52. Il cacciatore e la lepre cieca

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Fuggi.
Fuggi.
Fuggi.
Ma poi avvicinati a me:
Sono qui ad aspettarti nell'ombra da un'eternità.

Mae

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Mae

Sono sveglia. Uno strano chiarore mi costringe ad aprire gli occhi anche se non mi va e la realtà comincia poco a poco a comporsi attorno a me.

Faccio una smorfia di dolore, il cuscino sembra cemento sotto la mia testa e il collo si lamenta, rigido come una corda tesa. Una ciocca di capelli appiccicati mi pizzica una guancia, con uno sfarfallio di ciglia mi rendo conto di non essere nel mio letto. Più che mai confusa, mi tiro su a sedere con l'aiuto delle braccia per poi sbattere la testa contro il tettuccio troppo basso dell'auto del nonno e irrigidire il volto in una smorfia di dolore.

Mi lamento a gran voce, massaggiandomi la testa. Nessuno mi ascolta, nessuno mi risponde. Sono sola, ma... come ci sono arrivata fin qui?

L'aria nell'abitacolo è calda, consumata. Sento la pelle della schiena madida di sudore e la testa che scoppia. Cerco di fare mente locale, mi sforzo di non lasciarmi prendere dal panico, ma poi i miei occhi ricadono sui sedili anteriori e il ricordo di Curt che guida, portandomi via dall'asta questa notte, mi provoca un tumulto al cuore che non riesco ad ignorare.

Guardo oltre il parabrezza bagnato, fuori è quasi alba, ma il cielo è appesantito da un ammasso informe di nuvole dense e cariche di pioggia. L'auto è in sosta in un parcheggio desolato, a malapena riesco a mettere a fuoco la sagoma di un locale del quale non provo nemmeno a leggere l'insegna al neon. Sarebbe inutile: non sono mai stata qui, ne sono certa.

Faccio per cercare il mio cellulare sui sedili posteriori, ma non lo trovo. Nonostante le gambe anchilosate e la schiena indolenzita a causa dei sedili troppi scomodi per dormirci su, riesco a raggiungere il sedile del passeggero per cercare il mio cellulare anche lì. Eppure, cinque lunghi minuti più tardi, non l'ho ancora trovato – e alla fine ci rinuncio, arrendendomi all'idea di averlo perso.

Sospiro, mentre lo stomaco comincia a brontolare rumorosamente impedendomi di pensare come vorrei. La fame che sento stare divorandomi dentro mi distrae dal provare a ricordare con chiarezza ciò che è successo nelle ultime ore.

Fisso il sedile accanto al mio. Sono sola, ma... dov'è Curt adesso?

Cerco la chiave dell'auto nel cruscotto: non c'è. Mi ha lasciata qui e se n'è andato portandosi le chiavi? Per quanto tempo ho dormito? E ancora: dov'è finito il mio cellulare?

Oscillando tra il panico e il mio atroce mal di testa, mi accorgo solo ora dell'ombra di un uomo che è appena uscito dal locale. Assottiglio lo sguardo, l'ombra si sta chiaramente dirigendo verso di me. Attraverso il finestrino bagnato non riesco a vedere il suo volto nitidamente e il panico si trasforma ben presto in terrore. Mi schiaccio contro la portiera, provo a scendere, ma è chiusa da fuori. Neanche dieci secondi dopo, mi ha quindi raggiunta ed io per poco non mi strozzo con la saliva quando sento il rumore metallico della serratura dell'auto che scatta e infine fisso paralizzata Curt aprire la portiera, salendo al posto di guida con in mano un sacchetto di carta e indosso ancora i vestiti di ieri sera.

SILENT LOVEWhere stories live. Discover now