13. A tuo rischio e pericolo

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Dinanzi al lupo selvatico,
Il cacciatore non seppe riconoscere il suo nemico.

Dinanzi al lupo selvatico,Il cacciatore non seppe riconoscere il suo nemico

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Mae

«Vieni qui, fiorellino! Fatti abbracciare come si deve».

Rose mi avvolge con le sue braccia corte, ma possenti, stringendomi come un salame contro il suo seno morbido e grande e quasi soffocandomi. Ha sempre avuto una forza immane e ancora mi domando come possa venir fuori da un corpo così piccolo come il suo.

Rose è la donna più espansiva e solare che abbia mai conosciuta. Di gran lunga molto più bassa rispetto all'altezza media di gran parte delle donne canadesi, possiede curve generose accentuate qua e là dall'età, fianchi larghi e gambe corte e robuste.

Il suo viso tondo è pieno sulle guance rosse e ancora privo di rughe. Possiede un naso minuto, occhi azzurri come il cielo terso di oggi e i capelli color grafite sempre raccolti in una cuffietta a rete da lavoro.

I suoi abbracci sanno ogni giorno di un piatto della mensa: il lunedì di fagioli, il martedì di pesce, il mercoledì di stufato e così via.

Lavora al Cage praticamente da sempre e cucina dei pancake che sono la fine del mondo. In pratica mi ha vista crescere e posso ammettere con fierezza di conoscere perfino a memoria i dettagli del suo grembiule da cucina – interamente bianco, su cui poi ella stessa ha ricamato abilmente il suo nome a caratteri tondeggianti ed eleganti.

«Non respiro, Rose» emetto in un sibilo soffocato, ancora immobile nella sua presa.

«Oh, scusa, hai ragione. Avevo dimenticato quanto fossi delicata, fiorellino mio!» ribatte lei, lasciandomi finalmente andare, ma agguantandomi comunque per le braccia e stringendo le sue mani morbide attorno alla mia pelle. Quindi mi sorride con le sue labbra piene e perfino con gli occhi. Mi scruta per un lungo minuto, attenta e dolce, spostando lo sguardo dall'alto in basso ed io me ne resto immobile dinanzi a quella sorta di esame, arrossendo leggermente.

«Ti vedo dimagrita» sentenzia alla fine, la sua voce cela un velo di disappunto. «Direttore Brown, non si è accorto che questo fiorellino dovrebbe mangiare di più?».

Rose rimprovera mio padre senza farsi troppi scrupoli, voltandosi nella sua direzione con aria ingrugnita.

E solo adesso io realizzo l'imbarazzante situazione in cui mi trovo.

Rose che mi tratta come se fossi una bambola malnutrita da spupazzare, mio padre che ci osserva sulla porta della cucina del Cage quasi fosse intimorito dall'esuberanza della donna e Curt che se ne sta seduto in un angolo, mentre mangia una mela con tutta la nonchalance di questo mondo e assiste alla scena con un mezzo sorrisetto divertito stampato in faccia.

Siamo arrivati da neanche dieci minuti e la quantità di volte in cui ho dovuto reprimere l'impulso di prendermi a schiaffi per aver fatto finta che la sua presenza non mi disturbi affatto, si aggira ormai intorno alla centinaia.

SILENT LOVEWhere stories live. Discover now