11. Veleno senza antidoto

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«Quando potremo amarci fino alla morte?» chiese la luce, piangendo.
«Forse un giorno» rispose il buio. «Quando io non potrò farti più del male e tu saprai sopravvivere alle mie ombre.»
«Forse un giorno» ripeté la luce. «Quando accetterai l'idea che son disposta anche a spegnermi, pur di averti.»


Curt

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Curt

Al Cage ho imparato a sopravvivere da solo.

È una brutta bestia, la solitudine, mi disse una volta una ragazzina, seduta sul vecchio divano in salotto alle mie spalle, arrotolando una ciocca di capelli bionda con tedio attorno all'indice, mentre io dipingevo in silenzio.

Quel giorno scelsi di non far partire il giradischi. Ma mai scelta più errata feci prima d'allora, visto che quella ragazza tradusse il piacevole silenzio che prese ad aleggiare nel piccolo salotto come un invito a fare conversazione con me.

Mi voltai indifferente alle sue parole, rivolgendole comunque un'espressione indignata.

La ragazza si sistemò il vestitino bianco sulle caviglie nude e si schiarì la voce, pentendosi subito della sua spavalderia.

«Dici?» domandai, gelido.

Quindi tornai a voltarmi verso la mia tela, sorridendo divertito sotto i baffi per la reazione che ero riuscito a scatenare in lei. Scelsi di farla crogiolare un po' nel suo imbarazzo, facendole credere di essermela veramente presa.

La verità è che, sebbene avessimo parlato di rado fino ad allora, quella ragazzina continuava a venire da me ogni pomeriggio, trascorrendo ore ed ore a guardarmi dipingere distesa sullo scomodissimo divano alle mie spalle.

La sua presenza non mi infastidiva in alcun modo, almeno fino a quando non sceglieva di voler parlare con me.

In quel momento, spezzò il precario equilibrio di quell'abitudine che, decisi, doveva assolutamente finire.

«Voglio dire...» incalzò lei, con quella sua voce talmente acuta da ricordarmi il cinguettio di un uccellino al crepuscolo.

«Cosa vuoi dire?» insistetti io, asciutto.

«Dico che non sempre stare da soli è bello. Pensa se stai male e sei solo. A chi potresti chiedere aiuto, in quel caso?».

Mi strinsi nelle spalle, continuando a dipingere. «Sono sempre stato solo e, quando sono stato male, me la sono cavata lo stesso. Per il resto, non mi interessa sapere cosa accadrebbe in altre circostanze.»

La ragazza tacque dietro di me ed io sorrisi, soddisfatto per esser riuscito a riavere indietro il mio amato silenzio.

Non sapevo perché quella tipa si ostinasse così tanto a stare con me per tutto quel tempo. Non mi piaceva parlare e non amavo neanche essere osservato, in fin dei conti. Eppure non le avevo mai detto niente e non ricordavo neanche il suo nome, sebbene me lo avesse detto la prima volta che si era presentata in salotto a piedi nudi e sorridente.

SILENT LOVEWhere stories live. Discover now