30. Meno due (parte due)

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Oggi

Spingo la pesante porta a vetri del Night ed entro nel locale deserto e buio.

Non è ancora orario di apertura e dentro giurerei che faccia persino più freddo di fuori. Affondo le mani nelle tasche dei miei jeans e tiro su con il naso, cominciando a chiedermi cosa ci faccia io qui.

Perché sono corso non appena Tessa me lo ha chiesto? Perché ho risposto alla sua chiamata, piuttosto che assicurarmi fino all'ultimo che Mae non frequenti qualcuno come Ryan?

Quella ragazza è folle. Non credo possa essere capace di spingersi troppo oltre pur di difendere suo padre da un'eventuale delusione se il mio affidamento dovesse divenire un fallimento, eppure... Eppure perché non riesco a stare tranquillo? Perché ho paura che, in fondo, io possa anche sbagliarmi a sottovalutarla?

«Sei venuto.»

Mi volto verso una porta scura dietro il bancone, un'ombra si staglia nel buio e la voce contenta di Tessa mi riempie le orecchie facendomi pentire di essere qui. 

Sì, sono venuto.

Poco fa, al telefono, mi ha quasi supplicato di farlo. È vero: questo pomeriggio sono stato io il primo a cercarla, ma adesso mi è passata la voglia di fare qualsiasi cosa e vorrei soltanto trascorrere il resto della giornata a trovare un modo per far sì che Mae la smetta di impicciarsi negli affari miei una volta e per tutte.

E poi... poi c'è anche Ryan. Devo risolvere alcune faccende in sospeso con lui, dunque non ho davvero nemmeno un minuto di tempo da sprecare adesso.

Deciso ad andar via da qui quanto prima, mi avvicino di qualche passo al bancone mentre Tessa fa il giro per raggiungermi.

«Non ci speravo più» fa però lei, e un attimo dopo le sue mani mi prendono il viso e la sua bocca trova la mia, mentre fa aderire di proposito il seno prosperoso al mio petto. Colto di sorpresa, lascio che il nostro bacio duri poco più di un mezzo minuto.

Alla fine, mi stacco da lei piano, allontanando le sue mani dal mio viso con la poca delicatezza di cui son capace. Tessa mi guarda confusa nella semioscurità, i suoi occhi nocciola appaino delusi, forse umiliati.

«Che c'è, Davis? Non sei venuto qui per questo?» domanda e a me non sfugge la punta di acidità che lascia trapelare dalla sua voce.

«Sono venuto perché mi hai chiesto tu di farlo» sottolineo, mostrandomi quanto più educato possibile.

Lei fa schioccare la lingua contro il palato, guardandomi torva. «Non mi dirai che sei venuto qui per parlare o magari per bere qualcosa con me, come fossimo due semplici amici piuttosto che due amanti

Indietreggio di un passo, in realtà lievemente sorpreso dal suo tono aspro e pungente.

«Io e te non siamo niente» preciso. «Ci siamo divertiti un paio di volte, ma...».

«Aveva ragione lui!» mi interrompe brusca lei, scuotendo il capo con astio e dispetto. 

«Lui chi?» indago, insospettendomi, ma lei rigira dietro il bancone e scompare oltre la porta dalla quale è venuta. Un attimo dopo, le luci del Night si accendono e in lontananza sento il clic di una caldaia che comincia ad attivarsi. Quando torna in sala, indossa già il grembiule da cameriera.

«Qualcuno ti ha detto qualcosa su di me, Tessa?» insistito quindi ancora, raggiungendo il bancone e spalmando i palmi sulla superficie liscia e fredda.

Lascio che lei mi incenerisca con lo sguardo prima e mi scruti indagatrice poi.

Non è stupida. O almeno, non abbastanza da non notare l'evidente interesse che nutro verso questo argomento.

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