44. Indifferenza

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Seguire l'istinto è come fare un salto nel vuoto:
Dopo aver saltato, non si torna più indietro.

Mae

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Mae


La giornata scolastica trascorre lenta ed estremamente noiosa. Seguire le lezioni senza distrarmi mi costa una fatica immane, tuttavia quando ci riesco, il mio cervello si concede il lusso di non pensare costantemente a questa sera almeno per qualche ora.

Il mio piano di andare all'Hell con Sally è fallito ancor prima che iniziasse. Se lei avesse accettato di venire con me, quanto meno avrei potuto rassicurare papà che non sarei uscita da sola e avrei avuto più possibilità che mi desse il permesso. Ma adesso, non sono più tanto sicura che riuscirò a convincerlo, perciò non riesco a darmi pace nemmeno per un secondo.

Sospiro, continuando a pensarci ancora anche mentre dipingo nel profetico silenzio dell'aula del professor Wilson. Gli ho chiesto il permesso di fermarmi dopo scuola ad allenarmi un po' e lui ha acconsentito senza il minimo tentennamento. L'ho già detto che è uno dei miei professori preferiti?

La pace che regna sovrana attorno a me non rispecchia affatto il caos che sento dentro in questo preciso momento.

Wilson dice sempre:

«Sgomberate la mente quando dipingete. La tela è lo specchio della vostra anima: l'arte della quale la riempirete dipenderà anche dal vostro stato d'animo».

Assottiglio gli occhi, la mia, di tela – dopo oltre due ore di lavoro – è una mescolanza di tratti imperfetti e colori scuri e spenti.

Ho dipinto il mio stato d'animo irrequieto.

Sbuffo fragorosamente, tanto nessuno può biasimarmi adesso. Siamo rimasti solo noi, d'altronde: io e il mio disappunto. La scuola è deserta, fuori ha già cominciato a farsi buio e il mio stomaco brontola rumorosamente come se non ci fosse un domani – oltre ad aver sprecato un pomeriggio di lavoro che sarebbe dovuto essere produttivo, ho infatti anche saltato il pranzo e adesso mi ritrovo a dover pagare le conseguenze di questa mia scelta senza nemmeno potermi lamentare con qualcuno.

Piego la testa di lato, ho ancora il pennello in mano mentre continuo a scrutare il mio lavoro. Continuo a lavorarci su ancora per un po' – la punta del mio pennello si muove veloce sulla tela liscia, tracciando linee precise, dure, troppo spesse.

Faccio una smorfia quando finalmente mi concedo una tregua – la mano mi trema, le dita anchilosate non ce la fanno quasi più a stringere con rigidità il pennello e il polso mi pulsa, indolenzito per lo sforzo. Davanti a me, il risultato di tutte queste ore di lavoro non mi soddisfa per niente.

Sospiro, abbandonando il pennello e afflosciandomi sullo sgabello di legno. Alla fine, decido di rinunciare all'idea di continuare a lavorarci, raccolgo le mie cose e me ne torno a casa prima che si faccia troppo buio.

SILENT LOVEWhere stories live. Discover now