63. Aspettare che mi odi abbastanza

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«Che stai aspettando?», chiese la Luna piena al lupo della storia.
«Che il suo odio si trasformi in amore. Solo questo.»

Curt

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Curt

Spingo la porta a vetri del Ring, un locale chic e altolocato fuori Firesforest. Trattengo un ghigno di disgusto contando il numero di cravatte qui dentro, ad ogni tavolino siedono almeno un paio di uomini dai visi tirati, già ubriachi o tediati. Alcuni fissano il fondo di un bicchiere vuoto di scotch costosissimo, magari domandandosi se sia il caso di fare un altro giro oppure di tornare a casa da moglie e figli già a letto. Qualcuno scambia una parola, altri tacciono. Nell'aria aleggia un vociare sommesso, forzato, l'atmosfera è talmente piatta da farmi venire l'orticaria. Ogni cosa puzza di ricco – sarà il dopobarba da almeno un centinaio di dollari che ogni riccone avrà indossato stamattina dopo essersi rasato come da routine davanti allo specchio?

Affondo le mani nelle tasche dei jeans, una tipa dietro al bancone mi sorride con falsa timidezza mentre prendiamo posto ad un tavolino in fondo al locale, nel punto più lontano dalla porta. Mi lascio cadere su una poltroncina di pelle rossa, schifando quei braccioli da ricconi a cui pesa persino reggersi i gomiti da soli.

Nathan abbozza un sorriso forzato, è nervoso e si vede. Prova a studiare il mio viso, forse vorrebbe che dicessi qualcosa, ma alla fine è lui a rompere il silenzio per primo, impaziente.

«Ti piace qui?».

«No.»

Ridacchia rauco, ordinando due bicchieri di scotch.

«Tu bevi, no?», si preoccupa solo dopo averlo fatto.

«Soprattutto roba da ricchi, sì.»

«Mi piace il tuo sarcasmo» ribatte, serio. «In ogni caso, ho scelto di proposito questo locale, perché è un posto discreto, lontano da occhi che potrebbero conoscerci.»

«Ci vieni spesso?», non che mi interessi saperlo, invero.

«A volte sì. Per concludere alcuni affari, incontrare persone che non vogliono dare nell'occhio.»

La barista di prima ci raggiunge con un vassoio e due bicchieri di cristallo pieni di scotch ambrato e liscio. Mi fissa sveglia, adesso un po' meno timida di quando siamo entrati. Ha i capelli lunghi e lisci raccolti in una coda bionda che fa ondeggiare piano, ma di proposito sulle spalle. Le orecchie piccole, gli occhi azzurri, le labbra sottili. È alta e slanciata, un abbozzo di culo e un seno generoso sotto la camicia nera dal taglio affiancato. Si sente una diva, forse una modella abituata a sfilare qui dentro, eppure la ignoro di proposito quando mi striscia il ventre piatto sul braccio per servirci il suo costosissimo scotch.

Nathan la ringrazia chiamandola per nome, ma non ci faccio caso e torno a fissare la porta, incespicando con lo sguardo sugli orrendi lampadari di cristallo che pendono dal soffitto. È un posto così falsamente sofisticato da far venire il voltastomaco.

SILENT LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora