43. Nessun segreto

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Il dolore è l'ultimo appiglio a cui possono aggrapparsi i ricordi prima di andar via.

Mae

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Mae


Sei anni prima

Odio il bianco.

E qui dentro, tutto lo è.

Mi guardo attorno con occhi stanchi e annoiati, la sala d'attesa dello studio del dottor Rivera è silenziosa e spoglia. Un forte odore di disinfettante e detersivo per pavimenti mi pizzica il naso, dandomi quasi la nausea dopo oltre un'ora che siamo qui.

Ciondolo pigramente le gambe dalla sedia di plastica verde accanto a quella di papà. La mia seduta è talmente scomoda, che mi domando come lui stia facendo invece a stare fermo e seduto sempre nella stessa posizione praticamente da quando siamo arrivati.

Gli getto un'occhiata di sottecchi, le sue dita corrono veloci sulla tastiera del PC poggiato sulle sue gambe. Sta lavorando e non voglio disturbarlo. Tuttavia, vorrei davvero trovare qualcosa da fare o magari sgranchirmi anche solamente per qualche minuto le gambe.

Sbadiglio, la mia mano non fa in tempo a raggiungere la mia bocca per coprirla e una signora mi guarda con disappunto seduta proprio davanti a me.

Anche lei sta aspettando. Ma era già qui quando siamo arrivati, perciò deduco che il dottor Rivera la visiterà per prima.

Chissà perché è qui.

La osservo con discrezione, è una bella donna, ma il suo viso appare corrucciato e ciò le conferisce un'aria particolarmente aspra.

Decido che dovrebbe sorridere di più, proprio come faceva la mia mamma. Il suo sorriso era splendido, il suo ricordo è qualcosa che non voglio che sbiadisca col tempo. Eppure, sento che sta già accadendo.

Distolgo lo sguardo dalla donna, una fiacchezza opprimente adombra il mio corpo e la mia mente.

Vorrei poter fare qualcosa per impedire ai ricordi di andare via. Vorrei risentire il profumo della mamma nel naso, i suoi baci sulle guance, la sua voce dolce come miele nelle orecchie.

Ma non è possibile. Non più, ormai.

Sospiro, fissando la porta ancora chiusa del dottor Rivera.

Odio il bianco, penso una seconda volta. È così triste, così neutro. Non mi trasmette nessuna emozione forte come fanno gli altri colori, gli occhi si annoiano a osservarlo troppo a lungo.

La donna sbuffa ed io torno a guardarla. Chissà perché è qui, mi chiedo di nuovo.

Forse non lo sa, ipotizzo. Come me. Neanche io so perché papà mi abbia portata in questo posto.

La donna incrocia il mio sguardo proprio quando il dottor Rivera apre la porta del suo studio. Ne esce un ragazzino di poco più grande di me. Ha il viso adombrato da un'espressione spenta e torva. La donna si illumina imprevedibilmente non appena lo vede. Gli sorride e diventa più bella, ma il ragazzo non la guarda neppure.

SILENT LOVEWhere stories live. Discover now