissima» mi ritrovo a sussurrare, ma Curt scuote il capo e la sua mano stringe la mia con più forza adesso, quasi avesse capito le mie intenzioni. «Vado a prendere un termometro e le medicine. Domani mattina starai molto meglio se lascerai che mi prenda cura di te.»

SILENT LOVEWhere stories live. Discover now