CAPITOLO 111: FINCHE' MORTE NON CI SEPARI

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Si chiedevano tutti chi fossero.

Il nano con la cicciona che stava ingozzandosi di pane imburrato, i due fighetti lampadati al tavolo in angolo, il gruppo di meridionali caciaroni al centro della sala, la coppietta di ragazzini giovani, la coppia di quarantenni, i due tizi col fare losco.

Ognuno aveva un immaginario diverso: una russa con imprenditore pieno di soldi, una coppia di amanti clandestini o, perché no, due pornoattori.

Era troppo per due giovani pieni di ormoni alle prime armi, troppo per due arzilli vecchietti.

Li avevano sentiti, da dopocena quando avevano iniziato, a notte fonda, quando erano crollati esausti dopo quante? Quattro, cinque, otto volte?

Quando sembrava avessero finito, era come si fossero solo appena scaldati, e ricominciavano, con foga ancora maggiore.

Si chiedevano chi fossero, lo "stallone" e la "porcella".

Furono stupiti nel vedere quei due, così normali, né troppo belli, né troppo brutti.

Vestiti come una qualunque coppia in ferie, in abiti comodi e infradito.

Nessun vestito provocante, nessun Rolex al polso.

Normali.

Lei era senza un braccio.

Qualcuno si chiese come facesse lui.

Una forma di perversione forse.

Ma loro non lo sapevano, e se ne fregavano, riempiendosi i piatti della colazione, per placare la fame di cibo, dopo aver soddisfatta quella d'amore.

Si sorrisero complici, di un sorriso dolce, amico.

Era stata la loro prima notte, ed era la nuova alba.

Era capitato così, con l'intuizione di un attimo.

Zanna aveva visto gli anelli di vetro colorato nella bancarella di quel paesino dimenticato.

Bebe si era incantata come una bimba a guardare quegli oggettini.

Lui ne aveva presi due della loro misura.

E poi, seduti su un tronco in riva al mare, col sole che tramontava in mille giochi di rosso sulla spiaggia deserta, le aveva preso la mano e gliel'aveva infilato al dito.

"Finché morte non ci separi." Le aveva sussurrato.

"Finché morte non ci separi." Aveva detto lei, facendo lo stesso.

E si erano baciati.

Poi erano entrati in un bar annunciando le nozze appena celebrate, avevano cenato, avevano passeggiato per le stradine buie tra il profumo dei fiori.

E poi a letto, avevano festeggiato quel matrimonio.

Quel loro essere coppia.

Un nuovo per sempre.

Avevano fatto l'amore per completarsi, per farsi promesse nuove, per costruire ancora qualcosa.

E non importava cosa pensassero gli altri.

Il loro era amore, amore puro, profondo e bello.

Non erano grida, graffi e spinte.

Erano carezze, dolcezza e baci.

Ed era quello sguardo che sorrideva, mentre si sfioravano le mani per passarsi una brioche, o mentre decidevano la prossima tappa di quella loro prima stupenda vacanza.

Non importava se non erano marito e moglie di fronte alla Chiesa o allo Stato.

Erano affinità elettive, anime gemelle, due metà dello stesso qualcosa.

Erano amore, erano gioia, erano felicità pura.

Finalmente, si erano trovati, completati, uniti, amati.

Si presero per mano, rimirando gli anelli alle loro dita, sorridendosi ancora.

"Ti, amo mogliettina."

"Ti amo, maritino."

E si baciarono, tra gli sguardi incerti degli altri occupanti della sala.

Bebe [COMPLETA]Where stories live. Discover now