CAPITOLO 96: NATA PER VINCERE

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Vittoria Valentina Rossi era la quinta figlia di una famiglia ultracattolica.

Viveva in settanta metri quadri con la famiglia, in una casa popolare in un quartiere ancor più popolare.

Condivideva il letto a castello con la sorella, la camera anche con l'altra.

Vittoria Valentina era intelligente.

Molto, molto intelligente.

Con un quoziente d'intelligenza altissimo.

Non geniale.

Senza guizzi, o trovate o lampi di genio.

Ma con una capacità di calcolo e una razionalità assurde.

Questo l'avevano capito tutti.

Anche le maestre delle elementari.

A dodici anni, le era spuntato il seno.

Un seno esagerato, rispetto al vitino da vespa.

A dodici anni, era diventata bella, oltre ad essere diventata donna.

A sei, l'aveva già deciso.

Voleva soldi, tanti da non doverli contare.

Voleva spazi, per essere libera.

Voleva il potere, per decidere tutto.

Capì che la cultura le serviva, ma solo per imparare come usare la sua bellezza.

Sapeva tutto, Vittoria Valentina.

Leggeva, studiava, assorbiva, immagazzinava.

Provava tutto.

Iniziò le medie un anno prima.

Poi scelse ragioneria.

Era una mente da classico o scientifico, dove sarebbe riuscita senza problemi.

Ma la ragioneria insegnava le basi per gestire i soldi.

E poi c'era economia.

E marketing, per vendere al meglio ciò che non serve davvero.

Fu sempre brillante, a dire poco.

Metà delle cose che insegnava la scuola le conosceva, il resto lo approfondiva.

Per trovare spazio fuori di casa, frequentava biblioteche e centri culturali.

Gli appartamenti privati vennero dopo.

Frequentava gente più grande, per capire, per imparare.

Imparò a otto anni a riconoscere una giacca tagliata su misura, le scarpe di marca.

A dieci imparò a manipolare le persone.

A dodici il valore della sua bellezza.

Che era asservita all'intelligenza, ma era quella la dote da sfruttare.

Sapeva un po' di tutto.

Di legge, perché per aggirare le regole devi conoscerle.

Di aziende, per non sfigurare con chi le possiede.

Di macchine, per distinguere un tamarro da un ricco.

Di immobili, per sapere dove cercare.

Di moda, per sapere come apparire.

Di lettere, per sapere cosa dire.

Di psicologia, per sapere cosa pensare.

Non era diventata donna a dodici anni.

Lo era diventata quando era nata.

Quando aveva deciso di lavorare poco, guadagnare tanto e avere tutto.

Di lasciarsi alle spalle qualunque cosa non fosse questo.

La famiglia, i fratelli, il quartiere.

La puzza di quella vita infame che le si era appiccicata addosso nascendo.

Maria Vittoria otteneva sempre tutto.

Sempre, qualunque cosa o persona fosse, lei la otteneva.

Lei non voleva sentimenti, amori o le cose che sognavano le ragazzine.

Lei voleva cose.

Cose materiali, che si possono avere, usare, rivendere.

Il resto non contava.

Se bastava agli altri, che si accontentassero.

Non era quello che voleva lei.

Sapeva come raggiungere luoghi, persone, posizioni.

E più andava avanti, più le era facile.

Aveva imparato ad abbinare H&M di Terranova, ora Gucci e Prada.

Aveva imparato a pedalare in bici, ora aveva una macchina nuova.

Aveva imparato a gestire dieci euro di paghetta, ora aveva un conto in banca a quattro zeri.

Lei stabiliva il prezzo, lei lo contrattava, lei lo spuntava.

Più hai più ottieni.

Vittoria Valentina aveva vent'anni.

Due braccia.

Tre mesi da stagista.

Una quarta.

E sapeva chi era l'autore del video.

Bebe [COMPLETA]Where stories live. Discover now